La strage del führer ebreo

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A differenza del criminale ritratto qui sopra, Thierry Meyssan (vedi foto più in basso) è un giornalista d’inchiesta francese.
Pochissimo tempo dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 scrisse il libro “L’effroyable imposture” (letteralmente “La spaventosa impostura”, pubblicato in Italia con il titolo annacquato “L’incredibile menzogna”), in cui dimostrava l’impossibilità che un aereo si fosse schiantato contro il Pentagono.
Quel libro di denuncia servì, a me come a molti in tutto il mondo, a prendere le distanze rispetto alla versione americana di quei clamorosissimi attentati e, per conseguenza, a farlo sistematicamente, di lì in poi, su tutte le costanti comunicazioni di propaganda a stelle e strisce.

Lo scorso lunedì di Pasqua, “Visione TV“, il benemerito canale informativo di Francesco Toscano, ha pubblicato una sua intervista (sottotitolata in italiano), che spazia sulla sempre più inquietante realtà internazionale, ma in particolar modo su quanto sta avvenendo in Palestina.

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Rispetto all’immagine di giornalista d’assalto che mi ero fatto di lui, senza mai aver poi avuto occasione di modificarla, mi ha colpito fin dalle prime immagini il suo viso dolce, il suo eloquio garbato in un francese privo di quei tipici eccessi di sensualità fastidiosa, il suo sorriso in risposta alle interruzioni sistematiche dell’arrogante intervistatore, che ho immaginato per questo suo amico e alleato.

Quando poi ha affrontato il tema che mi spinge a scrivere questo articolo, cioè il rischio di strage per fame di un’enorme quantità di Palestinesi a Gaza, mi è sembrato di cogliere nella sua espressione i segni mal celati di una commozione autentica.

La cosa più sconvolgente su cui si è soffermato (e purtroppo, da una fonte autorevole come la sua, assai credibile) è come sia ormai troppo tardi per rimediare con invii alimentari alla denutrizione di tutte quelle vittime di una brutalità con pochi precedenti storici, poiché il corpo soggetto a lunghi periodi di astinenza dal cibo perde la capacità di assimilarlo e può essere salvato solo con trasfusioni di sangue. Cosa peraltro quanto meno problematica, visto che molti ospedali sono stati bombardati.

Mi sono chiesto quale possa essere una via in qualche misura efficace di soccorso a questo strazio, oltre a diffonderne la notizia come sto facendo.
E ho pensato all’organizzazione internazionale “Medici senza frontiere”, con la speranza che qualcuno dei loro volontari sia ancora sul campo, nonostante gli attacchi, che finora non hanno risparmiato neanche i soccorritori.
Da quanto leggo nei loro siti nazionali sembrerebbe di sì ma, per fare un’offerta mirata esattamente allo scopo, ho dovuto preferire quello spagnolo rispetto a quello italiano, dove non è indicata questa specifica possibilità.

Mi accorgo ora che purtroppo non è possibile seguire il mio esempio in Italia, a causa del codice documento d’identità che viene richiesto esclusivamente in un formato tipico della Spagna.
Per effettuare comunque una donazione tramite il sito italiano, clicca qui; non è previsto un messaggio di corredo alla donazione, ma chi volesse sollecitare la specifica destinazione dei fondi a Gaza, lo può fare all’indirizzo: serviziodonatori@msf.it

Esiste, peraltro, un’organizzazione di volontariato palestinese a livello internazionale, “PCRF – Palestine Children’s Relief Fund”, di cui preferisco linkare il sito ufficiale (clicca qui) rispetto a quello della filiale italiana.

Non mi resta, a questo punto, che invitare tutti all’ascolto e alla diffusione dell’importante intervista (clicca qui).

