Alla fine…

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Alla fine è andato tutto come doveva andare: la mia nuova Volkswagen Touran è dentro il garage, da ormai ventiquattr’ore, e che fatica entrarci, con le sue dimensioni complessive evidentemente maggiori della vecchia Opel Astra (l’indimenticata ‘Cometa’) e anche della Multipla di scorta dai larghi fianchi.
E’ in garage, e ho quasi paura ad andarla a trovare, che si rifiuti di accendere il motore, o di aprirmi le portiere.
Che non mi riconosca come suo unico padrone, che non abbia ricevuto il mio imprinting, e non mi risponda quando la chiamerò con il nome che, alla fine, ho scelto per lei e che, alla fine di questo post, rivelerò.

Sono giunto in anticipo, giovedì pomeriggio, un po’ in autobus un po’ a piedi, alla concessionaria Volkswagen dove avevo appuntamento.
“Stiamo montando la targa; è appena arrivata”, mi fa il giovane venditore. “L’ha fatta l’assicurazione ?, perchè altrimenti non posso farla uscire di qua”.
“No, telefono subito in Co.Ta.Bo., a vedere se me la fanno per telefono: nel caso, un fax è sufficiente ?”.
Mi dice di sì, per grazia ricevuta.
“Pronto, Barbara, sono dal concessionario con l’auto nuova; mi puoi fare l’assicurazione e poi mandarmela qui via fax ?”.
Mi risponde un po’ altezzosa, anche perchè mi dice che è impegnata con altre due persone, ma poi mi promette di richiamarmi nel giro di venti o trenta minuti.

Per non essere d’intralcio esco dall’ampio spazio espositivo.
Di fronte c’è un bel parco, verde, tranquillo, a cui si accede da un cancello con l’insegna di una bocciofila.
Il sole batte di sbieco sugli unici giocatori, tre pensionati, due uomini e una donna, che si contendono il pallino, bocciando o andando a punto, mentre un arbitro, loro coetaneo, con molta sicurezza cammina su e giù, e dice spesso la sua; parlano tutti in dialetto ed è un piacere ascoltarli, anche quando uno dei giocatori, alla terza bocciata a vuoto, maledice il sole che lo abbaglia, o quando uno spettatore fra i pochi presenti esclama che, per andarci più vicino, al boccino, bisognava andarci sopra.

Barbara mi richiama puntuale e per prima cosa mi chiede la targa. Non ho tempo di rendermi conto della contraddizione nell’iter burocratico, e, con una breve corsa fino davanti all’automobile, sono in grado di dettargliela.
Concordati i vari parametri, mi promette un fax nel giro di pochi minuti, ma si raccomanda di passare in giornata da lei con il certificato e il contrassegno dell’auto vecchia.
“Il certificato ce l’ho, ma il contrassegno chissà che fine ha fatto: l’auto era incidentata, ed è stata lì da voi finché il capoofficina è riuscito a venderla, da un giorno all’altro”.
“Allora bisogna che vai dai carabinieri a fare la denuncia di smarrimento ed entro domattina alle otto e mezza me la porti”.
“Okay, comunque, se riesco, faccio un salto da te già stasera finchè ci sei”.
E meno male che, anche senza i documenti necessari, in serata passo a trovarla, perchè questa volta mi accoglie con un bel sorriso e, dopo essersi informata meglio, mi dice che l’indomani (cioé ieri, venerdì), quando ritirerò l’auto dopo gli ultimi allestimenti dell’officina tecnica lì in Co.Ta.Bo., sarà sufficiente un’autocertificazione di smarrimento del contrassegno.

Come avevo previsto in un articolo precedente, ogni giornata è stata da inventare, in quest’ultimo periodo, allo scopo di affrontare con la dovuta razionalità e pazienza, e spirito di sacrificio, tutti i passaggi necessari per giungere in porto, cioè in garage, con il mio taxi nuovo.
Non mi aspettavo però questa specie di collasso nervoso che, alla fine, mi ha colpito, permettendomi, si parlava la volta scorsa di grandi dormite autunnali, un record degno della birra preferita dalle scimmie, la famosa ‘Guinness dei primati’.

