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Non è agevole, scrivere queste pagine tramite il mio piccolo tablet; ma ha un vantaggio sicuro: lo si può fare stando sdraiati, e in questa stanza mansardata e fresca, in località Cabriolo di Fidenza, dopo la tappa più lunga (almeno sulla carta) nel mio piano di viaggio, la cosa si fa alquanto apprezzare.
Ventisette chilometri e trecento, poi diventati ventotto per essere riuscito nell’impresa impossibile: perdere la traccia, continuamente segnalata lungo il percorso, e controllabile in ogni istante sulla mappa satellitare.
Sapevo di dovermi alzare molto presto e ci sono riuscito prima delle quattro, quando era ancora notte.
Dopo la colazione, foto-ricordo all’interno dell’Agriturismo Terzola 3.0…
e poi all’esterno,
…dopo averne varcato il portone alle ore cinque e sei minuti, decisamente un orario per me da primato, ma soprattutto con l’ennesima conferma del ridottissimo bisogno di sonno, necessario a sentirsi mentalmente e fisicamente pronti per un’altra giornata.
La leggera felpa che ho indossato sopra la maglietta non è di troppo: l’aria è piuttosto fresca.
M’incammino con il grande entusiasmo di poter vivere così quest’alba di fine giugno.
Purtroppo non durerà molto: il sorgere del sole,
infatti, mi vedrà afflitto da un problema inaspettato: a un controllo dettato da un qualche irrazionale presentimento, l’astuccio degli occhiali contiene solo quelli da vista e a quest’ora, a parte l’aggravio di percorrenza, sarebbe impossibile rientrare per cercare quelli da sole mancanti all’appello.
Sono lenti graduate e perciò fondamentali per guidare l’automobile nelle giornate di pieno sole; ma mi mancheranno molto anche in questi giorni, di cammino inondato di luce solare.
Non devo avere con essi un buon rapporto: già una volta li smarrii, lo scorso agosto nelle Dolomiti, ed ebbi tuttavia la fortuna che qualcuno me li facesse ritrovare.
Decido di scrivere un sms di buongiorno a Maria Paola, chiedendole il piacere di verificare nella mia camera: è strano pensare che lo leggerà presumibilmente fra qualche ora.
Cerco di domare il tarlo della perdita e, nello stesso tempo, d’immaginare possibili soluzioni, mentre ripercorro, questa volta a piedi, la strada per il centro abitato di Fiorenzuola d’Arda.
Che mi accoglie così:
La luce del primo mattino, poco più tardi nell’uscire dalla cittadina, illumina un solitario mattiniero passeggiatore di questa domenica.
Il tragitto di oggi è come un arco, che ha appena superato la via Emilia qui a Fiorenzuola per svolgersi, questa volta, a Nord di essa, entrando in provincia di Parma e lambendo Busseto, la terra natale di Giuseppe Verdi, prima di riconvergere e tagliare poi nuovamente la statale poco prima di Fidenza.
Ben presto mi tolgo la felpa, ma l’aria è comunque fresca: bisogna sfruttarla, per guadagnare terreno e minimizzare così le ore calde che mi aspetteranno, implacabili, nella seconda metà del lungo e faticoso percorso.
Il primo paese che incontro è Chiaravalle della Colomba, da dove un cartello invita a visitare la vicina Abbazia Cistercense del dodicesimo secolo.
Ha una disposizione strana, questo borgo: tutto è come circondato da ampi e comodi spazi, che donano un senso di tranquillità.
Anche l’Autostrada del Sole, che corre parallela a Nord della via Emilia, è destinata oggi a essere valicata due volte. Sono già le sette quando ciò succede la prima volta.
L’orario, intanto, si è fatto buono per i primi ciclisti della domenica.
Cerco a più riprese (in verità senza troppa soddisfazione), di rendere nell’immagine la potenza del getto d’acqua, alimentato dal vicino automezzo.
Di lì a poco, un cartello annuncia l’inizio del territorio provinciale di Parma, nel comune verdiano di Busseto.
Nella frazione di San Giorgio, però, non vedo monumenti al nostro glorioso musicista, ma piuttosto questa fattispecie di statua che inneggia al Primo Maggio, tardivamente sì, ma munita di regolare mascherina…
Poi è di nuovo campagna, col sole che già picchia forte (e sono solo le sette e tre quarti), mentre la fatica della terza ora di cammino ininterrotto comincia a farsi sentire.