E auguriamoci che questo mondo, apparentemente in preda alla follia omicida e autodistruttiva di uomini e organizzazioni sconsiderate, ritrovi presto la via della pace e, grazie alla parte di popolazione più attenta e sensibile (che per fortuna non manca ed è in costante aumento), quella dell’autentico, vero progresso.
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Messaggio Urbi et Orbi 2023

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.Cari amici,
dallo scorso 8 agosto non ho più scritto alcunché su queste pagine, che negli anni lontani della “Cavallona” (ricordate? la mia penultima autovettura-taxi), aggiornavo mediamente due volte alla settimana.
Inutile dire che me ne dispiace, ma forse è altrettanto inutile rivendicare il diritto-dovere di farlo solo quando ne avverto una spinta autentica. Evidentemente ciò non è stato in questi ultimi mesi di un anno che di argomenti ne avrebbe ben avuti, sia in campo “intimistico” che “sociale”, per usare proprio due aggettivi che, contrapposti fra loro, sottotitolarono a lungo questo stesso diario.

Ma rinunciare al tradizionale messaggio di fine anno no, non me lo perdonerei.
Cominciando, dunque, dalla mia situazione di vita, per poi passare a temi attuali e universali.

Ricordo con molta dolcezza l’impresa della luminosa traversata in automobile da Bologna a Tenerife, che si concluse il 2 di gennaio e che documentai in diretta, sera dopo sera, su queste pagine. La vicina ricorrenza è un’ulteriore occasione per un mio consuntivo di questo primo anno.
Ritrovarmi a vivere in un’isola vulcanica, in una casa appena sopra il centro di una città costiera di trentamila abitanti (senza contare i numerosi semi-residenti, soprattutto tedeschi) non finisce di sorprendermi, perché l’idea non mi avrebbe neanche sfiorato, se non fosse stato per seguire, come infine scelsi di fare, l’esempio di mio fratello, che sette anni fa vi si stabilì, in un edificio a due passi dalla quieta e confortevole abitazione in affitto che ho avuto la fortuna di trovare.

In quest’anno, malgrado le numerose difficoltà, non ho mai avuto un attimo di ripensamento su quella scelta, sia a livello per così dire istintivo, sia se osservo razionalmente la realtà italiana.
Ho trovato un clima complessivamente gradevole, non di rado addirittura inebriante, in ogni stagione: l’arrivo delle feste natalizie alla temperatura diurna sui venti gradi, con luminosità dolcissime e pomeriggi più lunghi rispetto alla latitudine padana, mi riesce particolarmente gioioso.

Ho trovato diffusamente gentilezza, dolcezza, sorrisi e saluti da sconosciuti, e anche una capacità d’intendersi profondamente fra loro e socializzare con allegria autentica, che non avevo mai conosciuto prima.

Non ho ancora allacciato amicizie con abitanti locali, soprattutto per le difficoltà della lingua; la mia vita sociale è in gran parte limitata alla frequentazione bisettimanale, in compagnia di mio fratello, di ristoranti gestiti da italiani, con uno dei quali, in particolare, si è instaurata un’ottima intesa, anche perché, nonostante sia un cuoco affermato, possiamo dialogare tranquillamente con lui a mezzogiorno della domenica, quando il locale è ancora semivuoto; raramente, al di fuori dei ristoranti, mi vedo con altri italiani legati da amicizia con mio fratello; fanno decisamente eccezione a questa routine i periodi di vacanza, qui, di amici di vecchia data: ne ho già vissuti addirittura quattro, uno per stagione, e sono stati anche l’occasione di scoperta e condivisione delle molte attrattive naturali disseminate nell’isola.
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La solitudine comunque non mi pesa; è una mia antica e consolidata compagna di vita, che trova qualche appoggio nelle ore quotidianamente passate al computer e nelle appassionanti partite di calcio, in particolare di un sorprendente e godibilissimo Bologna F.C., che vado a vedere sempre alla tivù di mio fratello.

