L’esodo: 6- Da Cordova al porto di Huelva

(Diario di un esule – 8) .

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Il mio ultimo risveglio dell’anno avviene dunque alla periferia di Cordova.
Soddisfacente la qualità del sonno e anche l’orario di risveglio, anche se l’ultima tappa che ho programmato prima dell’oceano è lunga la metà delle precedenti, per giungere al porto di Huelva con sufficiente anticipo rispetto alle sedici e trenta, orario in cui è prevista la partenza della nave traghetto della compagnia svedese Fred Olsen.

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La colazione non è inclusa e va consumata nel bar collegato; a differenza delle precedenti abbuffate mattutine, oggi mi fa gioco stare molto leggero, perché ho intenzione di trattarmi bene a pranzo, non dovendo poi guidare nel pomeriggio.
L’immissione nell’autostrada è ancora una volta facile, grazie al navigatore di Google Maps, che (mi tocca dirlo…), si è rivelato più che mai uno strumento ottimo.

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Come si vede dalle immagini, l’ultimo tratto del mio intero itinerario si presenta come il meno trafficato, complice sicuramente anche il particolare momento: mattinata del 31 dicembre, sabato per giunta.
La cosa ovviamente mi fa piacere, anche se ancora una volta rende faticoso

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il rispetto del limite dei centoventi, a scanso di rilevamenti automatici.

Mi viene da pensare che l’addetto alla stazione di servizio, nel sentirmi arrivare,

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si riprenda da una dormita fuori ordinanza; la scena, così, mi fa pensare a certe situazioni di viaggio nei grandi spazi, narrate da scrittori americani. E magari contribuisce anche questa ambientazione:
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Nel prosieguo, i limiti di velocità (con la frequenza dei controlli annunciati) diventano ancora più angusti lungo la tangenziale di Siviglia, che attraversa curiosamente anche zone della città piuttosto vive.

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La direzione ora è nettamente verso Ovest; Huelva si trova a Nord di un grande golfo nella costa oceanica spagnola; proseguendo ancora a Ovest, si finirebbe in Portogallo, come ci fa sapere questa suggestiva indicazione:

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Approfitto di un’ultima stazione di servizio per trasportare, dal bagagliaio all’abitacolo dell’automobile, le cose che mi serviranno a bordo del traghetto e, già che ci sono e che la giornata è molto limpida, porto via un’altra foto-ricordo di questa particolare mattinata di San Silvestro.

09Ho deciso di andare a verificare l’area di imbarco della Fred Olsen; la cosa mi costa un allontanamento notevole e imprevisto dalla cittadina, per addentrarmi in un’immensa zona industriale dove non sono certo previsti bar o ristoranti.

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Nonostante manchino ancora quasi cinque ore all’imbarco, ci sono già alcune vetture in attesa. Da parte mia, inverto la rotta e punto nuovamente verso Huelva, che mi riappare, tutta bianca, all’orizzonte.

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Il centro della città è congestionatissimo

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e la speranza di trovare un parcheggio è minore di zero.
Ma in questi casi c’è un solo rimedio: proseguire, lasciandosi alle spalle la zona più nevralgica.
Funziona anche stavolta, benché con l’aggravio di finire in un tratto di superstrada che poi mi tocca ripercorrere a ritroso. Ma non lontano da quell’imbocco c’è una landa, dal suolo in terra sconnessa, dove si può parcheggiare e poi, da lì, si può raggiungere in poco tempo un bel bar-ristorante.

Tre vivaci ragazze lo gestiscono; balbettando qualcosa nel mio stentato spagnolo, riesco a ordinare dapprima questa ottima insalata di polipo, poi un altro piatto che assomiglia alla paella

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e infine un gelato 14
assolutamente memorabile!
Quell’avanzo di birra piccola (che qui si chiama “caña”) potrebbe ingannare: in realtà, ad accompagnare i due piatti salati me ne ero già scolata anche una media (che qui si chiama “jarra”). Come vi avevo detto, le mie intenzioni erano combattive!
Un bal caffè completa l’opera, mentre di nascosto fotografo alcuni avventori intenti in una chiassosa discussione.

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Così carburato e questa volta senza dar troppo peso a limiti di velocità penitenziali (che infrango ampiamente e allegramente), ripercorro di gran lena le stradine semideserte della zona industriale verso il porto, fino a raggiungere nuovamente l’area d’imbarco per le Canarie.

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Lascio l’automobile in coda ad altre e mi metto a vagare a piedi sotto il sole.
Mi sento ebbro di felicità come non mi era mai accaduto durante tutto l’anno che sta per finire.

