“Dove ho mancato, dov’è stato?”

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Non passo notti disperate
su quel che ho fatto o quel che ho avuto:
le cose andate sono andate
ed ho per unico rimorso le occasioni che ho perduto
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Non so se qualcuno ricorderà questi versi; sono tratti dalla ‘Canzone delle osterie di fuori porta‘ di Francesco Guccini, composta all’inizio degli anni ’70, (mentre,  di anni di poco successivi, è la ‘Canzone di notte N.2‘ da cui ho tratto il titolo del post).

L’altra sera, prima di mezzanotte, a telefonare al numero del radiotaxi, è un’osteria di dentro porta; la chiamata, trascritta da una centralinista, viene inoltrata dal sistema satellitare fino al videoterminale posto accanto al cruscotto della Cavallona, sul quale compare il nome del locale, l’indirizzo e una nota aggiuntiva.
Non l’avevo mai sentito prima, deve avere aperto da pochi giorni; l’indirizzo però è privo del numero civico, e la nota chiarificatrice, scritta con evidente fretta dalla centralinista, non chiarifica un bel niente, perchè dice “angolo…” e poi ripete la stessa via dell’indirizzo.
Già stressato da altri passaggi difficoltosi per le strette strade del centro, sempre sotto l’assedio di enormi auto parcheggiate, e di bici e pedoni vaganti e barcollanti, percorro adagio tutta la via, mentre dagli specchietti i fari di un’altra vettura mi danno la fastidiosa, soffocante sensazione di essere di intralcio.
Giunto invano fino alla fine della strada, decido di tentare un secondo passaggio, riportandomici all’inizio con un itinerario ad U.
E questa volta, proprio all’inizio, sulla destra, vedo un tipo sporgersi dal portico, la faccia quadrata un po’ irrigidita in un’espressione contrariata.
“Era lei anche prima, vero?”
“Certo, vuole vedere che indirizzo mi han comunicato?” gli dico col tono di chi accetta una sfida.
“Ecco, tutte le volte è così”, si scalda, “lo dico sempre al centralino che è il locale all’angolo, ma voi passate davanti e tirate dritto”.
Scontrosetto, capisco subito che dev’essere irritato dalla mancanza di notorietà del suo locale, della sua bella creatura.
“Beh, l’importante è che alla fine l’abbia trovato”, ribatto.
Non si calma, anzi sembra scaldarsi ancora di più; guarda il tassametro e poi mi fa: “Io quella cifra di inizio non la accetto, chiaro?”
“Guardi che è la stessa identica cifra del giro precedente; in avvicinamento il tassametro dopo un po’ si blocca”, e comincio a scaldarmi anch’io.
“No, non se ne parla neanche, io quella cifra non la accetto, capito?”.
“Allora sa cosa le dico, che me ne vado.
E spero di non vederla mai più !”
“Anch’io !” sento che mi apostrofa sprizzando rabbia, mentre riparto con decisione, rialzando i vetri, prima di urlare, di lì a poco, un “Vaffanculo!” solo parzialmente liberatorio.

Forse un giorno imparerò a vivere episodi come questo, purtroppo all’ordine del giorno, con un sorriso ironico o una risata; per ora accuso il colpo, ogni volta.

Ed è in questa condizione di agitazione nervosa che, quasi immediatamente, ricevo un’altra chiamata, se non altro a limitare i danni in quanto al tempo perso.
Ripenserò solo a posteriori come quel brutto episodio abbia poi connotato una delle chiamate più memorabili della mia carriera, nel bene, permettendomi di riceverla proprio in quel momento; nel male, facendomi trovare non esattamente rilassato a un simile appuntamento.
Questa volta l’indirizzo è chiaro, e la zona fin troppo nota, a due passi dalla mia vecchia abitazione.
Un piccolo gruppo di persone già in attesa mi fa segno di fermarmi e di aspettare, giusto il tempo dei riti di congedo nei confronti di chi salirà davvero sul taxi.
Lo guardo, un personaggio di una certa imponenza; caspita mi sembra proprio lui.
Comunque, se c’erano dubbi, è lui stesso a fugarli, quando, appena entrato, con studiata disinvoltura, mi fa: “Via Paolo Fabbri, quarantatré”.

Credo si tratti di un caso unico nella storia dell’arte popolare, che un autore famoso abbia rivelato il proprio indirizzo cittadino nel titolo di un’opera, addirittura di una raccolta, cosa che Guccini fece, nell’omonimo disco, in anni contigui a quelli della canzone che ho citato prima.
E così, preso da una sorta di sacro furore, posso dichiarargli subito la mia devozione:
“Sono molto, molto onorato di portarla”.
“Ah grazie”, fa lui con semplicità.