Quasi tutte le mattine, un po’ di ginnastica e una mezz’ora di corsa in un parco vicino, gradevole e assai curato; il benessere psico-fisico che ne ricavo è un alleato potente.
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Ho superato molte difficoltà per così dire burocratiche, prima fra tutte, per complesssità, l’immatricolazione spagnola dell’automobile; peraltro ogni appuntamento, per le abitudini locali, non è mai davvero garantito.

Dicevo delle difficoltà della lingua; ho avuto la fortuna di trovare, in un’amica italiana di mio fratello, un’insegnante che conosce perfettamente lo spagnolo, addirittura nelle sue varianti locali; tuttavia il mio cammino verso una certa fluidità d’espressione mi sembra ancora piuttosto lungo, anche a causa della mia memoria, che in questi ultimi anni è calata sensibilmente.

Dicevo poi che l’osservazione da fuori della realtà italiana corona, in senso razionale, la bontà della mia scelta.
Da qui, la popolazione dello stivale mi appare complessivamente mesta, arroccata, sottilmente inquieta, incapace di una reazione forte e coraggiosa a un declino economico, politico e culturale che sembra divorarla senza via di scampo.

La mia percezione dell’Italia e del mondo deriva dai miei canali d’informazione preferiti, esclusivamente via internet: sarò drastico e anche antipatico, ma penso che chi non abbia ancora scelto di tenere spenta la tivù sia inevitabilmente, in qualche misura, narcotizzato, drogato e ingannato.

Da parte di chi? La domanda è retorica ma penso sia utile affrontarla.
Da molto tempo, chi s’informa correttamente ha con tutta evidenza il quadro di un’oligarchia mondiale, composta da vari personaggi e raggruppamenti, alcuni molto noti altri meno, nonché da famiglie storiche. Tale oligarchia è detentrice di ricchezze e poteri neanche immaginabili solo fino a qualche decennio fa.
Sono malati, costituzionalmente e inguaribilmente, di avidità e onnipotenza e lavorano incessantemente per aumentare tale ricchezza, e tale potere sulle popolazioni del mondo, anche tramite continui focolai di guerra, cambi pilotati di regime e campagne mediatiche studiate scientificamente.
Benché essenzialmente sovra-nazionali, hanno geograficamente le loro basi privilegiate negli Stati Uniti e in Gran Bretagna; gran parte del restante mondo occidentale è loro sottomesso.
Il progetto di conquista della Russia (propedeutica a quella della Cina) tramite la frontiera ucraina, si è scontrato, del tutto provvidenzialmente, contro un popolo incorruttibile, guidato dalla più grande personalità mondiale di questi nostri tempi, che ha ormai vinto la guerra sul campo, senza bisogno di dare fondo ai propri arsenali e di uccidere volontariamente civili, come sta invece avvenendo nel tragico sterminio dei Palestinesi della Striscia di Gaza.

Nei piani del presidente russo c’è, anziché un mondo asservito a quella categoria di psicotici assassini, un insieme di rapporti alla pari fra le popolazioni. Tante nazioni, storicamente vicine agli U.S.A. (come l’Arabia Saudita) o schiavizzate dal vorace mondo occidentale (come quasi tutta l’Africa), stanno dando manforte a tale progetto che, ne sono sicuro, vincerà, perché è dalla parte del progresso autentico.
La caduta dell’impero, che stiamo cominciando a vivere, non sarà però indolore: a questi pazzi non mancano i mezzi, economici e politici, per contrastarla, anche molto violentemente.

Sentirsi individualmente impotenti di fronte a questo titanico scontro fa il gioco dei peggiori. Ognuno di noi è tenuto a farsi portavoce di rivendicazioni di verità, giustizia, libertà.
Ed è comunque evidente la crescita numerica, un po’ anche in Italia, di questa falange di informati, per non dire (per non peccare di presunzione) di illuminati, grazie anche all’amara presa di coscienza del colossale inganno vissuto ai tempi del Covid, come sta risultando sempre più evidente ed esplicito.
Non sottovalutiamo, ad esempio, le elezioni europee che si svolgeranno all’inizio di giugno.
A differenza delle ultime politiche, organizzate in fretta e furia nell’estate del 2022, il fronte del dissenso informato potrà organizzarsi senza sostanziali e nefaste divisioni. Incoraggianti sono i segnali che ciò stia avvenendo nel solco tracciato da Francesco Toscano e Marco Rizzo tramite il partito “Democrazia Sovrana Popolare”.

