In questo secondo alloggio della mia nuova traversata, la connessione è così lenta che non mi permette di caricare le immagini.
Si tratta, tuttavia, solo dell’ultimo di una serie di contrattempi che, uniti alla faticaccia della lunga tappa collinare (da San Miniato a Gambassi Terme), mi hanno messo a dura prova.
Fin dall’inizio della giornata i segnali erano stati poco incoraggianti.
Ero riuscito nell’intento di entrare in cucina per la colazione alle cinque e mezza; una bustina di tè e un apposito pentolino erano stati premurosamente sistemati vicino alle piastre a induzione elettrica. Credo che non serva essere ingegneri elettronici per farle funzionare, eppure ho pigiato a lungo e sempre più nervosamente quei piccoli tasti, senza riuscirci. Niente da fare neanche col bollitore, probabilmente rotto; alla fine ho optato per il succo d’arancia conservato in frigo.
Buona la torta e i biscotti artigianali, ma intanto dieci minuti abbondanti di possibile camminata al fresco buttati.
Altri dieci e passa, poi, me li sono giocati quando è stato il momento di valicare il cancello sbarrato, senza la presenza, in cortile o in casa, di un apposito interruttore. Chiuso come un topo in gabbia, ho provato a telefonare (a mali estremi estremi rimedi), dimenticandomi che non c’era campo. “Signora!” ho gridato alla fine un paio di volte, con effetto ugualmente nullo.
Come un ladro, mi son messo a cercare una via di fuga, e alla fine l’ho trovata, nella fattispecie d’un cancellino, in fondo al cortile, legato alla buona con un cavetto.
Nell’esatto momento in cui ho riacquistato la libertà, però, m’è venuto in mente che la signora, nel consegnarmi la chiave della stanza, mi aveva avvertito che, allegato a quella, c’era il telecomando, se avessi voluto uscire nel pomeriggio.
Ho maledetto la mia dabbenaggine mattutina, …ma ho benedetto di non essere riuscito a svegliarla!
La giornata di oggi è stata una di quelle che, per durata complessiva, incontri e avvicendamento di situazioni e sensazioni, sarebbe molto difficile raccontare anche avendo a disposizione tutte le immagini.
Dovrò dunque procedere per sommi capi.
La fatica. Tasto dolente, è stata superiore al previsto; bene le gambe, reduci dagli allenamenti di corsa a Tenerife; meno bene le spalle, soprattutto nei frequenti, benché brevi, tratti in salita.
Ho tenuto duro senza soste fino allo scadere della terza ora di cammino, avendo la buona sorte, proprio in quel momento, di trovare un posto ombroso con panchine, tavolo e rarissima fontanella e qui, fra una cosa e l’altra, alla fine mi son fermato quasi un’ora.
Una seconda sosta dopo un’altra ora e tre quarti, cioè passato mezzogiorno, per combattere l’arsura di una giornata sempre più calda e afosa, dando fondo alla famosa scorta di ciliegie.
Uno slancio d’euforia ha accompagnato l’abbandono di foschi presagi quando, all’ennesimo disperato tentativo, la signora dell’ostello che avevo prenotato ha finalmente risposto al telefono.
“Si bagni la testa, fa molto caldo!” mi ha detto fra l’altro.
“Eh, me ne sono accorto” le ho risposto.
Mancavano ancora sei, che sono comunque tanti, dei ventiquattro chilometri complessivi, e ho pregustato l’arrivo un po’ troppo presto, arrancando poi progressivamente nella lunga salita finale, conclusasi all’una e quaranta dentro un bar-trattoria di Gambassi Terme, dove ho mangiato un’insalata mista, due porzioni di cecìna (una squisita focaccia sottile di farina di ceci), bevendo una rigenerante birra Ichnusa da sessantasei centilitri!
In casi piuttosto estremi come quelli vissuti oggi, non smetto di benedire di essere da solo, a misurarmi con le mie forze e non dovere scontare le crisi di eventuali compagni di viaggio non altrettanto preparati, che a quel punto mi farebbero sballare.
Il tablet. È, al contrario, un insostituibile compagno di viaggio multifunzione, per tenere i contatti, guidarmi lungo il percorso, scrivere e pubblicare i racconti. Ebbene, proprio nel durissimo tratto finale, s’è messo a fare i capricci, dicendo che non riconosceva la scheda SIM. L’allarme, davvero brutto, è perdurato dopo un primo spegnimento. Ma, grazie al cielo, è cessato dopo un secondo, accompagnato da una pressione della piccolissima scheda all’interno del suo alloggiamento. Grande sollievo.
