Arpa d’or dei fatidici vati

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E’ un appuntamento ormai rituale per me, il ‘Concertone’; una pietra miliare sul particolare cammino emozionale di ogni nuovo anno di vita.
In anni recenti, più di una volta andai anch’io a Roma, in Piazza S.Giovanni, a confondermi, a dispetto della mia età ben più avanzata, con quelle centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze.
Già da un paio d’anni, pur reprimendo il richiamo a tornare fisicamente in quel luogo, seguo l’evento in diretta televisiva, col vantaggio di evitare gli stress fisici della calca, e di godermi i primi piani dei protagonisti, senza per questo rinunciare all’emozione della risposta corale del pubblico, che è parte integrante della festa e che anche lo schermo televisivo riesce a trasmettere in tutta la sua intensa forza.

Un giorno di ferie, per me, in dichiarata controtendenza; la luce di una quieta giornata di sole entra ed invade dolcemente la casa.
Ho già seguito l’anteprima in diretta da quel palcoscenico, dalle due e mezza, mentre completavo un po’ di operazioni casalinghe e poi mettevo a bollire una pentola d’acqua.
Il riso è pronto poco prima delle quattro; ho appena cominciato a mangiarlo, in cucina, quando sento, dalla tv in soggiorno ad alto volume, la voce di uno dei miei eroi musicali degli anni ’70, Eugenio Finardi, dare inizio ufficialmente al grande festival di un solo giorno.
E quando intona l’Inno di Mameli, dapprima in versione intimista-cantautorale, che virerà al rock elettrico, e infine all’inno corale, lascio il riso a raffreddarsi nel piatto e vado a farmi catturare da quelle prime grandi emozioni teletrasmesse.

Le ho ritrovate poco fa.  Come l’anno scorso, con un autentico prodigio tecnologico, la RAI rende disponibile (spero abbastanza a lungo per le prossime settimane), l’intera registrazione di tutte le quasi otto ore di concerto, e bastano una quindicina di secondi, oltre all’inevitabile messaggio pubblicitario, per averla pronta, con l’aggiunta di un indice (intitolato ‘Highlights’) che permette di posizionarsi immediatamente sui brani preferiti.
Segnalo qui il sito
, nella speranza che qualcuno abbia tempo e voglia di rivivere, ovvero di percepire per la prima volta, qualche momento della grandissima giornata di musica, spettacolo, socialità e politica.
Da parte mia mi limiterò forzatamente a segnalare le pagine che mi sono sembrate più significative, tralasciandone molte altre di un’edizione che ho ben presto catalogato fra le migliori degli ultimi anni.

Al termine di… ‘Fratelli rock d’Italia’, entra sul palco il conduttore, Neri Marcorè.
La sua presenza si è rivelata, come mi aspettavo, di altissimo livello: l’intelligenza, lo spirito, la serenità, il senso della misura, e i ripetuti segni di partecipazione, con la parola, la lettura, le imitazioni, il suono della chitarra, il canto.
Per la prima volta, forse, non ha fatto rimpiangere le conduzioni ormai storiche di Claudio Bisio, superiori a Marcorè solo in calore comunicativo.

In duo con Luca Barbarossa che, dopo la sua esibizione, si cala nei panni di Romina, si cimenta in un’imitazione di Al Bano, anzi di ‘Al Fano’, nella satirica versione di ‘Felicità’, anzi ‘L’impunità’, dal testo di un antiberlusconismo d.o.c., tanto che, alla fine, la tv di stato non può censurare il chiarissimo messaggio ritmato all’unisono dalla folla:
“Ber-lu-sco-ni pez-zo-di mer-da!”.
Subito dopo, sempre spalleggiato da Barbarossa, Marcorè si esibisce in una spassosa imitazione di Antonio Di Pietro, che fa da introduzione all’ingresso di uno dei gruppi più amati e rappresentativi: i  Modena City Ramblers, che esordiscono con ‘I cento passi’, dedicata a Peppino Impastato.
Sono travolgenti, con quel loro caratteristico e in teoria immotivato sound di tradizione irlandese; il pubblico gradisce e salta, gioisce, applaude, balla, e l’emozione di tanta partecipazione giovanile sul tema della lotta alla mafia commuove ed emoziona attraverso il video.
La stessa partecipazione, ma ancora di più, poco dopo, sulle note di ‘Bella ciao’, l’immancabile inno partigiano che è un po’ la sigla, negli anni, dell’intero Concertone.

