Drive-in

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Piazza Maggiore esercita un particolare richiamo, in queste notti di luglio.
Un po’ perché dal posteggio madre di tutti i posteggi, quello situato alla sua confluenza con via Rizzoli, accanto al defunto cinema Arcobaleno, sai che prima o poi sarà facile caricare qualche nuovo passeggero, e un po’, inutile nasconderlo, perchè il suo fascino, antico e moderno, tende a lasciarti catturare piuttosto volentieri.

Per tutto il mese, nel quadrato centrale della piazza, un gigantesco schermo innalzato sul lato del Palazzo dei Banchi, cioè del cosiddetto portico del Pavaglione, dopo le dieci viene illuminato dalle nitidissime sequenze di importanti film, restaurati dal laboratorio della Cineteca cittadina, un centro di eccellenza mondiale nel ramo.
La rassegna, quest’anno, è in gran parte dedicata alle opere di Federico Fellini.

La basilica di San Petronio e i palazzi medievali fanno da cornice a questa straordinaria platea, permettendo anche un buon isolamento luminoso; in particolare il palazzo Re Enzo e quello del Podestà impediscono, dal nostro posteggio normalmente illuminato, la visuale sulla buia platea e sullo schermo.
Ma ci sono dei momenti in cui la scarsità nell’afflusso dei clienti mi concede la possibilità di percorrere a piedi, di buon passo, quel centinaio di metri che mi separa dal fantastico cinema, lasciando la Cavalla in compagnia degli altri quadrupedi suoi colleghi, oziosi, e dei bipedi miei colleghi, ancor più oziosi.

Qualche sera fa, nell’effettuare una di queste piccole fughe, ho avuto una bella sorpresa. Era in programma ‘La strada’, il film che diede la prima notorietà mondiale al regista romagnolo, e, come sempre, un presentatore stava annunciando l’ospite chiamato ad intrattenere il pubblico con una breve prefazione alla proiezione del film. Ho gioito e applaudito anch’io, convintamente, al nome dell’invitato: Vinicio Capossela, mia recente scoperta nel mondo dei più grandi ed ispirati cantautori.
E mi sono lasciato affabulare dal suo eloquio appena sussurrato, eppure pieno di significati e suggestioni, fino alla fine del suo intervento, che ho salutato, insieme al pubblico, con un altro convintissimo applauso.
Poi, sui titoli di testa, nella cornice in bianco e nero quasi quadrata del film, accompagnata dalla famosissima musica di Nino Rota, ho dovuto a malincuore lasciare quella meraviglia di cinema e di spettacolo. Ancor più a malincuore perchè, nonostante il mio antico amore per Fellini, non ho mai visto quel suo primo capolavoro.

Qualche sera dopo, catturato ancora una volta dall’attrazione gravitazionale del posteggio in piazza, ho capito dalle note, trasportate da quel po’ di brezza notturna, quale fosse il film in programma. Musica inconfondibile, sempre di Nino Rota, per un altro famosissimo e dolcissimo capolavoro: ‘Amarcord’ (questo sì, visto in passato almeno tre volte); ho evitato, questa volta, la piccola fuga, senza sapere quale incredibile premio mi stesse aspettando di lì a non molto.

Una chiamata via radio mi fa abbandonare la piazza e riprendere la strada.
E’ uno strano trio di uomini, due grandi ed un bambino, a prendere posto sui sedili posteriori.
Il padrone di casa mi indica, parlando un italiano corrente, l’albergo a cui sono diretti, ma mi chiede, prima, se ci sono farmacie aperte; come in frequenti casi simili, spiego che c’è una sola farmacia sicuramente aperta tutta notte, ed è quella situata proprio in Piazza Maggiore, sotto l’orologio (cioè dalla parte opposta allo schermo gigante).
Mentre mi dirigo nuovamente verso la piazza, dunque, assisto a una strana conversazione fra i tre, un po’ in inglese un po’ in francese, cercando a fatica di capire la rispettiva madrelingua di ciascuno, e il perchè di tale strana miscela.
In vista di quella propaggine di Piazza Maggiore intitolata Piazza del Nettuno (dalla magnifica fontana del Giambologna), eseguo la domanda di rito: “Per andare proprio davanti alla farmacia bisogna fare un giro molto tortuoso; preferite che mi fermi qui alle colonnine?”.
Di solito dicono di sì, e percorrono a piedi quelle poche decine di metri; questa volta, invece, mi chiedono di avvicinarmi il più possibile: “Sa, il bambino non sta bene…”.

“Il più possibile”, in una serata di cinema, preso dall’abitudine non ci avevo pensato, significa l’imbocco della piazza alla confluenza con via D’Azeglio e via IV Novembre, dove un gentilissimo giovane addetto ai lavori mi fa segno di fermarmi e mi chiede di spegnere i fari.
Indico l’entrata dalla farmacia ai tre passeggeri, che escono tutti, lasciandomi così in una delle più straordinarie situazioni vissute nella mia carriera.

Cinque centesimi ogni sette secondi circa, è la tariffa scandita dal tassametro da fermo.
Ecco, penso, in questi minuti verrò remunerato, pagato io, quando probabilmente c’è chi darebbe chissà quanto per essere al mio posto.
Da lì, infatti, appena dietro le ultime file del pubblico, la visuale sullo schermo è perfetta, e l’acustica pure.
Ammiro ancora una volta le sequenze del bellissimo film, quelle girate fra ammuffite e grigiastre pareti della scuola, i ragazzi sbeffeggianti e i mostruosi professori; e poi la Gradisca, la Volpina, il baffuto personaggio ‘voce narrante’, ed altri interpreti di quella fantasmagoria da sogno.