Il paesaggio. La guida ufficiale della Via Francigena decanta come particolarmente spettacolare il tragitto odierno, pur mettendo in guardia sulle difficoltà di una tappa completamente immersa nella natura, nel vasto territorio collinare della Val d’Elsa.
In gran parte su strade non asfaltate, in continuo saliscendi e con una vista quasi sempre estesa sul paesaggio circostante.
La giornata estiva, non molto nitida, ha però un po’ spento i colori e i chiaroscuri, offrendo di rado degli scorci davvero emozionanti.
Gli incontri. A differenza dell’anno scorso, quando, a fine giugno, l’onda lunga del cosiddetto lockdown non si era ancora esaurita, quest’anno i camminatori e i ciclisti che percorrono la Via Francigena ci sono, e sono una piacevole realtà.
Nella sosta di metà percorso, presso la fontanella, erano presenti due giovani già incrociati in precedenza; facile scambiarsi le proprie impressioni e piani di viaggio.
Comunque sempre bello, lungo il cammino, ricevere e dare sorrisi e saluti sinceri, sia con gli altri viandanti, sia, spesso, anche con podisti o persone residenti che tengono a comunicarti il loro incoraggiamento. Ho ricevuto un saluto di buon cammino anche, addirittura, da uno intento alla guida spericolata di un trattore su pendenze impossibili.
La signora dell’ostello.
Avevo prenotato un posto letto in un piccolo ostello (con aria condizionata) nel centro di Gambassi.
Mi sono sorpreso, perciò, quando, contattata faticosamente per telefono, la proprietaria ha preteso (oltre che mi bagnassi la testa) di venirmi a prendere in macchina, perché la distanza dal centro non era affrontabile a piedi.
S’era messa quasi subito a darmi del tu e a chiamarmi per nome, suggerendomi lei stessa di fermarmi in qualche locale, per ristorarmi prima di incontrarci . E avevamo stabilito di risentirci alle due.
Poco dopo quell’orario l’ho rintracciata io (ancora a fatica) per dirle che avevo già terminato la mia pausa-ristoro. Mi ha indicato di aspettarla al vicino parco, dove sarebbe passata, di lì a non molto, a prendermi in macchina.
L’attesa, su una scomoda panchina di ferro, è stata sempre più fastidiosa col passare del tempo.
Il suo messaggio di testo con scritto “arrivo” risulta memorizzato alle quindici e otto minuti.
Come se non bastasse, poi, mi ha richiamato chiedendomi di raggiungerla (in salita…) nel parcheggio delle terme.
M’ero fatto l’idea di una persona per niente affidabile, ma ho cercato di fare buon viso a cattivo gioco, e alla fine non è andata affatto male, connessione internet a parte.
Mi ha spiegato, durante il tragitto, che ha preferito chiudere l’ostello a causa dei complessi protocolli sanitari, e che ora affitta una camera in un suo piccolo appartamento con piscina, all’interno d’un borgo residenziale, più a monte e dunque più fresco (come sto piacevolmente verificando); mi ha rassicurato sulla lunghezza della variante che dovrò percorrere domattina, verso San Gimignano.
E anche la temuta resa dei conti, una volta entrati, è andata bene: m’ha chiesto solo trenta euro, meno dei trentacinque che avrei dovuto spendere in quell’ostello particolarmente ricercato.
E m’ha dato la disponibilità completa della cucina, che ha un aspetto “vissuto” e dove potrò cuocermi, oltre al tè, due uova e portare via pane e biscotti. Mi ha invitato anche a consumare del gelato conservato nel congelatore, cosa che poi non ho rinunciato a fare!
Insomma, come suol dirsi, tutto è bene ciò che finisce bene, e l’ultimo… chiuda la porta!
Mai fermarsi alla prima impressione
Già, carissima: ovvero, la calma è la virtù dei forti.
Partenza ad handicap…. ma l’arrivo sarà trionfale 🙂
Opperbacco, ma certo! 🙂
Corre voce che Virginia Raggi stia facendo costruire, in mio onore, un arco di trionfo…
E grande Franz!!!
Non molli mai!!!
Mollare? Spero proprio che non mi sfiori mai l’idea!
Grazie Betta, e un saluto dall’incantevole San Gimignano.