Più tardi (ore 17:34 nell’indice del filmato), il conduttore si intrufola, alla chitarra, nel gruppo che accompagna un anziano Edoardo De Angelis in alcune sue delicate canzoni di grande poesia, una rivelazione per me che non le conoscevo, non contaminata dall’evidente distrazione del pubblico che riprende fiato.

La parte serale del concerto è annunciata da uno splendido classico di Fabrizio De Andrè, ‘Dolcenera’, eseguito da Neri Marcorè con Fausto Mesolella e l’orchestra sinfonica e coro romani che sosterranno poi numerose altre esibizioni e accompagnamenti. Il brano, che fu ispirato ad un’alluvione di Genova, è dedicato alla recente tragedia in Giappone.

Poco prima delle nove (20:50 nell’indice) sale sul palco uno degli ospiti d’onore, Ennio Morricone, che dirige l’orchestra nella prima esecuzione assoluta di una sua composizione che rielabora motivi famosi del nostro Risorgimento. Sarà anche musica raffinata, ma per me è la prima vera delusione della giornata, lunga, elegiaca, noiosa.

Ci pensa, subito dopo, a ridare all’evento nuove intense vibrazioni, un Gino Paoli, tanto scontroso ed antipatico nel dialogo in un momento successivo, quanto sensibile ora nell’esecuzione del ‘Va’ pensiero’, accompagnato da orchestra e coro.

Quattro attori leggono poi (21:18) una curiosa miscela di frasi ironiche dedicate all’Italia dai più diversi autori, che termina in un esaltante crescendo di impegno civile, tanto da generare, fuori programma, una riesecuzione, spontaneamente intonata dal pubblico, di Bella Ciao.
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Ed è subito dopo, il piatto forte dell’intera giornata, cioè quel genio della fluente parola scandita a ritmo, della comunicazione musicale e del palcoscenico che si fa chiamare Caparezza, e che è da qualche anno ormai l’artista (raro caso in cui utilizzo,  con cognizione di causa, questo appellativo) più amato dal popolo del Concertone.
Esordisce, nei panni di Girolamo Savonarola, con ‘Non siete Stato voi’, un suo recente brano che è un intensissimo urlo di sdegno contro il governo berlusconiano, di una bellezza vibrante.
Ma tutti i venti minuti della sua esibizione sono straordinari, e alla fine sarà costretto a ripresentarsi sul palco, acclamato da mezzo milione di voci: “Capa-rezza-uno-di noi!” e a scusarsi umilmente di non potere fare dei bis.
Marcorè lo congeda ringraziandolo, giustamente, “per averci onorato della sua presenza”.

Molto più tempo viene concesso agli altri ospiti d’onore della serata, il duo Dalla-De Gregori.
E qui è l’altra nota triste dell’evento.
Arrangiamenti anche accurati, ma nessun brano nuovo o davvero rielaborato (a differenza di Finardi, ma anche di Edoardo Bennato, che nel pomeriggio aveva presentato una sua canzone nuova, ‘Italiani’, e dello stesso Paoli).
I due cantautori, grandissimi protagonisti negli anni settanta e ottanta, sembrano riemersi da quei tempi là, e danno l’impressione di non essere in grado di adeguarsi al rapido scorrere del tempo e degli eventi; Lucio Dalla, anzi, sembra un vecchietto, e sbaglia diverse intonazioni ed attacchi.
L’anno scorso lo stesso spazio era stato dato a Vinicio Capossela, e il ricordo di quella travolgente esibizione, quasi circense, è abissalmente distante da quella di due spaesati e straniti cantori.

A mezzanotte spengo la tv, ormai abbondantemente saturo di immagini, di musica, di emozioni diverse.
Si saprà, di lì a poco, che tutti i protagonisti sono stati costretti a firmare un impegno a non diffondere messaggi di campagna referendaria. Un altro segno della fottuta paura di quei signori sul ponte di comando.
Un video raccoglie, per converso, l’appello registrato da alcuni di quei protagonisti: Daniele Silvestri, Eugenio Finardi, Giuliano Palma, Subsonica, Ennio Morricone e Gino Paoli (vedi qui).