Nei miei progetti c’era di assaggiare l’attività già ieri sera; di rivivere, dopo quasi sei anni, l’emozione dei primi clienti trasportati, per poi rilassarmi oggi, sabato, in concomitanza con il mio turno di riposo.
Ma verso l’ora di cena ero troppo stanco per affrontare le ultime sistemazioni al corredo della vettura, e fare una sua conoscenza sufficiente ad evitare figuracce nell’improvvisa necessità, che so, di azionare i tergicristalli, o di suonare il clacson, o di ribaltare un seggiolino posteriore per un carico ingombrante.
E così sono andato, a bordo della silenziosissima e docile vetturona bianca e splendente, all’Ipercoop di Villanova, e, insieme ai pedanini di gomma, ho comprato un ottimo stracchino ‘Nonno Nanni’ e verdure varie per una bella insalatona, che ho poi preparato e trangugiato a casa, accompagnandola con due bicchieri di vino rosso, ben cosciente di mettere fine così alla mia ultima giornata di questo periodo di transizione.
Stasera finalmente avrò la calma per concedermi di scrivere a Valerio, il grande amico ritrovato, mi sono detto; è già due volte che glielo prometto su Facebook e ormai mi vergogno del ritardo.
Ma prima, perchè no, ci può stare un’ora o due post-prandiale di sano torpore e tepore sotto le coperte.
Per farla breve ho dormito, con una sola interruzione di un paio d’ore intorno alla mezzanotte (in stato poco più che vegetativo), dalle nove di ieri sera all’una e mezza di pomeriggio di oggi.
Non sono mancati un paio di intensissimi sogni, ma, anziché d’oro, d’Argento, degni cioé dei più inquietanti film del regista che di nome fa Dario.

Posso testimoniare che da un’impresa di questo genere (parlo della dormita) si esce, nel fisico e soprattutto nel morale, come un pugile dopo una slavina di pugni.
E dunque anche oggi ho dovuto ridimensionare il programma, pur leggero, che mi ero prefissato.
Un sabato grigio, nelle poche ore di luce filtrata dalle finestre, a chiedermi segretamente dove vado a finire, continuando a dare corda a questo vortice di apatia che ultimamente sembra attrarmi a sé in un abbraccio mortale, nel farmi sentire potenzialmente sconfitto dalle incombenze quotidiane, come quei ‘gatti’ di polvere che si accumulano sotto il letto e sotto il tavolo, sempre in anticipo rispetto al mio passaggio di stracci ed aspirapolvere.

Poi, senza farmi fretta o violenza, alla fine, ho ritrovato un po’ di serenità, e la voglia di raccontare, e, come avevo promesso, di svelare il nome di battaglia della nuova vettura.
E’ un nome maturato qui sul blog, cosicché ne sarà particolarmente partecipe chi segue abitualmente queste mie confessioni.
Avevo scritto in un post di averla vista, durante gli ultimi tempi, sempre ferma nel cortile della Co.Ta.Bo., con qualsiasi clima, come un cavallo del maneggio dove passo nei miei allenamenti podistici.
E poi l’amico Alanford, nei suoi commenti, mi paragona sempre ad un cavaliere in groppa al suo destriero bianco.
Insomma, l’ho chiamata affettuosamente ‘Cavallona’, anche in considerazione dell’aspetto un po’ robusto, e della potenza dinamica (centocinquanta …cavalli), straordinaria per un motore a metano, grazie alle nuove tecnologie e alla doppia turbina.
Ma all’anagrafe virtuale, dove bisogna essere più abbottonati, l’ho chiamata ‘Jolanda Cavalla’, accogliendo parzialmente così anche l’azzeccato consiglio espresso in un commento dall’altro caro amico Filippo (che, vista l’etimologia del suo nome, non potrà che apprezzare…).
Ed, alla fine, visto che un’altra cara amica di blog, Silvana, è una fan di Roberto Vecchioni, non mi resta che concludere parafrasando alcuni famosi versi del cantautore milanese:

Non è poi così lontana Samarcanda,
corri Cavalla, corri di là…
ho cantato insieme a te tutta la notte:
corri come il vento che ci arriverà !