Tornerò a più e più riprese ad analizzare, poi, ogni attimo, ogni frase, tonalità, espressione, da me usate nei pochi minuti di quel breve tragitto cittadino, e ognuna delle sue, in un esercizio di spietato ripensamento che, ogni volta, mi lascerà un residuo senso di dolorosa inadeguatezza.
Lo stesso che proverò ora, nel raccontare, magari con qualche valenza psicoanalitica, gli spezzoni di conversazione di uno straordinario incontro, con uno degli artisti viventi che ha in qualche modo contribuito a forgiare, in anni ormai lontani, la mia sensibilità di uomo, di persona matura. E il cui valore artistico, oltre che umano, ho più volte riconsiderato anche recentemente, anche scrivendone sul blog.

Ed è proprio questo il primo argomento che sento sgorgare, sempre in balia di quella specie di frenesia adulatoria:
“Sa, parlo spesso di lei nel mio blog”.
“Ah… lei ha un blog?” rilancia, con tono decisamente più rilassato, discorsivo.
Sarebbe il momento di parlargli un po’ di me, mi ci sta invitando, ma non trovo di meglio che chiudermi in una ritrosa, timida, modestia:
“Sì, un piccolo blog”, dico minimizzando decisamente. E chiudendo quel discorso.
“E poi”, riprendo, “sono uno dei suoi fan più antichi, fin da quando mio fratello maggiore portò a casa il ‘Folk-beat numero uno’ “.
Chissà, ripenserò poi, magari il titolo di quel suo primo disco, della fine anni ’60, va pronunciato all’inglese, “number one”.
Lui fa un piccolo cenno di assenso, forse un po’ spiazzato da tanta prorompente professione di ammirazione da parte di questo strano tassista bolognese.
“E riuscii anche a venire un paio di volte all’Osteria delle Dame, prima che scoppiasse per il troppo pubblico. Mi ricordo che allora si poteva fumare, e lei, presentando ‘Il vecchio e il bambino’, fece una battuta sulla canzone ecologica, mentre tutta la gente tossiva”.
L’episodio in sé non sembra animarlo particolarmente, se non nella considerazione del tempo passato.
“Chissà che anno era?”, mi fa.
“Ma, doveva essere il ’72 o il ’73, giù di lì, ero al liceo”.
“E’ passato in fretta, tutto questo tempo…”.
“Eh sì…” ribatto io, lasciando per la prima volta un minimo di respiro alla conversazione.

Ci sarebbe da meditare, da assaporare questa nuova strana notte, tanti anni dopo quelle, interminabili, assolute, da lui vissute e cantate (“Eppure fa piacere a sera, andarsene per strade ed osterie, vino e malinconie“), ora che un taxi, con me alla guida, lo riporta in via Paolo Fabbri in un orario decisamente più anticipato che “in quei tempi là”; da quando si è ritirato in paese, sull’Appennino tosco-emiliano, ha assunto ormai evidenti ritmi di vita montanari.
Effettivamente sorpreso di ritrovarlo per le strade della città, gli chiedo: “E’ tornato qui a Bologna, sul posto del delitto, non è a Pàvana?”.
“No, no, ci abito, a Pàvana”, mi fa. Come se non lo sapessi.

Poi, ancora un pensiero si fa strada in me:
“Ho saputo del suo concerto in piazza a Modena, a fine giugno; verrò di sicuro a sentirla”.
“Eh, mi ci hanno incastrato”, fa, con un pizzico di civetteria.
“Non è che comincerà il concerto con ‘Piccola città‘ “, gli dico, alludendo evidentemente al testo non esattamente gentile nei confronti di Modena (cioé di quella ‘piccola città, bastardo posto’ dei suoi ‘primi giorni della scuola’, e poi della ‘pubertà infelice’, e poi della ‘sciocca adolescenza’).
“No, no, comunque la canterò”.

Siamo già in via Massarenti, accanto all’area dell’Ospedale Sant’Orsola, e questa volta è lui a prendere la parola; mi chiede notizie su quel tombino da cui esce sempre una nuvola di fumo.
“L’hanno appena aggiustato”, gli spiego.
“Sa mica da cosa dipendeva?”
“Sì,” rispondo con sicurezza, “era una perdita alla condotta del teleriscaldamento per l’Ospedale. Lo sa che su Facebook è nata una pagina, ‘Il tombino fumante di via Massarenti’, con più di quindicimila iscritti, e tutti si sono scatenati nelle teorie più strampalate…”.
“Ah”, risponde un tantino divertito, poi riprende un tema a lui notoriamente caro, quello dell’America: “Sembrava un po’ di stare a New York…”.
Imbocco via della Cesoia, che col suo angolo retto ci immette in via Paolo Fabbri.
Di lì a poco mi indica a che altezza fermarmi; non ce ne sarebbe bisogno, conosco bene quella casa, ricordo anzi che una volta, sempre di notte, due ragazzi meridionali in visita a Bologna mi avevano chiesto di portarli là, quasi in pellegrinaggio votivo.