Primo maggio.
Un’intera generazione di musicisti e personaggi del palcoscenico, ma, quel che più conta, di giovani, sta costruendo un futuro possibile, più degno, vero, e gioioso.
Schieriamoci con loro.
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Informazioni su Franz

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22 risposte a Arpa d’or dei fatidici vati

  1. Sara ha detto:

    La mattina del 1 maggio ho lavorato, lo sai che mi tocca! poi quando sono arrivata a casa ho trovato nell’aia sotto la pergola, la tavola apparecchiata, gli amici intorno, il marito cuciniere…e insomma ho lasciato spenta la tv. Ma sono andata di corsa a vedersi l’inno cantato da Finardi, su tua segnalazione. A parte che adoro Finardi fin da quando ero ragazzina…

    • Franz ha detto:

      Mi fa piacere averti dato questa possibilità; e, a dir la verità, nel citare Finardi ho pensato un po’ anche a te, ricordandomi che, abbastanza sorprendentemente per la tua età molto più giovane della mia, ne sei una storica ammiratrice.

  2. lagiraffa ha detto:

    D’accordo con te, è difficile stabilire i parametri, si tratta di riforme che vanno studiate con serenità ma con l’attuale governo tutto è possibile tranne che ragionare serenamente 😦

    • Franz ha detto:

      Proprio così, e inoltre diffonde e propaganda i peggio dis-valori… 😦
      Ciao cara Giraffa, ora mi preparo e vado in Piazza Maggiore a trovare zio Beppe Grillo. 😀

  3. Luca ha detto:

    Il concertone del Primo Maggio quest’anno me lo sono perso a livello di diretta (anche se si può dire che poi l’ho globalmente assaggiato su Youtube) a causa della scelta radicale di rinunciare alla TV. Scelta non irreversibile, ma per ora allegramente perdurante.

    Negli anni passati, è sempre stato uno dei pochi momenti in cui, comunque, la TV valeva la pena di lasciarla accesa. E intorno a quei pomeriggi festivi si coagulano immagini ed emozioni indimenticabili.

    Quasi sempre l’artista a cui viene dedicato maggior spazio non è necessariamente l’evento più memorabile del concertone: l’attempata coppia Dalla-De Gregori purtroppo non ha fatto quell’eccezione di cui invece Capossela (col suo genialissimo delirio musicale) era stato artefice. E mi dispiace soprattutto per Dalla che, se ricordi, avevo inserito nella policroma Bologna politico-cultural musicale di fine ’70 con una citazione della sua bellissima “Il cucciolo Alfredo” (i suoi magistrali inimitabili testi da apprendista paroliere dopo aver divorziato da Roberto Roversi, e le sue spericolate armonie da jazzista pentito). De Gregori sono trent’anni che sembra sempre lì per caso con l’incoercibile desiderio di essere altrove.

    Lucio no. Lui ci mette ancora il cuore e l’anima, ma il corpo e forse anche la mente sono quelli di uno che ha dichiarato al mondo intero la sua ormai remota data di nascita.

    Caparezza. Per un attimo ho avuto voglia di fare come Celentano e concludere questo commento dopo il punto, perchè ogni parola sarebbe inadeguata. Un artista che ha scelto di usare gli stilemi rap decomponendoli e ricostruendoli come Stanley Kubrick faceva con i generi cinematografici (2001 era fantascienza ma non era fantascienza; Shining era horror ma non era horror; Full Metal Jacket era un film sul Vietnam ma non era un film sul Vietnam). Incompreso ed espropriato col suo primo hit “Fuori dal tunnel” ridotto a musichetta da cellulare, sempre a rischio di essere considerato più un fenomeno di costume che un fenomeno artistico, perfino recentemente bollato come eversore dal ministro Rotondi (e per “Goodbye malinconia” che in confronto a “Non siete Stato, voi!” è una canzoncina di Cristina d’Avena), con pugliese testardaggine si sta costruendo una carriera col botto. Di lui ricordo, mi sembra nel 2005, quando il concertone andò in differita di un quarto d’ora per poter tagliare le parti scomode, il gesto con cui indicò al censore televisivo “Ecco, strnz, qui puoi tagliare”. Se lo ricordo, significa che il censore stesso si era messo vergogna.