Segnali di presa di coscienza promettenti, ancora e molto più diffusi, giungono dagli Stati Uniti, congiuntamente alla rabbia, nel veder dissanguare le loro condizioni economiche nazionali e familiari anche per una guerra lontana e non sentita.
In questa situazione possiamo forse sperare che le elezioni presidenziali, che vedono attualmente il partito democratico in stato confusionale (esattamente come il presidente), non subiscano i clamorosi e decisivi brogli delle precedenti. La sicura vittoria di Donald Trump, se riuscirà a candidarsi contro tutte le trappole legali di cui è sistematicamente oggetto, garantirà un provvidenziale spegnimento dei focolai di guerra nel globo e un passo decisivo nella costituzione di un mondo multipolare.

Fra le armi di distruzione di massa (intendo della nostra autonomia e ricchezza) in mano all’oligarchia in declino, particolare rilievo hanno inevitabilmente quella economica e monetaria.
Il piano di sostituzione delle attuali forme di denaro, contante o elettronico, con l’euro virtuale (di pari passo con le altre valute nazionali nel mondo) è già stato concordato e pubblicato nelle sue linee guida (se vuoi saperne di più, clicca qui).
Anche i nostri documenti d’identità stanno subendo la stessa trasformazione; la connessione fra portafoglio e documenti virtuali renderà possibile il controllo e l’eventuale blocco dei nostri soldi a fronte di comportamenti sgraditi a lorsignori.

Aver incontrato, fra le tante voci del web, il giovane che parla nel video appena segnalato (e la sua altrettanto giovane società finanziaria in rapida crescita), sono convinto che sia stato un fatto del tutto provvidenziale per la mia vita: egli associa a una grande cultura specifica una straordinaria capacità progettuale e di aggiornamento, non senza una fondamentale spinta etica.
Consiglio a tutti di seguirlo: si chiama Luca Serleto, e “Metatron” è la sua creatura, coordinata da un gruppo di esperti nel settore (vedi il loro sito web, ovvero il canale Telegram “Metatron il multiverso”, nel web a questo indirizzo).

Fra i suoi vari progetti, ci sarà la possibilità di memorizzare e utilizzare i propri documenti, in modo del tutto regolare, senza quel pericoloso collegamento al portafoglio elettronico.
Inoltre la società ha appena installato una propria autonoma rete di criptovalute, tramite cui offre strumenti d’investimento e di salvaguardia estremamente interessanti. Non manca una ricca scelta di prodotti orientati alla formazione su campi in costante evoluzione tecnica e operativa.