Non ho particolari tentennamenti, nel chiedergli l’importo dovuto come si trattasse di un qualsiasi cliente.
Mi paga e mi dice di lasciar stare gli spiccioli di resto, poi apre la portiera.
“Posso darle la mano?” gli chiedo.
“Certo”, e me la allunga.
Ci scambiamo una forte stretta, mentre lo saluto dicendogli, con decisione e trasporto:
“Le auguro tante, tante cose belle!”
“Grazie…”; mostra di gradire sul serio, poi si avvia ad aprire il portoncino ed io riparto.

E comincia immediatamente in me un lunghissimo lavorio interiore, il subbuglio dei tanti ripensamenti.
Se volevo davvero colpirlo, avrei potuto citare ‘Le belle domeniche’, quel suo pezzo vecchissimo e rarissimo di cui ho parlato recentemente sul blog.
Oppure il primo titolo della ‘Canzone delle osterie di fuori porta’, che presentò in anteprima all’Osteria delle dame come ‘La canzone della dolce rinuncia’.
O ancora avrei potuto parlargli di quella specie di sua recente biografia in forma di intervista che lessi due estati fa.

Ma soprattutto, concluderò alla fine di tutti i ripensamenti, avrei potuto, dovuto, essere più calmo, più me stesso, e tentare una conversazione non così sbilanciata, ma piuttosto fra due persone vive, che, indipendentemente dal differente passato e dalla differente notorietà, si ritrovano casuali compagni di strada, in una vecchia città un po’ stranita.

In una notte come un’altra del terzo millennio.
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Immagine tratta da: http://www.sambenedettoggi.it/2007/04/23/36390/tango-e-gli-altri-guccini-e-machiavelli-presentano-il-loro-ultimo-libro/

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43 risposte a “Dove ho mancato, dov’è stato?”

  1. lucarinaldoni ha detto:

    Mi hai fatto venire in mente il mio impatto con un altro Grande Emiliano, il ferrarese Arnoldo Foà, che scopro in seguito a rapida verifica su Wikipedia aver compiuto 97 anni proprio ieri.

    L’occasione era stata una rapidissima intervista (con lui c’era anche Edmonda Aldini, di cui ricordo due occhi azzurri come un laghetto alpino e una bellezza, come dire, “non arrogante e non compiaciuta” e quindi ancora più valida) per una radio locale dopo una sua applauditissima lettura leopardiana sul finire degli anni ’70.

    In realtà non ero io che dovevo intervistarlo, visto che non avevo nulla a che fare con quella radio, di cui non ricordo neppure il nome, ma fatto è che il titolare designato si era sciolto come neve al sole di fronte al terrificante carisma di Foà, che promanava più ancora dai silenzi che dalle parole (un po’ più in piccolo, quello che succedeva per Eduardo) ed aveva iniziato ad emettere, come direbbe Villaggio, “fonemi puri”, inducendo il grande attore a fare una sdrammatizzante battutina “Questo qui s’è fulminato, ce ne avete un altro a disposizione?”.

    Uno passa lì quasi per caso, gli viene messo un registratore in mano (credo fosse ancora un Geloso a bobine “aperte”, non un più moderno mangiacassette) con le responsabilizzanti parole “Luca, solo tu ci puoi salvare!”.

    Su cosa ci siamo detti in quei pochi minuti conservo ricordi annebbiati, ricordo solo che riuscii a portare a termine l’intervista abbastanza brillantemente (salvo una discreta gaffe con la bellissima Aldini, alla quale rivolsi mezza domanda alla fine su esplicito invito di Foà, “Se poi il nostro giovane intervistatore si ricorda anche di questa gentile signora…”, che in virtù del mio Super-Io punitivo è l’unica cosa che mi è rimasta impressa in mente e ancor’oggi mi fa avvampare di rossore).

    I cappuccini bevuti al bar Commercio fianco a fianco con Gene Gnocchi invece non mi hanno provocato emozioni particolari, e non riesco a spiegarmene il perché.

