.
Intorno alla tavolata dei pellegrini, ieri sera, ci siamo dunque trovati in otto: un vivace quartetto di ciclo-viaggiatori, una giovane camminatrice solitaria come me, (tutti “under quaranta”) e, a risollevare la componente degli “over sessanta”, oltre al sottoscritto, la coppia, marito e moglie, di “ospitalieri”, al termine della propria settimana di volontariato.
Curiosa l’uniformità delle provenienze (ad eccezione della mia): dalla provincia di Bergamo sia tre dei quattro ciclisti che la ragazza, Guida Ambientale Escursionistica professionale; dal Veneto il quarto pedalatore e i due padroni di casa.
Avevo due timori: quello di trovare un’ingombrante atmosfera confessionale e quello di dover affrontare il divisivo argomento delle cosiddette vaccinazioni.
Nessuno dei due si è verificato: limitato a una breve preghiera iniziale il tributo alla religione, di quel tema di dibattito nemmeno l’ombra.
Ho invece partecipato a un magnifico clima disteso, accettante, vivacissimo e allegro, da parte di tutti, che mi ha fatto passare una bella serata in compagnia, proprio come fra vecchi amici.
Dopo una cena ottimamente cucinata, ci siamo ritrovati nel vicino Giardino della Connessione, dove ho dapprima fatto amicizia con Ilenia, la giovane guida (anche lei alla vigilia del rientro, al termine di un sopralluogo di poche lunghe tappe), poi abbiam fatto capannello coi pedalatori, prima di rientrare nelle due piccole camerate, dove eravamo stati disposti, il quartetto in una, noi due camminatori nell’altra.
Alle cinque e mezza è ora di alzarsi: questo è ciò che appare alla finestra:
Dopo la colazione in parziale compagnia, sono già le sei e venti quando esco, a ritrovare la mia dimensione solitaria per le strade di un paese incantato.
La prima parte dell’itinerario odierno si svolge in una lunghissima discesa su strada bianca.
Grazie al cielo, il risentimento muscolare è del tutto guarito: posso tenere un’andatura veloce, necessaria per affrontare i ventiquattro chilometri previsti.
Una curiosa stazione di noleggio bici elettriche sembra materializzarsi dal nulla.
Mentre fotografo l’inattesa postazione, attigua a un antico edificio, sopraggiunge, preceduta da due cani di media taglia, una signora.
È molto socievole; mi chiede se voglio visitare la casa, che esisteva già nel 1600, sorta su tracce di epoca romana, e ora è in ristrutturazione.
“Questo doppio arco” mi spiega, “è un segno di particolare pregio.”
Milanese, la signora Enrica col marito si sono trasferiti qui, al piano di sopra; il pian terreno, dove attualmente sono concentrati i lavori, sarà adibito a bed and breakfast. Mi racconta che il marito si innamorò del posto e volle acquistare l’immobile da un giorno all’altro.
Durante la visita compare, con mia sorpresa, la coppia olandese, che forse si era intrattenuta col marito di Enrica per dare una sistemata alla loro bicicletta. Nel vedermi mi salutano festosamente, poi si congedano mentre la signora continua a raccontarmi la storia di quella casa, del loro acquisto e del progetto. Faccio conoscenza anche con il signor Carlo, il marito, che suggerisce alla moglie di lasciare un ricordino di quel luogo a me, ma anche due copie per gli olandesi, se li raggiungerò, come sono certo.
Incontro particolare, ma mi resta il forte dubbio che non valesse tutto quell’ulteriore ritardo sulla mia tabella di marcia.
Eccoli in vista, gli olandesi, in fondo a questo particolare bellissimo viale alberato.
Quando li raggiungo e consegno loro il “gift di Enrica e Carlo”, educatamente mostrano di gradirlo molto. È l’occasione di presentarci, come non abbiamo ancora avuto occasione di fare. Si chiamano Laura e Jurgen e anche loro, mi dicono, ogni giorno pubblicano (sulla piattaforma “Polar steps”) il resoconto del loro straordinario viaggio a piedi dall’Olanda a Roma.
Questa sera saranno alloggiati come me ad Acquapendente, dove poi, per una strana coincidenza col mio piano di viaggio, hanno previsto un giorno di riposo.
Prima di salutarci provvisoriamente, Jurgen immortala il nostro incontro:
Me li lascio alle spalle, gravati come sono da molti chili di bagaglio e da una bicicletta al seguito.
Ecco di nuovo la Cassia che, se si vuole evitare una lunga variante, oggi bisognerà percorrere per un grande tratto.
Ho cercato di resistere senza soste, sotto il sole spietato sulla statale, stringendo i denti fino alla frazione di Centeno, che purtroppo si presenta così:
un piccolo gruppo di abitazioni senza punti di ristoro…
se escludiamo quelli per automobili lussuose.
La sosta, anche oggi dopo quattro ore dalla partenza, è comunque necessaria e urgente: mi siedo su un marciapiedi parzialmente ombreggiato, sul finire del paese.
E qui si materializza un angelo.