Uno dei frutti più amari di questo mio 2023 è maturato nel campo dell’ecologia, che da sempre ha un ruolo fondamentale in tutte le mie scelte di vita, piccole o grandi.
Perché i miei informatori privilegiati mi hanno fatto capire come di questo tema si sia impossessata, per i loro dannati fini, l’oligarchia di cui sopra.
Uno stato d’inquietudine diffusa, una propensione alla denatalità e un abbattimento del valore degli immobili (destinati forzatamente a costosissime ristrutturazioni) sono evidentemente alcuni fra i loro obiettivi in questo campo.
Ho fatto decisamente mia, al seguito di numerosi scienziati attendibili, la negazione del fattore umano al cambiamento climatico, dovuto a cause cicliche sempre avvenute.
Ma mi rifiuto di rivedere le mie convinzioni sui gravi danni ambientali insiti nel modello capitalistico che si è imposto nel mondo intero, nonché la mia simpatia per le tesi della cosiddetta “decrescita felice”.
Sentire associata alla ganga dei padroni universali non dico Greta Thumberg (che è facile capirlo), ma addirittura una figura come Aurelio Peccei, con il Club di Roma e la loro pubblicazione nel 1972 della basilare opera “I limiti dello sviluppo”, è stata una vera e propria pugnalata nel cuore.
Ho la convinzione che gran parte dell’informazione libera non sia stata ancora capace di elaborare un’idea progettuale di mondo alternativa sia alla dittatura dell’oligarchia, sia al capitalismo basato sui consumi, accettato come unico modello possibile e desiderabile.
In questo clima mi risulta difficile, come invece facevo in passato, la diffusione di idee di decrescita che finirebbero per avvalorare i progetti perversi del nemico: ogni volta sarebbero necessarie le distinzioni che ho or ora abbozzate.

Alla conclusione di questo mio scritto annuale manca solo un tema, probabilmente il più importante di tutti: quello metafisico.

Ne avevo già parlato nel “Messaggio” dell’anno scorso, della figura di Franco Bertossa, ma spenderò ancora qualche frase di presentazione per chi non lo abbia letto o non se ne ricordi più.
Croato di nascita, trapiantato a Bologna in giovanissima età, è uno dei pochi studiosi (azzerderei l’unico) capaci di associare una conoscenza approfondita della filosofia occidentale a quella del pensiero orientale. E dunque di poterli confrontare (vedi qui).
La sua vita, come spesso rievoca nei suoi quotidiani scritti su Facebook, ebbe una svolta decisiva in seguito a un evento di illuminazione, innescato dall’angosciosa percezione dell’impossibilità dell’esistente.
Ogni causa generatrice, infatti (qualsiasi dio compreso), si troverebbe nella situazione di “altro da nulla”, senza sfuggire, ricorsivamente, a tale impossibilità.
A seguito della successiva notte tormentata, Bertossa racconta di aver trovato una straordinaria pace interiore e senso di gratitudine infinita per questo miracolo privo di autori, con un processo poi ritrovato nell’eredità spirituale del Buddha, principalmente nelle sue massime sulla vacuità.

Non mi soffermo su un altro suo cavallo di battaglia: l’impossibilità del libero arbitrio, se non per testimoniare un certo sollievo di fronte al ripresentarsi alla mente di tante situazioni più o meno incresciose del passato, come è mia inquieta abitudine.
Non potendo frequentare di persona lo studioso, né il suo centro “ASIA” di Bologna, al momento non ho gli strumenti di meditazione per cercare di avvicinarmi al grande evento dell’illuminazione. Mi accontento però, ed è già grande cosa alla mia età, di aver trovato un senso profondo (benché inspiegabile) del mio cammino e, soprattutto, della dimostrata impossibilità di annichilimento quando sarà il momento conclusivo della mia personale vicenda terrena.

Nel finire questo scritto voglio pubblicare qui il link a uno scritto di Bertossa che mi sembra particolarmente completo per conoscere il suo pensiero, e inoltre, ancora una volta, l’accesso ai miei due canali informativi preferiti: quello di Carlo Savegnago (“Il vaso di Pandora”: clicca qui) e quello ai Francesco Toscano (“Visione tv”: clicca qui).

Con questo non mi resta che augurarvi con tutto il cuore tanta serenità per le festività natalizie e tanta fortuna per l’anno nuovo.
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Cambiamenti epocali

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Da molto tempo non aggiorno il mio blog; è venuto il momento di interrompere questa, chiamiamola, vacanza volontaria, sgradita a me stesso per primo.
Mi ha sollecitato a farlo anche un mio vecchio compagno di escursioni, un tipo socievole e piuttosto eccentrico, nel corso di una sua gradevole telefonata da Bologna. Coi suoi buffi modi vulcanici, mi ha spiegato che cosa dovrei mostrare del mio nuovo ambiente di vita canario, al fine di sollecitare l’interesse di vecchi e nuovi lettori, e ha sottolineato con forza l’urgenza di diffondere informazione sia a livello generale geo-politico, sia di finanza e strumenti d’investimento, intuendo come in questi campi in rapida e drammatica trasformazione io abbia accumulato un livello di conoscenza in qualche modo speciale.