    Non so se la tua emozione nell’imbatterti in Guccini sia stata paragonabile alla mia con Foà. Ma soppesati i vari fattori, credo di sì.

    • Franz ha detto:

      Ci sono due motivi rincuoranti, in questo tuo commento: la longevità di un grande attore (di solito si torna a parlare di personaggi così quando ci lasciano), e l’aver rispolverato dal passato la grazia di un’altra attrice di cui non ricordavo quasi più neanche il nome.
      Grazie per il racconto di questa tua lontana esperienza, e grazie anche per aver cercato dal rispostiglio, e rispolverato, un mio vecchio post, cosa che non fa quasi mai nessuno.

      • lucarinaldoni ha detto:

        A ben vedere, questo post segna l’esordio fra i tuoi commentatori di quella leggenda umana che risponde al nome di Milvia Comastri, il che lo rende vieppiù epocale.

        E ora basta con gli amarcòrdi.

        • milvia ha detto:

          “Leggenda umana” non me lo aveva detto mai nessuno, giuro! Mi sento destabilizzata…
          Più che altro mi sento una “leggente”… E umana, sì, certo, appartengo al genere umano, cosa che, a fasi alterne, mi fa sentire molto orgogliosa o molto vergognosa.

      • Franz ha detto:

        E’ vero: la nostra conoscenza e poi amicizia con Milvia, leggenda umana, fra i molti modi in cui poteva avvenire, si è servita proprio di questo post, quasi tre anni fa…

        • milvia ha detto:

          Che bello che Luca abbia riportato alla luce questo post…
          Sono già passati tre anni? Orca palettina, come scorre veloce il tempo!
          Comunque io, verso questa pagina, provo un profondo senso di gratitudine.

        • Franz ha detto:

          Cosa più che mai vera anche per me!

  2. Tonino ha detto:

    L’ho letto tre volte il tuo testo !
    Certo caro Franz, ci son tornato per tre volte sul tuo taxi in giro per bologna.
    E’ questa una città che ho scoperto ,conosciuta, attraversata, circolando a piedi.
    Ci torno tre volte all’anno e, quasi sempre da solo, ci sguazzo dentro, vedendo ,rivedendo,scoprendo.
    Il più delle volte sono in ferie e di tempo ne ho, altre di passaggio per raggiungere impianti , palazzeti dove gioca la squadra di basket della mia cità..
    Ho rivisto nel tuo scritto le luci ,le atmosfere che colgo quando sono in giro.
    Chissà , prima di ritornare ,forse, rileggo il tuo scritto ed è , sarà ,come già esserci con un piede dentro.
    Ciao Franz.

    • Franz ha detto:

      Grazie di cuore, carissimo Tonino.
      Avrai sempre a disposizione il posto davanti sulla ‘Cavallona’, qui nelle sue scorribande virtuali, …ma, perchè no, anche in quelle reali, le prossime volte che capiterai a Bologna e dintorni.

      Ciao !

      • Tonino ha detto:

        Ciao Franz !
        Sono andato a ripescare un mio scritto ”Saluti da Bologna ” ideato dopo una vacanza nel periodo prenatalizio .
        Saluti da Bologna..
        la rossa
        le bionde
        le chiare
        gli occhi orientali
        le delicatessen
        le bici
        le commesse sorridenti
        le..col maxi
        le..con minigonna ascellare
        le..sottozero
        le universitarie
        le ..se mi vedessero i miei
        le czczertamente
        le librerie
        le porte
        le piadine
        le tigelle
        le terga
        le donne di Bologna!

        Questo ho ”scoperto”della tua città.
        E tanto ancora che pian pianino cecherò.
        Ciao Franz !

      • Franz ha detto:

        Carissimo Tonino, lo sguardo verso la sua città di chi ci abita dalla nascita è certamente diverso da chi a quella stessa città si avvicina con curiosità e affetto, come dimostri tu a più riprese.
        Ciononostante, ho sentito in gran parte vero ed appropriato il tuo curioso elenco semi-serio.
        Posso solo aggiungere che forse hai ragione: qualcosa da scoprire, pian pianino, c’è ancora.

        Ciao !!!