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Mi trovo nel più esclusivo dei ‘drive-in’, a bordo della Cavallona, silenziosa e orgogliosa di avermi condotto fin qui, e ogni tanto faccio finta di guardarmi intorno, per non sembrare agli immancabili curiosi di essermi messo lì apposta; come sempre succede, i tempi del servizio, da parte della più frequentata farmacia notturna della città, sono piuttosto lunghi.

Ogni sogno, piccolo o grande, ha tuttavia una fine: ecco il terzetto plurilingue di ritorno.
Il ragazzo dell’organizzazione si alza dalla sua seggiolina e, gesticolando, mi aiuta a fare manovra, con le sole luci di posizione accese e il motore a basso regime.
Mi allontano forzatamente da quella imprevedibile situazione, per accompagnare al loro albergo i miei tre ospiti, e per dirigere la Cavalla e la mia vita verso nuove, incredibili avventure, che di certo non si faranno aspettare.
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Immagine iniziale da: http://blog.oregonlive.com/madaboutmovies/2008/07/drivein_season.html

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16 risposte a Drive-in

  1. Giovanna Amoroso ha detto:

    Dal tuo racconto mi sembrava di esserci anch’io in piazza a sognare…

    Baci!
    Giovanna

  2. Misss ha detto:

    Eh caro mio, non si può mica avere la botte piena e la moglie ubriaca no?
    Ciao MissNonCinemaNonMiRicordoQuandoCiSonoAndata….

    • Franz ha detto:

      E vabbé Miss, non volevo mica lamentarmi!

      Comunque, da singolo (…’felicemente recuperato’ 😉 ), e impossibilitato a bere in orario di servizio, non ho problemi né di botti né di mogli…

  3. Tonino ha detto:

    Ricevo una telefonata :
    Pronto sono io !
    Ciao , rispondo.
    Mi trovo in libreria, attendo che Paolo Crepet parli del suo libro.
    Interessante……
    Succede tutto ,intorno a quella piazza.

    • Franz ha detto:

      E’ strano constatare le risonanze vagamente mitizzate di una piazza che, per quanto bella e nobile, rimane per me un familiare luogo di lavoro, oltre che di vita vissuta.
      Dopo gli ormai antichi e classici versi cantati da Claudio Lolli (‘Ho visto anche zingari felici’), ora poi ci ha pensato Samuele Bersani a rinverdirne il mito, con la sua ultima, recentissima bella canzone (vedi qui)

  4. Riri52 ha detto:

    Metti il segnale occupato o la luce rossa, parcheggi la Cavallona vicino alla farmacia e ti guardi il film! No, eh!, troppo facile! Se ne parlava ieri sera della trasognata atmosfera del film, della nebbia e della Gradisca. Un film geniale. Ciao Riri52

    • Franz ha detto:

      Delle due, cara Riri, sarebbe stato meglio per me seguire il tuo consiglio nella prima occasione, cioè durante la proiezione de ‘La strada’, dato che non l’ho mai visto.
      Comunque, anche se il mio preferito è ‘Otto e mezzo’, è vero: ‘Amarcord’ è un film in cui la genialità si stempera e si realizza nella grande dolcezza, spesso trasognata, spesso divertita, del ricordo.

      Ciao !

  5. amanda ha detto:

    ma le favole hanno sempre un inizio “c’era una volta” ed una fine, anche se quella è aperta e nebulosa “… e vissero tutti felici e contenti”.
    Uno può immaginare quello che vuole.
    E poi come si cantava nella mia infanzia” a mille ce n’è nel mio cuore di fiabe da narrar…..”

    • Franz ha detto:

      E’ bello che tu abbia trovato le atmosfere della favola nel mio racconto, che tuttavia, lo giuro, questa volta è del tutto sincero!

      Senza difficoltà ho ricordato il motivetto delle ‘Fiabe sonore’ che accompagnava i versi che hai citato, anche se all’epoca ero già grandicello.

  6. Milvia ha detto:

    Il cinema è già di per sè una magia, e magico è Fellini. Magica la Piazza, e i palazzi attorno, in queste sere/notti sotto le stelle del firmamento e del cinema.
    E tu, magicamente, hai raccontato.
    Milvia

  7. Tonino ha detto:

    La descrizione, pulita ,scorrevole ,lenta del percorso intorno alla famosa piazza,l’ho immaginata come percorsa da una invisibile telecamera che d’alto segue lo scalpitio.Mi sono immaginato l’operatore di questa macchina da ripresa.

    • Franz ha detto:

      Cercavo giusto giusto un regista un po’ sognatore e un po’ felliniano (genere “La voce della luna”, per collegarmi al tuo ultimo post…) per realizzare la Trilogia della Cavalla.

      Saluti, e nitriti, cari.

  8. Sara ha detto:

    Di sicuro il tuo è un lavoro che riserva molte sorprese, molte situazioni interessanti, però ci vuole il cuore per saperle cogliere, senso di disponibilità verso il prossimo, vero la vita…e tu li hai!wordpress stats plugin

    • Franz ha detto:

      E in effetti serve spesso, come in altri mestieri, anche molta pazienza, e, cosa insolita invece in altri mestieri, la disponibilità a trovarsi coinvolto da un momento all’altro in vicende strane, anche quando magari vorresti semplicemente sbarcare il lunario. Ottimo per mantenersi vivi…

      Ciao Sara, grazie per il commento e il complimento !

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