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Fotografo una nave, che però non è la mia, perché di lì a pochissimo la vedo salpare

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.e poi uno dei numerosi gabbiani che si aggirano lassù.

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Rispetto al timore di eventuali controlli pre o post imbarco, che avevano in (piccola) parte contribuito a turbare le mie ultime terribili settimane, non subirò che un’innocua e brevissima perlustrazione da parte di un cane antidroga, che decide che non lo interesso.

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E via, benvenuti a bordo della nave,
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curiosamente chiamata “Balearia”, che è un po’ come chiamare “Trinacria” un’imbarcazione che va in Sardegna.

Un giovane addetto mi dà un’indicazione numerica strana, che interpreto come fosse il piano dell’ascensore; mi verrà presto il dubbio che volesse indicarmi una cabina, nonostante il mio biglietto preveda solo un posto in poltrona. Forse, essendo oggi il carico non abbondante, la compagnia era in vena di regalie. Pazienza.

L’oceano ci invita verso la sua vastità.

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La partenza si fa aspettare, ma alle diciassette di questo 31 dicembre, ecco che la costa intorno lentamente prende a muoversi, dapprima per una lunga manovra di rotazione poi, finalmente, per prendere il largo, ma di poco, perché per un certo tratto la “Balearia” costeggerà questo lembo di Spagna atlantica.

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Scusate l’interruzione

Sono felicemente arrivato nel porto di Huelva e sono già a bordo della nave, che dovrebbe salpare fra meno di un’ora.

Il servizio di wifi libero è praticamente inutilizzabile, per cui riprenderò le pubblicazioni all’arrivo, previsto il 2 gennaio.

Un felicissimo anno nuovo a te lettore, fedele o casuale, di questo blog, e, salvo naufragi nell’oceano 😀 , a rileggerci nel 2023!

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L’esodo: 5- Attraverso la Mancha

(Diario di un esule – 7) .

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Eebbene sì, cari amici, la tappa odierna, abbandonato il Mediterraneo e puntando nell’entroterra in direzione Sud-Ovest, mi ha fatto attraversare completamente la leggendaria regione della Mancha, che fino a oggi non avrei proprio saputo ubicare nella carta geografica spagnola.

Mi sono alzato alle sette e mezza, questa volta ben riposato.
Forti folate di vento freddo mi colpiscono nel breve tratto che mi separa dalla sala delle colazioni.

1 - alba

È piena di gente, per cui evito di scattare fotografie, ma la cosa, allo stesso tempo, mi permette, senza destare interesse alcuno, i miei ripetuti giri dal tavolino ai vari banchi, molto forniti di cibi salati e dolci. E, come ieri, anche di imboscare un panino al formaggio, di dimensioni che sembrano studiate apposta per il mio marsupio, nonché quattro piccoli torroncini.

Preparato lo zaino e la borsa del computer e poi pagato il conto, è il momento di dare la sveglia anche alla mia compagna di viaggio a quattro ruote.

2 Eze
Pochi minuti di navigatore mi bastano per rientrare in autostrada, dopodiché potrò precauzionalmente tenere disattivato il telefono molto a lungo.

3 prime luci grigie
Mentre guido, tento ripetutamente di catturare immagini volanti e, a volte, ci riesco:

4 panorama
Anche questa è la Mancha anche se, invece di cavalieri bizzarri, vedo comparire, fra tranquilli paesaggi campestri, un bosco di pale eoliche

5 pale

e poi un lungo viadotto

7 viadotto
Dopo circa centocinquanta chilometri dalla partenza, è il momento di un’importante biforcazione:

8 -bivio
Abbandonata la “A3” che procede in direzione Nord-Ovest verso la capitale, prendo, verso Sud-Ovest, la deviazione per Ciudad Real.
Di lì a poco mi fermo per fare rifornimento.

9 - benzina
Il servizio è libero e si paga successivamente alla cassa. Già questa fiducia nei confronti di una clientela di sconosciuti mi è congeniale, ma poi il sorriso sincero che mi riserva la cassiera nel congedarmi mi riempie letteralmente il cuore.
Sono piccoli segni di dolcezza che, in situazione di scarsi contatti umani, e per di più in terra straniera, impreziosiscono la giornata e poi, inutile nasconderlo, non sono certo di prassi nel Paese che ho deciso di lasciare.

Lo scarsissimo traffico che c’è dopo la deviazione mi permette di dedicarmi senza rischi alla caccia di immagini volanti.