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foto tratta da: http://www.flickr.com/photos/alex_alexandrovna/3050037837/

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20 risposte a Alla fine…

  1. Superfragilistic ha detto:

    Arrivo con grandissimo ritardo ma arrivo comunque. Tra me e il blog si sono frapposti numerosi ostacoli anche a causa del mio avere a che fare con puledri e puledrine provenienti da tutto il mondo e che, data la loro giovane età, procurano di certo un bel da fare. Allora ci siamo: alla fine è arrivata ed anche tu sei stato alle prese con il tagliandino abbandonato nell’autovettura presso la concessionaria; problemi già sentiti e vissuti che allungano lo svolgersi di un momento clou che si vorrebbe invece rendere più rapido possibile. E poi il nome che evoca altre storie, un poco freudiane se mi consenti, ma è anche giusto che sia così ed il nome di Jolanda completa il quadro. Sarà lei la tua compagna fedele delle tue notti bolognesi e di certo non devi aver paura: non tideluderà. Allora corri cavalla, corri cavalla ma, mi raccomando, nei limiti consentiti. Un abbraccio

    • Franz ha detto:

      Forse hai ragione, c’è qualcosa di un po’ …’border line’, in quel doppio nome, ma in fondo è in sintonia con le atmosfere notturne che faranno da contorno alle sue cavalcate.
      Più che giusto privilegiare la vita reale a quella virtuale; anch’io ho leggermente calato il mio impegno qui nella blogosfera, anche se, a differenza del caso tuo, solo per un bisogno di riposo e di affrontare le mie giornate ad un ritmo più lento.
      Chi farà fatica a rallentare sarà proprio lei, la Cavallona con i suoi centocinquanta cavalli; speriamo solo di non incontrare qualche sceriffo cattivo, umano o elettronico che sia.
      Un abbraccio a te.

  2. Giovanna Amoroso ha detto:

    Un caro “benvenuto” alla nuova CAVALLONA anche da parte mia!

    Baci
    Giovanna

    • Franz ha detto:

      Ho già riferito, e Jolanda ha reagito con uno sbuffo di soddisfazione ed una scodinzolata che ha colpito un motorino: è proprio una cavalla sensibile…!

      Baci.

  3. solindue ha detto:

    Accidenti!! sono arrivata tardi. C’è già stato il battesimo. e i confetti?

  4. Alanford50 ha detto:

    Ma tu hai dato un nome al tuo ‘morello’ ?

    Per ora ancora no, mi trovo nella situazione di dovere fare molta attenzione, rischio di creargli dei grandi complessi, bisogna comprendere che per la grande punto il nero è il peggior colore che si potesse scegliere, capisci che prendere coscenza di essere ” un grande punto nero” è un qualcosa di tremendo da superare, cercherò di fargli comprendere che in fondo ci siamo passati tutti è non è la fine del mondo, all’inizio per aiutarla ho deciso di lavarla unicamente con il latte detergente, così tanto per farla sentire coccolata, poi spero che se ne faccia una ragione, sono cose che lasciano il segno, ahahah…

    Ciaooo neh!

    • Franz ha detto:

      Se il colore nero è il ‘grande punto debole’ del tuo nuovo cavallo rampante, allora potresti chiamarlo “Calimero”, il cavallo nero.
      Così potresti anche risparmiare molti euroni, utilizzando per il lavaggio, al posto di un costosissimo latte detergente, il mitico sapone da bucato ‘Ava’…

      Ciao !

  5. Riri52 ha detto:

    Il nome alla tua auto, mi ricorda che da piccola, in prima media, vuoi per la coda di cavallo, vuoi per il fisico che non è mai stato esile, mi chiavano Cavalla e cavallona la mia amiche che era la fotocopia. A me non paiceva tanto, ma credoc he epr una automobile che deve destreggiarsi nel traffico vada benissimo. E ora si parte…Ciao Riri52

    • Franz ha detto:

      Oggi ho cavalcato lunghe ore, molte delle quali sotto la pioggia; purtroppo il traffico cittadino non è una prateria, ma Jolanda si è dimostrata una cavallona molto docile ed elegante.
      Capisco che non ti piacesse un gran che, quel soprannome, ma sono felice di questa tua confidenza, perché così posso considerare anche te come parte in causa nella scelta del nome !
      Ciao, carissima.

  6. lagiraffa ha detto:

    Lunga vita a Jolanda la cavallona e al suo prode cavaliere!! Magari arriverete fino a Samarcanda e, nel caso, dovrai raccontarci tutto! 😉

    • Franz ha detto:

      Cara Giraffa, lo sapevo che mi avresti perdonato, che anzi manco ti saresti accorta del torto che ti ho fatto, nel non citare anche te fra gli ispiratori del battesimo ‘equino’ alla mia nuova compagna di viaggio.
      Approfitto del tuo commento per correre ai ripari, linkando il tuo bel post sui cavallini selvaggi della Giara di Gésturi ( cliccare qui).
      Se conosci il testo di ‘Samarcanda’, infine, mi capirai se ti dico che quello (con la ‘nera signora’) è un appuntamento che …può attendere, anche perché, dopo, non potrei proprio raccontare più niente. 😐