  3. Milvia ha detto:

    Beh, mi sono commossa… Il tuo modo di raccontare tralascia emozioni, lo fa in maniera eccellente. Mi sembrava di esserci, su quel (secondo) taxi. E poi… e poi le cose che mi hai riportato alla mente: Francesco, certo, e le sue vecchie canzoni, e poi l’Osteria delle Dame. Ero all’inaugurazione, perchè il Moretto era mio amico, e poi quante sere, passate lì, fino a quando ho cambiato città. Da tre anni ci sono tornata, ma adesso non c’è più l’Osteria delle Dame, e non ci sono più tante altre cose. Ricordo Gigi e Andrea (prima che diventassero divi televisivi) che cantavano delle bellissime canzoni dei Gatti del vicolo Miracoli (anche i Gatti, poi, sono cambiati, e non in meglio), ricordo un bravissimo chitarrista che chiamavamo Segovia. E ricordo Francesco, naturalmente, e le tante serate passate a parlare, quando il locale stava per chiudere ed eravamo rimasti in pochi. Belle atmosfere, davvero.
    Sono capitata qui per caso, e sono felice di esserci arrivata. Ho trovato un concittadino, un buon narratore, ho fatto un salto nel passato. Tempo fa avevo un progetto: scrivere un romanzo su un taxista lettore. Mi aveva colpito vedere un taxista nel posteggio vicino a casa mia che leggeva un libro, e non un giornale, e non aveva la radio accesa su un’emittente privata, come molto spesso mi capitava di vedere o ascoltare. Poi il progetto l’ho abbandonato. Magari ora potrei scrivere un libro su un taxista scrittore…
    Ciao, scusa questo commento lunghissimo.
    Buoni incontri, come questo, che ci hai raccontato.
    Milvia

    • Franz ha detto:

      Cara nuova amica, non vale.
      A quest’ora della notte, dopo la consueta panoramica sui siti amici e anche dopo una risposta scritta e pubblicata ad un commento appena ricevuto sul mio ultimo post, era il momento di spegnere il computer, e non ti trovo questo tuo bellissimo scritto…
      Per adesso ti dico grazie delle belle parole, ma a mente riposata aggiungerò un paio di altre considerazioni e un link che potrebbe interessarti, oltre a mettere il naso nel tuo blog sicuramente meritevole di grande attenzione.

      Ciao !

    • Franz ha detto:

      Eccomi qua, Milvia, mantengo la promessa, cercando comunque di non dilungarmi troppo.
      Innanzi tutto una nota di invidia, per il fatto che tu abbia potuto assaporare in maniera abituale l’atmosfera di quelle notti, a base di vino, buona compagnia e grande estro artistico e musicale.
      Da parte mia riuscii ad andare all’Osteria delle Dame poche volte, e con un effettivo ruolo di spettatore fra i tanti; comunque anche solo questo è un ricordo che non possono vantare in molti (quanto meno a livello nazionale).
      Essendo anch’io come te ‘diversamente giovane’, ho ricordi quasi altrettanto remoti, e quasi altrettanto dolci, di un’altra fucina artistica bolognese: quella del ‘Gran Pavese’, da cui sono usciti tanti nomi noti che non sto ad elencare.

      Sul tempo che passa, nonché sulle osterie citate, scrissi due anni fa un post sul mio blog (allora nella sua prima versione); scusandomi per l’autocelebrazione, era questo il link che volevo segnalarti, anche per una piccola immagine straordinaria in bianco e nero che contiene, e che sicuramente non ti lascerà indifferente. (Clicca qui).

      Ti ringrazio ancora per il tuo caloroso messaggio, e ti saluto con amicizia.
      A presto !

      • Milvia ha detto:

        Ciao, Franz. Sto crollando dal sonno, ho visto la foto, ed è vero, nonostante gli occhi (i miei) quasi chiusi non mi ha lasciato indifferente. Ma ti risponderò più a lungo domani, rileggendo con più attenzione il tuo commento e pure il vecchio post.
        Notte…

        Milvia

        • Milvia ha detto:

          La nota di invidia, Franz, è tutta mia: se non hai frequentato le Dame dall’inizio è perché sei parecchio più giovane di me…
          Quando nacque il Gran Pavese, poi, ero già andata via da Bologna. Sono tornata solo poco meno di quattro anni fa, nella nostra città. Dal Moretto ci andai per l’ultima volta la sera prima di sposarmi, con il futuro marito e un gruppo di amici. Lontana da Bologna, anche se non troppo lontana, le canzoni di Guccini mi hanno sempre fatto venire un nodo alla gola, soprattutto una strofa di Eskimo: “Ricordi fui con te a Santa Lucia, al portico dei Servi per Natale, credevo che Bologna fosse mia.”. Qui arrivavano proprio le lacrime.
          Dopo aver letto il tuo vecchio post, ribadisco con forza ancora maggiore che sei un ottimo narratore. E credo anche un’ottima persona.
          Cercherò il libro che ti regalò quel tuo amico.
          Ciao e buona serata.