In mancanza di nuovi spunti nella mia attuale vita di emigrato, non lo accontenterò nella prima sollecitazione. E neppure nella terza, cioè in campo divulgativo sugli investimenti finanziari, rimandando eventualmente a futuri scritti il momento di affrontarne la grande complessità.
Cercherò invece di sintetizzare la prospettiva restante, cioè la visione d’un mondo in rapido e traumatico cambiamento, che deriva dalla mia quotidiana e appassionata frequentazione di fonti d’informazione non viziate dalla propaganda, come invece avviene regolarmente in tutte le reti televisive e nei principali giornali stampati; per fortuna, questi ultimi, in caduta libera per quanto riguarda le vendite.

Mi sembra, in estrema sintesi, di notare l’antitesi di due approcci, da parte del pensiero libero: uno di allarme per le trappole che l’oligarchia mondiale sta preparando all’umanità intera, l’altro invece che, pur senza nascondere i gravissimi pericoli incombenti, coglie elementi fondamentali di potenziale, grande rinnovamento.

Vorrei tanto seguire questo stesso ordine nella mia esposizione, per poter terminare in tono ottimistico, ma mi sento costretto a fare il contrario, essendo il primo approccio (quanto meno in apparenza) più sistematico e onnicomprensivo del secondo.

Dunque sul piano geo-politico stiamo assistendo al rapido dipanarsi di un’evoluzione di carattere storico, per non dire epocale, che assomiglia più a una colossale frana, dell’impero statunitense/britannico, di cui, massime con l’attuale governo, l’Italia continua a essere (vergognosamente e dannosamente) devota suddita.

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Gli è andata male, molto male, grazie al cielo, nel loro progetto di destabilizzare, fare a pezzi e divorare la Russia (ultimo ostacolo prima del duello finale con la Cina), portato avanti in Ucraina fin dal colpo di stato del 2014 contro il governo di Viktor Yanukovych e poi con la guerra, da cui presto sembrano ormai costretti a uscire con la coda fra le gambe. L’iniziale piano di pace, boicottato principalmente da Boris Johnson, avrebbe risparmiato oltre mezzo milione di vite umane (secondo gli attuali calcoli più attendibili), in massima parte i giovani nelle file dell’esercito ucraino, mandati sconsideratamente al macello, nonché di distruzione di una quantità di mezzi militari NATO e di relativi ingentissimi capitali, anche europei, anche italiani, che avrebbero potuto essere destinati ad altri progetti, ben più urgenti.

Nello stesso tempo sta franando anche il dollaro, e la politica finanziaria americana di emissione senza limiti della loro moneta di riferimento mondiale, politica che negli anni si è sostituita a quella produttiva industriale, ormai completamente demandata all’estero.
Ampiamente franata, poi, ancor di più, la credibilità di un anziano presidente imbarazzante sia per le sue condizioni fisiche e mentali, sia per gli scandali familiari di corruzione, sempre in Ucraina, da parte del figlio, che si faceva scudo col nome di suo padre fin da quando quest’ultimo era vicepresidente di Obama.

La popolazione statunitense, fin dalla psico-pandemia, mi ha dato l’impressione di essere molto più consapevole di quella italiana; attualmente, a quindici mesi dalle prossime elezioni presidenziali, l’appoggio a Donald Trump (che non è uno stinco di santo ma sicuramente bloccherebbe immediatamente l’espansionismo militare) si dimostra inversamente proporzionale alla persecuzione giudiziaria di cui è fatto oggetto. Mentre, sul fronte dei Democratici, un certo Robert Kennedy Junior sta facendosi strada in modo impressionante, visto il silenzio con cui i media cercano di neutralizzarlo.
Sentirlo parlare è per me un autentico piacere e la sua elezione mi appare come un magnifico sogno.