      • lagiraffa ha detto:

        mumble, mumble..ora che me lo fai notare, dovrei offendermi per l’eternità!! 😛 sì, conosco il testo, perchè mi piace molto Vecchioni, non volevo certo mandarti a Samarcanda..comunque, per farmi perdonare ti dedico la canzone di un eroe equino, la trovi qui: http://www.youtube.com/watch?v=MPcO4ohE78o 😀

        • Franz ha detto:

          Grazie per la dedica !
          Se Furia beveva solo caffé (per mantenere il suo pelo il più nero che c’é), a Jolanda dovrò fare il pieno di latte…
          :mrgreen:

  7. silvanascricci ha detto:

    Caro Franz, io e te abbiamo preso strane abitudini; tu dormi e hai ritmi lenti, io nell’ultimo mese ho avuto ritmi lenti rifugiandomi nei fine settimana nell’appennino tosco emiliano, senza telefono e senza internet.
    Ringrazio per avere pensato anche a me nell’attribuire il nome alla tua nuova auto e in suo onore cito anch’io il mio mitico Vecchioni:
    Dategli, dategli un animale,
    figlio del lampo, degno di un re
    presto, più presto, perché possa scappare
    dategli la bestia più veloce che c’è.

    Il nome Cavallona mi ha fatto venire in mente Stefano Benni nel racconto “Luisona” nel bar dove “mal gliene incolse” a chi osò toccare la mitica Luisona.

    Un ruggente abbraccio
    Silvana

    • Franz ha detto:

      Quella della ‘Luisona’ è forse una delle trovate letterarie più divertenti del secolo scorso, e Stefano Benni è uno scrittore che dà lustro alla nostra città.
      Grazie a te per aver citato altri versi di ‘Samarcanda’; anche di questi, va da sé che prendiamo l’aspetto esaltante, dimenticandoci per un attimo dov’era inconsapevolmente diretta la velocissima fuga di quel soldato a cavallo.

      Ricambio l’abbraccio (di gran lunga meglio ruggente che …nitrente !) e auguro a te, come a me, grandi frutti nel nostro convinto ‘inseguire la quiete’.

      Ciao, alla prossima !

  8. alanford50 ha detto:

    Ciao Franz, bellissimo racconto, sto ancora sorridendo per alcuni passaggi molto belli e spiritosi, innanzitutto sono felice di avere partecipato anche se involontariamente all’attribuzione del nome da dare al tuo bianco destriero, diciamo che mi sento una specie di zio, certo però chiamarla cavallona, anche se ho compreso che è frutto di tutto un ragionamento particolare e complesso, tutto subito mi era sembrato un po’ azzardato, ma leggendone l’antefatto, avendone compreso l’intrinseco valore affettuoso, non posso che ammettere che ‘Jolanda Cavalla’ tutto sommato è un gran bel nome.

    Ho letto delle traversie finali, legate all’assicurazione, è successa anche a me la medesima cosa, compreso lo stupore e la domanda di chissà dove mai avrò messo il vecchio tagliando di contrassegno da riconsegnare, anche la frase che ne è conseguita è la medesima, si vede che è una prassi, mi riferisco alla frase “Allora bisogna che vada dai carabinieri a fare la denuncia di smarrimento ecc.ecc.” per fortuna che sono uno con la testa quadrata, quindi da buon metodico, dopo una brevissima ricerca l’ho trovato, risolvendo al meglio la situazione, quasi la stessa situazione anche se dal punto di vista logistico nelle posizioni opposte, per il fax del numero di targa, che gentilmente mi è stato prontamente spedito dal bravo venditore della concessionaria nell’agenzia assicurativa.

    Quindi non resta che porgere l’augurio di lunga e serena vita a ‘Jolanda Cavalla’ ed al suo cavaliere errante, ed unirsi a lui in coro ad intonarne l’ode e l’inno.

    Non è poi così lontana Samarcanda,
    corri Cavalla, corri di là…
    ho cantato insieme a te tutta la notte:
    corri come il vento che ci arriverà !

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    • Franz ha detto:

      Grazie, carissimo, del tuo racconto parallelo, degli auguri e di esserti unito al coretto di Samarcanda.
      Ma tu hai dato un nome al tuo ‘morello’ ?

      Ciao e buona settimana.

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