    • Franz ha detto:

      Ciao carissimo Luca.
      Avrei fatto bene a segnalarti prima, ma può ancora esserti utile,
      questo sito, per seguire i programmi RAI in diretta sul computer.

      Per questa volta, sono molto più vicino all’amica Giraffa che a te nelle propensioni musicali, circa il dualismo Dalla-De Gregori; certo, quest’ultimo è sempre stato meno ‘pop’, spesso un po’ intellettuale, ma il livello complessivo delle sue produzioni mi sembra molto al di sopra rispetto al mio concittadino Lucio; di cui, diversamente da te, ritengo poi le produzioni migliori proprio i quattro dischi che fece sui testi di Roberto Roversi; da ‘apprendista paroliere’, come lo definisci, è stato molto discontinuo, ed ha fatto troppe incursioni in una volgarità a mio parere inaccettabile.

      Caparezza. Lui davvero mette d’accordo tutti, popolo ed intellettuali. Fortuna che i mostricciattoli di governo sono troppo impegnati nei loro traffici meschini per accorgersi della potenza di certi suoi brani.
      Molto bella e vera la tua analisi del processo di destrutturazione e ricomposizione di un genere, tipico dei grandi artisti; alla tua lista vorrei aggiungere Federico Fellini rispetto al neo-realismo; ma penso che l’elenco potrebbe essere molto lungo, anche ad esempio nelle arti figurative, o nella musica classica, e in ogni altro campo dell’espressività.

      Un’ultima segnalazione, Capossela e Caparezza saranno i protagonisti delle due ultime serate dell’edizione 2011 del Caterraduno, quella settimana di autentica grazia, di lussureggiante oasi nel deserto di questo nostro presente, che si tiene a Senigallia a cavallo fra giugno e luglio.

  4. MissFiccanaso ha detto:

    Lo so che non sono cavoli miei, ma alle quattro del pomeriggio già mangi? Riso per giunta? Subito ho pensato: evidentemente poi va a lavorare – ma no sei in festa giusto? – poi scrivi che a mezzanotte spegni la tv, ma non potevi cenare alle 20,00 tipo? Come suol dirsi “ma mangi come le galline” eh eh eh eh eh eh eh eh eh eh eh eh ma poi come era il riso? Bollito solo? Se tu avessi meno fretta, potresti fare un bel brodino vegetale, poi magari fare il risotto con gli asparagi, o con i carciofi, o con quello che ti garba o no?
    Sono stanca si nota? Infatti sono più rompi del solito eh eh eh eh eh
    notte.

    • Franz ha detto:

      Si vede proprio che sei stanca, Miss, e meno male che la tua abbondante dose di ‘eh’ mi impedisce di arrabbiarmi.
      Sei la mia più vecchia amica di blog, siamo nati quasi insieme su Leonardo, e non conosci ancora i miei ritmi di vita…
      Insomma, quel riso pomeridiano non era la cena in stile galline o ospedaliero, ma la mia prima colazione!
      Come era cucinato, poi, è una meravigliosa originalissima ricetta su cui mantengo un rigoroso riserbo.
      Eh eh eh eh eh eh eh eh eh eh eh!

  5. lagiraffa ha detto:

    P.S. riguardo a Bella Ciao, a me l’hanno insegnata alle scuole elementari, e ogni volta immaginavo il fiore che faceva ombra al partigiano, immaginavo un fiore dallo stelo lungo e dai fiori viola, chissà poi perchè, e mi emozionavo. Forse è per questo che ancora oggi, ogni volta che la sento mi emoziona..

    • Franz ha detto:

      La cantavo in coro nelle gite scolastiche delle scuole medie, e, ad essere sinceri, allora non l’amavo troppo; forse non ne sapevo apprezzare, come invece è stato per te fin da bambina, la disarmante semplicità popolare del testo.
      Ho inoltre la netta impressione, ripensando al passato, che la sua funzione di inno-bandiera, così forte e prorompente, sia andata maturando in seguito, con il passare degli anni.