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Ma sarebbe già molto se, a differenza della precedente, l’elezione del prossimo presidente americano non venisse clamorosamente truccata.

Come ogni animale braccato, il rischio è che le correnti belliciste più sconsiderate lancino gli attacchi della disperazione (senza escludere neppure l’opzione atomica), come, per esempio, a Taiwan, o anche, ma ritengo più difficilmente, in Africa, in appoggio a quell’altro cow-boy, inviso alla sua stessa popolazione, di Emmanuel Macron.

Aver citato l’Africa mi dà lo spunto per sottolineare le clamorose tensioni al rinnovamento positivo di una parte sempre più preponderante (quanto meno come popolazione ed estensione geografica) del mondo intero.
Il recente vertice di San Pietroburgo, a cui hanno partecipato quasi tutti i paesi africani, ha contribuito al rinforzarsi, nelle giovani nuove generazioni, di una diffusa istanza di emancipazione dall’indegno sfruttamento coloniale, in primo luogo francese; l’appoggio di Putin, poi, ha dato loro il coraggio e la possibilità teorica di ribellarsi, com’è avvenuto, quasi contestualmente, in Niger, il paese saccheggiato proprio dalla Francia, soprattutto nei giacimenti di uranio ad uso delle proprie numerose centrali nucleari. Il Mali e il Burkina-Fasu hanno già promesso di allearsi ai cugini africani in caso di attacco militare.

Mentre scrivevo quest’articolo, ho avuto occasione di ascoltare un video con importanti aggiornamenti, che posso sintetizzare così: fra i paesi africani manovrati dalla NATO, quello della Nigeria, paese confinante, è candidato a fungere da grimaldello in un attacco militare al Niger volto a ripristinare il vecchio regime amico. Questo però potrebbe condurre a una guerra pan-africana, che però vedrebbe schierati col paese aggredito non solo Mali e Burkina Fasu, dalle trascurabili forze militari, ma anche l’Algeria, che ha un esercito di assoluta rilevanza, mentre Ciad e Benin, sul fronte degli amici della NATO, si sono già defilati. Il Niger potrebbe inoltre avvelersi delle note capacità in battaglia del gruppo Wagner.

Gli equilibri, anzi gli squilibri, che sembravano eternamente a favore della potenza americana, stanno cambiando in fretta.
Clamoroso, ad esempio, il voltafaccia sprezzante dell’Arabia Saudita, con le sue enormi riserve di petrolio.
Sul piano finanziario, poi, l’alleanza di Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, i cosiddetti BRICS, a cui molti altri stati chiedono di partecipare, si è posta l’obiettivo di varare, in sostituzione del dollaro, una nuova valuta di scambio ancorata a beni effettivi fra cui l’oro.
Benché i media, come loro costume, non ne parlino, alla fine di questo mese di agosto si svogerà in Sudafrica, a Johannesburg, un vertice di tali paesi, che probabilmente troverà una citazione nei futuri libri di storia.

Due visioni del mondo sembrano contrapporsi: l’imperialismo sanguinario anglo-americano da una parte; una rete di paesi sovrani e legati da rapporti di scambio dall’altra. Vladimir Putin, un profilo d’importanza colossale, potrebbe rivelarsi storicamente l’alfiere del trionfo salvifico di quest’ultimo nuovo assetto internazionale.

Come avevo accennato, mi tocca ora aprire una pagina più inquietante.