Un’autocisterna, presso un piccolo allevamento di vacche, fa il pieno del latte sottratto loro per le improrogabili esigenze alimentari della specie umana dominante.
A differenza di ieri, quando il percorso si è inoltrato suggestivamente in mezzo a campi vasti a perdita d’occhio, finora oggi le vestigia umane hanno sempre spezzato il paesaggio agreste. Ora però, che sto entrando nella parte centrale, la comparsa improvvisa di una stradina ghiaiosa mi fa presagire un nuovo tuffo nella campagna imperante.
Peccato che ciò avvenga quando la fatica delle ormai tre ore di marcia mi farebbe preferire di gran lunga una sosta a un bar, che sembra invece farsi attendere ancora a lungo.
M’impongo di non consultare né l’ora, né il tragitto, ma semplicemente di procedere, passo dopo passo a ritmo regolare, senza però rinunciare a qualche scatto fotografico.
Un angolino di “riferimenti pellegrini”, come in rare circostanze incontrai anche l’anno scorso, mi dà un confortante senso di riconoscimento del mio status di camminatore sull’antica via, quanto meno.
Il senso di quieto abbandono di questa stradina ghiaiosa, immersa nelle campagne parmensi, è improvvisamente interrotto dal passaggio, a velocità educata, di un’auto familiare di nome e di fatto, come osservo attraverso i finestrini.
Finalmente ci si immette in una strada altrettanto deserta ma asfaltata, che lascia presagire un graduale ritorno agli agglomerati umani, cioè vedi alla voce: bar.
Cedo alla fine alla tentazione di consultare la mappa, scoprendo con sollievo di essere ormai vicino a un paese, annunciato infatti dalla presenza sempre più numerosa di case.
Castione Marchesi è il nome del paese, che raggiungo alle otto e trenta, dopo quasi tre ore e mezza di cammino, ma presumibilmente solo a metà del percorso odierno, e fra l’altro… la metà fresca!
La cosa più importante, comunque, si materializza presto:
Consueto tè al limone e brioche, ordinato attraverso la mascherina celeste.
Familiarizzo con la coppia dei gestori, mi dicono che un’ora fa si è fermato un altro pellegrino, chissà a che ora (e da dove) era partito.
“Sì, italiano”, confermano alla mia domanda.
“Eh per gli stranieri ci vorrà del tempo” suggerisco, poi confido loro che in luglio andrò a trovare mio fratello a Tenerife, nelle Canarie, e a tutt’oggi non si sa bene quali regole e protocolli dovrò osservare.
Ho pronunciato involontariamente la parola magica.
Il marito, tutto illuminato, mi dice di esserci stato in crociera e di averne un ricordo bellissimo.
Nel confermare, provo a soggiungere che la gente del posto è gentile e molto più tranquilla di noi, ma avverto di non essere ascoltato.
Poi, mentre la signora è richiamata nel retrobottega, la conversazione prende una piega odiosa, nonostante l’apparente e in parte anche sostanziale bonomia di lui.
Perché in Marocco non ci andrei mai, sono tutti cattivi e incivili (abbozzo un “non bisogna generalizzare”) e sa, sono stato anche in terra santa e là ho visto girare addirittura uno con un mitra (“un palestinese o un israeliano?” e vedo che tende a farne un’unica razza da evitare…). Dopo aver usato toni confidenziali, ribatto come posso a questo profluvio di corbellerie razziste, poi cerco di togliergli la presa.
Anche perché, intanto, mi è arrivata la risposta di Maria Paola: occhiali trovati, mi chiede dove sono alloggiato questa sera per riportarmeli. Fantastico!
Alla fine, il bilancio della sosta rigeneratrice è buono; anche la strada che manca forse è un po’ meno della metà.
Ci penso io subito dopo, distratto da qualche consultazione di troppo del tablet, a complicarmi un po’ la vita.
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Nota di servizio: il tablet, prima, mi ha fatto arrabbiare più del solito, tanto che ho temuto di dover rinunciare al diario odierno.
Ora però sono costretto a interrompere la stesura, perché si è fatto tardi.
Riprenderò domani, prima del racconto della tappa che mi aspetta.
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Forte l’amica Maria Paola.
Ciao viaggiatore coraggioso,
Se è vero che i veri amici si vedono nel momento del bisogno, direi che ha brillantemente superato la prova.
Ciao lettrice fedele!
Perfino la suspance 😁
Non vi faccio mancare nulla, neh??