          Milvia

        • Franz ha detto:

          Grazie ancora delle tue care parole.
          Una sola aggiunta sul ‘portico dei Servi’: quella frase per me, se non mi ha mai portato alle lacrime, mi ha sempre dato come l’impressione di portare all’attenzione generale i luoghi della mia infanzia, moltissima parte della quale passata dai miei nonni, che abitavano proprio lì, a pochi metri da quel portico.
          Un salutone, e alle prossime reciproche visite telematiche.

  4. Alessandra ha detto:

    Beh direi che è stato decisamente un bell’incontro. Mi piace sempre sentire raccontare storie sulle atmosfere della vecchia Bologna, mi dicono che adesso è profondamente cambiata, ma questa città esercita su di me sempre un grande fascino, dico sempre che mi piacerebbe viverci.

    Ho molte canzoni di Guccini a cui sono legata, ultimamente ho riascoltato Culodritto, il brano dedicato alla figlia, e Don Chisciotte.

    • Franz ha detto:

      Ed io finisco di solito per rifugiarmi su luoghi più o meno comuni, visto che l’immagine che ne ho del passato è falsata dai lunghi anni di trasferte settimanali del mio lavoro precedente.
      Però mi piace, di tanto in tanto, raccontare gli episodi delle mie serate alla guida, clamorosi come questo, o meno, che siano.

      Ciao Alessandra, grazie per la visita !

  5. Nick ha detto:

    Bella storia e anche bel pesce…

    • Franz ha detto:

      Grazie Nick; se alludi alla prima parte del racconto, non capisco se, dal tuo punto di vista, io sia stato vittima o …pescatore, dal momento che sono andato via senza compiere il servizio di trasporto che serviva.

      Comunque, come vittima, mediamente ogni due giorni c’è un nuovo primo aprile. 😕
      Saludos.

  6. lagiraffa ha detto:

    Caro Franz, sei stato te stesso, sinceramente emozionato, e questo mi sembra un segno di “adeguatezza” al caso 😉 a me, forse, non sarebbe uscita fuori nemmeno una parola o, forse, gli avrei detto che, quasi ogni giorno, chissà perchè, mi ritrovo a canticchiare fra me e me “e poi e poi, gente viene qui e ti dice, di saper già ogni legge delle cose, e tutti, sai, vantano un orgoglio cieco, di verità fatte di formule vuote, e tutti, sai, ti san dire come fare, quali leggi rispettare, quali regole osservare, qual è il vero, vero.. e poi e poi, tutti chiusi in tante celle, fanno a chi parla più forte, per non dir che stelle e morte fan paura..” e poi immagino un bikini amaranto. Guccini è un bel rappresentante del genere umano, sotto diversi aspetti, e mi sarebbe piaciuti stringergli la mano ( sono stata ad un suo concerto a Cagliari, molti anni fa, ed è stato veramente coinvolgente). Buona Pasqua 🙂

    • Franz ha detto:

      “Essere sè stessi” è una frase che in realtà può avere diverse connotazioni: forse, scusa l’esempio brutale, a suo modo era sé stessa anche Annamaria Franzoni mentre uccideva suo figlio.
      Che poi, fra le numerose pieghe di quella specie di invasamento di cui sono stato vittima nei pochi minuti di quel tragitto, si potessero scorgere degli aspetti più schietti e più nobili, è un altro discorso; a me, francamente, in linea di massima non sono piaciuto; sono però abbastanza fiero dell’autoanalisi descrittiva che mi sono fatto nel racconto.
      Venendo a te, sono rimasto un tantino sorpreso come sia il tuo, sia il commento precedente, si rifacciano all’ormai remoto album “Radici”, il quarto e, a mio parere, quello che conclude (peraltro splendidamente) solo il primo ciclo artistico del Nostro.
      Alcune fonti dicono poi che il titolo originale del brano che hai citato fosse ‘Canzone della Giraffina portoghese’… 🙄
      Ancora tanti cari auguri a te e a tutto il monte !

  7. solindue ha detto:

    Lo sapevo che il conoglietto pasquale è ancora in grado di portare regali a chi se li merita!
    Guccini un mito … pensa che io faccio palestra con le cuffie negli orecchi che fanno girare ininterrottamente Radici …
    Buone feste di primavera!

  8. Giovanna Amoroso ha detto:

    Uao… Franz!

    Che personaggi sulla tua Cavallona! Dai tuoi racconti si capisce che ami il tuo lavoro… e ciò è una fortuna!

    Auguri di buona Pasqua e un mega bacio!

    Giovanna

    • Franz ha detto:

      Certo, che è una fortuna, che, con la tua nuova attività, credo che anche tu condivida.
      Auguri, e un virtuale uovo di cioccolata pieno di bacioni !