Ho dato per scontata, già nelle prime righe di questo scritto, l’esistenza di un’oligarchia mondiale, molto evidente a tutti i commentatori liberi dai vincoli che a essa stessa fanno capo.
È costituita da un mostruoso gruppo finanziario infiltrato dappertutto, come è la piovra Blackrock, nonché da storiche famiglie di predatori, come i Rothschild (ebrei aschenaziti) e i Rockefeller (massoni americani), da associazioni d’indirizzo politico globale, come il World Economic Forum dell’ottuagenario tedesco Klaus Martin Schwab e infine da singoli potentissimi individui, più o meno noti al pari di Bill Gates, Mark Zuckerberg e il novantatreenne George Soros.

La visione geo-politica degli equilibri mondiali passa in secondo piano, rispetto a quella di un gruppo di potere in grado di controllare ogni nazione.

A loro è stato possibile diffondere su scala planetaria l’allarme di una pandemia relativa a un virus ingegnerizzato e facilmente debellabile, se essi stessi non ne avessero osteggiato le cure, rivelatesi del tutto efficaci, di gruppi di medici coraggiosi (come il nostro indimenticato Giuseppe De Donno e l’associazione Ippocrate.org di Mauro Rango), per costringere a una vaccinazione a più dosi non testata, rivelatasi inutile e dai gravissimi, possibili e frequenti effetti collaterali.
Dal loro punto di vista credo che, purtroppo, l’esperimento sia stato un successo.

Nel loro progetto di controllo planetario totale, ora sembrano affermarsi due nuove strategie: quella ambientalista e quella monetaria.
In nome dell’ecologia, e nel culto di un riscaldamento globale di origine antropica (a cui sempre più scienziati si ribellano, con argomenti semplici e convincenti), assistiamo a politiche sempre più coercitive e che, a ben guardarci, sembrano mirare più che altro all’esproprio dei beni privati di proprietà, in primo luogo quelli immobiliari.
Chi segue questo blog da tempi antichi conosce quanto il tema dell’ecologia e della cosiddetta decrescita mi stia a cuore e quanto io stesso lo consideri imprescindibile per un futuro possibile, rispettoso e sereno.
Il senso di essere espropriato di miei valori di riferimento (che peraltro informano in modo importante le mie abitudini quotidiane), da parte di una banda di criminali, mi ferisce e inquieta profondamente, com’è facile capire.

Per quanto riguarda la moneta (e la sostituzione del castello ormai ingestibile della finanza mondiale), fervono, in ogni parte del mondo, i preparativi per l’istituzione delle CDBC, le valute digitali emesse dalle banche centrali.
Sul modello già sperimentato in alcune regioni dalla dittatura cinese, il contante andrà a morire, mentre i nostri soldi potranno così essere controllati, per quanto riguarda validità temporale e possibilità di blocco, anche in funzione dei dati legati ai nostri documenti elettronici e dunque dalle nostre scelte di vita, la cui traccia potrà venire in essi archiviata.

Con la spudoratezza abituale, hanno già rivelato che si renderà necessario, per convincere gran parte della popolazione all’adozione della moneta elettronica, un cataclisma informatico, che coinvolgerà tutti gli istituti bancari, spacciato come opera dei cosiddetti “hacker”, magari di nazionalità russa.
Dovrebbe avvenire a cavallo fra il 2024 e il 2025. Il tempo stringe, ma abbiamo ancora la possibiltà di opporci o comunque di difenderci, nei modi in cui diversi gruppi di studiosi informati stanno progettando.

Per sapere di più su quest’ultima tematica, segnalo un lungo e molto preciso intervento di Roberto Mazzoni, giornalista italiano che risiede in Florida: lo si può ascoltare cliccando qui.
Prima di concludere, segnalo infine i miei due canali d’informazione preferiti, invitando chi mi ha seguito fin qui a frequentarli e anche a sostenerli economicamente:

Il vaso di Pandora, di Carlo Savegnago: clicca qui
Visione TV, di Francesco Toscano: clicca qui (ma anche qui.)
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