      • giraffa ha detto:

        comunque, nessuna maestra e nessun insegnante ci ha mai spiegato il senso di quella canzone, e chi erano i partigiani me l’hanno spiegato a casa, così come non ci hanno mai insegnato l’inno nazionale, più importante di bella ciao, la scuola pubblica ha qualche problema con la memoria storica e non ha di certo contribuito a formare gli “italiani”. Ma evito di lanciarmi in un discorso troppo lungo sulle mancanze della nostra scuola in questo campo, rischio pure di andare fuori tema, o fuori post 😉

      • Franz ha detto:

        La mia esperienza, ormai lontana, è più positiva della tua, soprattutto negli ultimi tre anni delle elementari (ed ancor più alle medie).
        Credo che la possibilità di imbattersi in insegnanti scarsi, negativi, o al contrario validi, a volte eccelsi, sia come una lotteria. E credo che questo sia vero ancora oggi, nonostante un ministro che depenna dalla storia Charles Darwin e che, in accordo con il capoclown, ritiene bolscevichi gran parte dei testi di quella materia.

        • lagiraffa ha detto:

          Non definirei le mie insegnanti scarse ma non eccelse e senza passione per quel che facevano, naturalmente questo non giustifica le riforme della scuola che si sono succedute negli anni, compresa quella gelminiana, però una verifica del rendimento e della preparazione degli insegnanti dovrebbe essere cosa saggia.

        • Franz ha detto:

          Questione di termini, ma come non definire scarsi degli insegnanti senza passione?
          Sì, molto giusta, la necessità delle verifiche a cui fai cenno; altrettanto difficile stabilire metri universali di giudizio, non ti sembra?

  6. lagiraffa ha detto:

    Anche per me il concerto del 1 maggio è un appuntamento fisso, magari non riesco a seguirlo tutto dall’inizio alla fine, però mi piace, è vitale, gioioso e coinvolge i giovani, troppo spesso abbandonati e giudicati senza essere ascoltati. Quest’anno, appena ho visto salire sul palco il duo Dalla – De Gregori, ahimè, ho spento, e dire che ho amato tanto De Gregori e lo considero ancora oggi un cantante poeta che ha creato dei piccoli capolavori della nostra musica (per carità, pure Dalla, ma De Gregori per me è un’altra storia), però il duo proprio non lo reggo, lo trovo noiosissimo, perciò ho preferito prevenire lo sbadiglio e click, ho spento tutto 😀 ciao Franz

    • Franz ha detto:

      La grande saggezza di quadrupede dal lungo collo, cioè un distillato di istinto ed intelligenza, ti ha evitato sbadigli, ma anche un bel po’ di amarezza e di insofferenza.
      Anch’io come te, cara amica, considerai a lungo De Gregori uno dei più grandi in assoluto, ma purtroppo da molti anni la sua genialità è solo un ricordo, ed ora è molto triste vederlo esibirsi nelle sole riesecuzioni, proprio come Bobby Solo, Massimo Ranieri, Michele, e via discorrendo.

      Ciao! 😉

  7. duhangst ha detto:

    E’ stato bellissimo quando è stata intonata spontaneamente “O bella Ciao”.

    • Franz ha detto:

      In contrasto con il pubblico pilotato di tante squallide trasmissioni, quella folla viva e pulsante è davvero uno degli ingredienti più belli del Concertone.

  8. Riri52 ha detto:

    A parte Morricone, che ho gradito, per resto del concerto ho vissuto emozioni simili alle tue. Caparezza poi mi è sembrato geniale. E per un’altra volta, dopo le serate di Fazio e Saviano, ho pensato che c’è mezza Italia che si riconosce in questo concerto e nelle parole cantate, mormorate, sussurrate, urlate: Bello bello. Ciao Riri52

    • Franz ha detto:

      Difficile, impossibile, stabilire se è mezza Italia, molto meno, o molto più; quello che si avverte è che sta crescendo, con la forza della verità calpestata troppo a lungo, e che la sua mancanza di rappresentatività a livello governativo e politico si fa sempre più clamorosa.
      Speriamo davvero di risalire presto dalla voragine nazionale, così potremo finalmente occuparci meglio di quella mondiale…

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