  9. arthur ha detto:

    Devo dire che hai un dono nel racconto.

    Complimenti.

    Ciao e Buona Pasqua!

  10. alanford50 ha detto:

    Ora capisco perché dimostri in ogni occasione quanto ti piace il tuo lavoro, è in grado di regalarti momenti e incontri di questo tipo, veri attimi di magia, incontri impensati con personaggi conosciuti ed amati, per quanto ne so a Bologna sono relativamente facili questo tipo di incontri, è una città che ospita molti artisti, per esempio nel 2004 nell’unica volta che venni nella tua bellissima città incontrai Gianni Morandi che stava passeggiando tranquillamente come un qualsiasi altro essere umano, e il bello che nessuno se lo filava, nessuno si permise di disturbarlo, concedendogli la tranquillità come ad un qualsiasi altro cittadino, in genere vengono subito assaliti da orde barbariche di pseudo fans a caccia di inutili autografi.

    Come sempre, complimenti per il tuo modo di raccontare, approfitto per lasciarti i miei migliori auguri di una serenissima Pasqua.

    Ciaooo neh!

    • Franz ha detto:

      La parola ‘magia’ è davvero appropriata, quando, da un momento all’altro, capitano incontri come questo.
      Posso già vantare una certa collezione di ospiti illustri: chissà chi sarà il prossimo?
      Grazie anche a te per i complimenti, e auguri ricambiati di cuore!

  11. Sara ha detto:

    26 luglio 1989 : concerto di Guccini al Parco della Padula a Carrara
    26 luglio 2009: omaggio a De Andrè di Massimo Bubola all’anfiteatro romano di Luni

    • Franz ha detto:

      Sintetica, ma, mi auguro di cuore, utile a chi potrà approfittarne.

      • Sara ha detto:

        Hai ragione, troppo sintetica! ho riportato due date della mia vita, i 20 anni che separano l’una dall’altra e le due Sare: una poco più che 18enne fresca di esame di maturità e la Sara di adesso, quella che sono. Comunque all’epoca non avevo un piano deciso per la mia vita, se non studiare Filosofia, quindi ho preso tutto il resto che è venuto…
        un bacio. Sara

      • Franz ha detto:

        In effetti sono stato un po’ ‘sintetico’ anch’io, nella lettura, non accorgendomi che erano date passate e pensando fossero segnalazioni attuali.
        Ora tutto è più chiaro, comprese le tue motivazioni passate e presenti.
        Bacio ricambiato, pasquale e floreale.

        • Sara ha detto:

          Auguri di buona Pasqua anche a te.
          Li ho scambiati anche con Davide. Non so se ti ha detto che ci conosciamo. E’una questione piuttosto riservata, però ci terrei che lui te lo spiegasse. un caro saluto.
          Sara

        • Franz ha detto:

          Di solito l’oceano di internet sembra sterminato, ma questa volta le connessioni di Rete che ti hanno portato a conoscere mio fratello (e che spero lui stesso voglia rivelarmi), sono letteralmente sorprendenti !
          Ancora un salutone e auguroni a te.

  12. Silvana ha detto:

    Francesco, Francesco: la capovolta ambiguità di Orione.
    Io che sono venuta su a De Andrè, mi cantavano le sue canzoni per mettermi a dormire come una ninna nanna, potevo lasciarmi sfuggire, ancora in tenera erà, un artista del calibro di Guccini? Giammai!
    L’ho incontrato qualche tempo fa in un ristorante e, complice una sigaretta, ci siamo messi a chiaccherare amabilmente, senza isterie da fan e supponenza da star, come due persone che fanno, per alcuni minuti, un tratto di vita insieme, e si riconoscono in alcune esperienze del passato (abbiamo entrambi una fanciullezza montanara) e in alcune passioni comuni.
    Io sono una che, per rovesciato snobismo ed opposta piaggeria, se incontra un personaggio noto e famoso glissa, guarda altrove, non gli dedica un momento.
    Ma con Francesco non ci sono mai riuscita, forse per la sua scontrosa cordialità, forse per la sua acre semplicità, viene naturale e facile scambiarci due parole.
    Per stupirlo potevi citare una delle sue prime e rare apparizioni televisive, sbarbato e giovane, in una trasmissione di Caterina Caselli che si chiamava “diamoci del tu”.
    Secondo me lo avresti spiazzato.