10 panorama
11 panorama
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Con grande contrasto rispetto alla mia carreggiata semideserta, compare improvvisamente, in quella opposta, una lunga coda, probabilmente originata da un incidente.

14 coda
Fin qui (e ormai il porto di Huelva sull’Atlantico comincia a non sembrare più un miraggio), mi posso dire molto fortunato nel non essere incorso, oltre che in inconvenienti più gravi, neanche in sgradevoli situazioni come quella.

Cerco di tener duro alla guida fino alle tre ore di percorrenza, poi, intorno alle undici e mezza, prendo la deviazione per una “via di sevizio”, per concedermi una pausa.
A differenza di ieri, quando le aree di sosta e rifornimento erano rare in modo quasi preoccupante, oggi ogni tre o quattro chilometri ne incontro una.
Credo di averne capito le ragioni, nella differenza fra le cosiddette “autopiste” e le “autovie”.
Benché, rispetto al tipo di circolazione, siano praticamente indistinguibili, queste seconde sono ad accesso libero (in tutto il percorso odierno non spenderò neanche un euro ai caselli); le aree di sosta, poi, sono delle vere e proprie cittadelle, con parchi e parcheggi, officine meccaniche e di rifornimento, stabilimenti, bar ristoranti e addirittura alberghi, peraltro spesso dall’aspetto gradevolmente diffuso e campestre.
Credo che questo dipenda dalla possibilità di essere raggiunte senza pedaggio anche a fronte di brevi spostamenti.

16 area
15 area
17 area
Sia per l’orario, sia per l’effettiva grande concorrenza, nel bar ristorante (dove mi accingo a ordinare una bevanda con cui accompagnare il mio panino) c’è ben poca gente.

18 ristorante
Scelgo comunque un tavolino il più possibile lontano da possibili sguardi indiscreti, per fare la mia merenda semi-abusiva in santa pace.

20 risto2

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19 spuntino

Terminata la merenda, rubo l’immagine di un dettaglio all’interno…

21 presepe
…poi, dopo aver bevuto al banco il mio fondamentale caffè quotidiano, cerco di immortalare altri scorci di questo piccolo mondo che sorge a lato delle carreggiate autostradali.

23 panorama

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E si riparte, perfettamente ricaricati. La difficoltà, con corsie così sgombre, è stare dentro l’angusto limite costante di centoventi chilometri orari.

25 vuoto

Spesso, per rallentare, stacco la marcia e sfrutto “in folle” l’abbrivio.
Ho riacceso la radio e, per una coincidenza davvero strana (ma gradita) con quanto successo ieri, ho travato una stazione che trasmette, commentandoli, dei brani dei Beatles dai primi loro album.

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Porto via l’immagine anche a questo particolare villaggio collinare tutto bianco.

Ma qualcos’altro sta imponendosi ora alla mia attenzione: il contachilometri generale.
Sì, perché è iniziato il conto alla rovescia per il raggiungimento dei centomila chilometri percorsi da Ezechiela nei suoi sette anni di vita, dapprima come taxi poi come (sottoutilizzata) automobile privata.

Mi dico che sarebbe molto bello poter fermarmi per fotografare l’evento, ma mi sembra un’ipotesi oggettivamente improbabile.

E invece, a suggerire ipotesi che fino a pochi anni fa avrei bollato come superstiziose, la comparsa di una “via di servizio” proprio in coincidenza coi novantanovemilanovecentonovantanove chilometri

27 100km
mi permette, di fronte a questo ristorante, d’immortalare e celebrare come si deve il grande evento!

28 100km

Non ne mancano poi molti altri per concludere, in una periferia della città di Cordova, la tappa odierna.

C’è certamente vegetazione, ma le strade sono molto animate di traffico e pedoni, in quest’ultimo venerdì pomeriggio dell’anno.
 
29 cordova

Il mio albergo non è lontano e ho la fortuna di trovare parcheggio, con una manovra non semplice, proprio di fronte all’entrata, tanto che rinuncerò a chiedere la possibilità di lasciarla in un garage convenzionato.

30 parcheggio
31 hotel
32 di fronte
Dalla camera al secondo piano la visuale non è delle migliori,

34 visuale
ma è pur sempre nobilitata da un giardino, curato, nei balconi del piano di sotto.

35 visuale

E questa è la stanza,

33 camera

.un po’ spartana ma comunque confortevole, dove passerò l’ultima notte in albergo prima di affrontare, domani 31 dicembre dalle quattro e mezza del pomeriggio, la traversata oceanica verso le Canarie.

 
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