Con una voce modesta e dolce, mi chiede se desidero qualcosa, un caffè…
Chiedo, piuttosto, un po’ d’acqua.
Mi dice di aspettare un attimo, poi, ottenuto probabilmente il permesso dai proprietari, mi indica un accesso oltre il quale troverò una fontanella.
Ma non si accontenta: mi domanda se gradisco un po’ di frutta.
Accetto con molta riconoscenza (“Sa,” replica, “qui ne vediamo tanti…”)
Dopo essermi dissetato e rinfrescato alla vicina fontanella, la vedo arrivare.
“Non ho trovato dei sacchetti, gliela do così, in un tovagliolino di carta.”
“Certo, non si preoccupi, ne ho dei sacchetti.”
Che tuttavia non ci sarà bisogno di estrarre, visto che faccio una succulenta strage dell’intera portata.
E si riparte, già in provincia di Viterbo, per le ultime due ore di cammino sotto un sole sempre più rovente.
Il primo bar-trattoria compare fuori tempo massimo.
Curiosa disposizione geometrica delle piramidi di letame.
Ogni volta che può, il percorso lascia per brevi tratti la sede della strada statale.
È proprio nell’ultimo tratto, però, che sembra voler fare il classico scherzo da prete.
Essendo mancante, nella documentazione ufficiale, il profilo altimetrico di questa tappa, allorché una deviazione, che permette di evitare una grande ansa della statale, imbocca una salita interminabile, mi sembra trattarsi, in questo punto finale della tappa, di puro cinismo.
Il mio passo è vistosamente rallentato; sono costretto a dare fondo a tutte le residue energie.
Solo alla fine della lunga scorciatoia, capisco che la salita era comunque necessaria per raggiungere il paese di destinazione, Acquapendente.
Da un negozio all’inizio del paese sento esclamare, nel corso di una conversazione, il primo “Ahó!”.
Siamo ufficialmente in Lazio.
La prima impressione di Acquapendente, a maggior ragione se confrontata
con la cittadina da cui sono partito, Radicofani, è un po’ tetra, ma avrò modo di rivedere il giudizio domani, nel godermi qui un preziosissimo giorno di riposo.
Il viaggio è luogo di incontri. Te stesso, il paesaggio, la natura,, le persone, gli animali, i cibi, i cieli… tanta ricchezza è solo per forti, coraggiosi e determinati.
Buon giorno di riposo, Franz.
Temo, cara Sari, di diventare dipendente dalla dose quotidiana di tuoi complimenti.. 😃
Ma intanto continuano a galvanizzarmi! 😊
Caspita..!!!! Che giornata intensa e ricca :-)))))
Particolari mi sembrano anche gli incontri e il clima che creano….
Gli incontri, nella loro casualità, sono una componente preziosa, in quell’inesauribile giostra di ambienti, situazioni e sensazioni che è un lungo cammino.
☺
Il Lazio, perbacco: una delle regioni che preferisco! La provincia di Viterbo in particolare è bellissima: spero che appaia così anche a te nel tuo cammino.
Mi pare di notare che, avvicinandosi a Roma, si avverta sempre di più lo spirito di gruppo francigeno, sia tra viandanti che tra essi e gli abitanti dei luoghi: e penso che questa cosa sia esaltante!
Molto simpatici gli olandesi e anche le due signore che hai incontrato!
Buona giornata di riposo ad Acquapendente! 🙂
Il cambio di regione, dopo una settimana abbondante, non si è limitato a una questione cartografica, ma si è evidenziato nettamente in paesaggi molto più pianeggianti, oltre che nell’accento degli abitanti.
Sono molto curioso di scoprire il seguito del cammino, verso Bolsena, Montefiascone e Viterbo, zone che, a differenza di te, non ho mai frequentato.
Quanto allo “spirito francigeno”, non so dire se sia influenzato dall’avvicinamento alla capitale; nell’esperienza collettiva, l’ho notato a macchia di leopardo, molto forte, ad esempio, in Val d’Aosta e in Lombardia.
La mia giornata di riposo è molto gratificante: da segnalare un memorabile piatto di pici all’aglione di cui conto di pubblicare l’immagine! ☺☺
Penso che l’Italia sia unica in questo continuo cambiare del paesaggio, dell’architettura e della parlata. Conquistare poi tutto questo viaggiando a piedi è favoloso!
Ho appena visto le bellissime immagini di oggi… e gli irresistibili pici all’aglione! 😀 Li mangiai a Arezzo, ho un ricordo stupendo.
Vero, Valerio: l’esperienza, già avvincente attraverso due sole regioni, come nel mio caso quest’anno, dev’essere del tutto inebriante per i camminatori di lungo corso, da Canterbury o dall’Olanda che siano…
I pici all’aglione del ristorante “Il borgo” di Pendingwater (😂) sono memorabili !! 😮
Che bello!!!!
Spero tu riceva le mie risposte…..
Un abbraccio e buon cammino
Betta
Certo che le ricevo…
Temo, a questo punto, che tu non legga le mie repliche. 😕
Un abbraccio a te e buone vacanze! ☺