    Questa è uno dei brani del Guccio che mi piace di più

    Nell’anno ’99 di nostra vita
    io, Francesco Guccini, eterno studente
    perché la materia di studio sarebbe infinita
    e soprattutto perché so di non sapere niente,
    io, chierico vagante, bandito di strada,
    io, non artista, solo piccolo baccelliere,
    perché, per colpa d’altri, vada come vada,
    a volte mi vergogno di fare il mio mestiere,

    io dico addio a tutte le vostre cazzate infinite,
    riflettori e paillettes delle televisioni,
    alle urla scomposte di politicanti professionisti,
    a quelle vostre glorie vuote da coglioni…

    E dico addio al mondo inventato del villaggio globale,
    alle diete per mantenersi in forma smagliante
    a chi parla sempre di un futuro trionfale
    e ad ogni impresa di questo secolo trionfante,
    alle magie di moda delle religioni orientali
    che da noi nascondono soltanto vuoti di pensiero,
    ai personaggi cicaleggianti dei talk-show
    che squittiscono ad ogni ora un nuovo “vero”
    alle futilità pettegole sui calciatori miliardari,
    alle loro modelle senza umanità
    alle sempiterne belle in gara sui calendari,
    a chi dimentica o ignora l’umiltà…

    Io, figlio d’una casalinga e di un impiegato,
    cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna
    che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia,
    io, tirato su a castagne ed ad erba spagna,
    io, sempre un momento fa campagnolo inurbato,
    due soldi d’elementari ed uno d’università,
    ma sempre il pensiero a quel paese mai scordato
    dove ritrovo anche oggi quattro soldi di civiltà…

    Io dico addio a chi si nasconde con protervia dietro a un dito,
    a chi non sceglie, non prende parte, non si sbilancia
    o sceglie a caso per i tiramenti del momento
    curando però sempre di riempirsi la pancia
    e dico addio alle commedie tragiche dei sepolcri imbiancati,
    ai ceroni ed ai parrucchini per signore,
    alle lampade e tinture degli eterni non invecchiati,
    al mondo fatto di ruffiani e di puttane a ore,
    a chi si dichiara di sinistra e democratico
    però è amico di tutti perché non si sa mai,
    e poi anche chi è di destra ha i suoi pregi e gli è simpatico
    ed è anche fondamentalista per evitare guai
    a questo orizzonte di affaristi e d’imbroglioni
    fatto di nebbia, pieno di sembrare,
    ricolmo di nani, ballerine e canzoni,
    di lotterie, l’unica fede il cui sperare…

    Nell’anno ’99 di nostra vita
    io, giullare da niente, ma indignato,
    anch’io qui canto con parola sfinita,
    con un ruggito che diventa belato,
    ma a te dedico queste parole da poco
    che sottendono solo un vizio antico
    sperando però che tu non le prenda come un gioco,
    tu, ipocrita uditore, mio simile…
    mio amico…

    • Franz ha detto:

      Ti ringrazio, cara Silvana: il testo che hai trascritto è bellissimo, e ho potuto apprezzarlo come non avevo fatto in passato, anche perché, come credo di averti già accennato, dopo gli anni ’80 il mio interesse per il nostro cantautore calò parecchio (di pari passo, credo peraltro, con il livello medio, fino allora costantemente straordinario, delle sue produzioni).
      Con il contributo di quel testo ti fai perdonare anche di aver girato il coltello nella piaga della mia, sinceramente non facile, confessione pubblica di debolezza.

  13. Claudio ha detto:

    Bel personaggione Guccini,a Modena è molto amato ed è considerato un concittadino perchè oltre a esserci nato ci ha vissuto fino a vent’anni(periodo molto importante per la vita di un uomo),qui ha tantissimi amici e qui vivevano i suoi genitori.Per questo alcuni giorni fa alla presentazione della sua autobiografia dal titolo “Non so che viso avesse” eravamo in tantissimi a gremire il Forum Monzani.Al concerto di Giugno quindi potrà tranquillamente cantare “Piccola città” e noi,assieme a tanti altri,saremo li ad applaudirlo.Poi magari ti porterò a vedere la sua vecchia casa di via Cucchiari(…cento finestre e un cortile…citando ancora “Piccola città).Ciao,a presto. wordpress stats plugin

    • Franz ha detto:

      Fa molto onore alla tua città aver saputo passare sopra quella specie di invettiva e aver comunque coltivato l’interesse e l’amore per la grandissima produzione artistica, così come per il grandissimo esempio di coerenza e di umanità, del ‘personaggione’.
      E così, a fine giugno, quando andremo insieme ad applaudirlo in Piazza Grande, lo faremo in rappresentanza non di due diverse realtà urbane, ma di un’unica e universale sensibilità.

      Ciao e grazie!

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