(Diario di un esule – 7) .
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Eebbene sì, cari amici, la tappa odierna, abbandonato il Mediterraneo e puntando nell’entroterra in direzione Sud-Ovest, mi ha fatto attraversare completamente la leggendaria regione della Mancha, che fino a oggi non avrei proprio saputo ubicare nella carta geografica spagnola.
Mi sono alzato alle sette e mezza, questa volta ben riposato.
Forti folate di vento freddo mi colpiscono nel breve tratto che mi separa dalla sala delle colazioni.
È piena di gente, per cui evito di scattare fotografie, ma la cosa, allo stesso tempo, mi permette, senza destare interesse alcuno, i miei ripetuti giri dal tavolino ai vari banchi, molto forniti di cibi salati e dolci. E, come ieri, anche di imboscare un panino al formaggio, di dimensioni che sembrano studiate apposta per il mio marsupio, nonché quattro piccoli torroncini.
Preparato lo zaino e la borsa del computer e poi pagato il conto, è il momento di dare la sveglia anche alla mia compagna di viaggio a quattro ruote.
Pochi minuti di navigatore mi bastano per rientrare in autostrada, dopodiché potrò precauzionalmente tenere disattivato il telefono molto a lungo.
Mentre guido, tento ripetutamente di catturare immagini volanti e, a volte, ci riesco:
Anche questa è la Mancha anche se, invece di cavalieri bizzarri, vedo comparire, fra tranquilli paesaggi campestri, un bosco di pale eoliche
e poi un lungo viadotto
Dopo circa centocinquanta chilometri dalla partenza, è il momento di un’importante biforcazione:
Abbandonata la “A3” che procede in direzione Nord-Ovest verso la capitale, prendo, verso Sud-Ovest, la deviazione per Ciudad Real.
Di lì a poco mi fermo per fare rifornimento.
Il servizio è libero e si paga successivamente alla cassa. Già questa fiducia nei confronti di una clientela di sconosciuti mi è congeniale, ma poi il sorriso sincero che mi riserva la cassiera nel congedarmi mi riempie letteralmente il cuore.
Sono piccoli segni di dolcezza che, in situazione di scarsi contatti umani, e per di più in terra straniera, impreziosiscono la giornata e poi, inutile nasconderlo, non sono certo di prassi nel Paese che ho deciso di lasciare.
Lo scarsissimo traffico che c’è dopo la deviazione mi permette di dedicarmi senza rischi alla caccia di immagini volanti.
Con grande contrasto rispetto alla mia carreggiata semideserta, compare improvvisamente, in quella opposta, una lunga coda, probabilmente originata da un incidente.
Fin qui (e ormai il porto di Huelva sull’Atlantico comincia a non sembrare più un miraggio), mi posso dire molto fortunato nel non essere incorso, oltre che in inconvenienti più gravi, neanche in sgradevoli situazioni come quella.
Cerco di tener duro alla guida fino alle tre ore di percorrenza, poi, intorno alle undici e mezza, prendo la deviazione per una “via di sevizio”, per concedermi una pausa.
A differenza di ieri, quando le aree di sosta e rifornimento erano rare in modo quasi preoccupante, oggi ogni tre o quattro chilometri ne incontro una.
Credo di averne capito le ragioni, nella differenza fra le cosiddette “autopiste” e le “autovie”.
Benché, rispetto al tipo di circolazione, siano praticamente indistinguibili, queste seconde sono ad accesso libero (in tutto il percorso odierno non spenderò neanche un euro ai caselli); le aree di sosta, poi, sono delle vere e proprie cittadelle, con parchi e parcheggi, officine meccaniche e di rifornimento, stabilimenti, bar ristoranti e addirittura alberghi, peraltro spesso dall’aspetto gradevolmente diffuso e campestre.
Credo che questo dipenda dalla possibilità di essere raggiunte senza pedaggio anche a fronte di brevi spostamenti.
Sia per l’orario, sia per l’effettiva grande concorrenza, nel bar ristorante (dove mi accingo a ordinare una bevanda con cui accompagnare il mio panino) c’è ben poca gente.
Scelgo comunque un tavolino il più possibile lontano da possibili sguardi indiscreti, per fare la mia merenda semi-abusiva in santa pace.
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Terminata la merenda, rubo l’immagine di un dettaglio all’interno…
…poi, dopo aver bevuto al banco il mio fondamentale caffè quotidiano, cerco di immortalare altri scorci di questo piccolo mondo che sorge a lato delle carreggiate autostradali.
E si riparte, perfettamente ricaricati. La difficoltà, con corsie così sgombre, è stare dentro l’angusto limite costante di centoventi chilometri orari.
Spesso, per rallentare, stacco la marcia e sfrutto “in folle” l’abbrivio.
Ho riacceso la radio e, per una coincidenza davvero strana (ma gradita) con quanto successo ieri, ho travato una stazione che trasmette, commentandoli, dei brani dei Beatles dai primi loro album.
Porto via l’immagine anche a questo particolare villaggio collinare tutto bianco.
Ma qualcos’altro sta imponendosi ora alla mia attenzione: il contachilometri generale.
Sì, perché è iniziato il conto alla rovescia per il raggiungimento dei centomila chilometri percorsi da Ezechiela nei suoi sette anni di vita, dapprima come taxi poi come (sottoutilizzata) automobile privata.
Mi dico che sarebbe molto bello poter fermarmi per fotografare l’evento, ma mi sembra un’ipotesi oggettivamente improbabile.
E invece, a suggerire ipotesi che fino a pochi anni fa avrei bollato come superstiziose, la comparsa di una “via di servizio” proprio in coincidenza coi novantanovemilanovecentonovantanove chilometri
mi permette, di fronte a questo ristorante, d’immortalare e celebrare come si deve il grande evento!
Non ne mancano poi molti altri per concludere, in una periferia della città di Cordova, la tappa odierna.
C’è certamente vegetazione, ma le strade sono molto animate di traffico e pedoni, in quest’ultimo venerdì pomeriggio dell’anno.
Il mio albergo non è lontano e ho la fortuna di trovare parcheggio, con una manovra non semplice, proprio di fronte all’entrata, tanto che rinuncerò a chiedere la possibilità di lasciarla in un garage convenzionato.
Dalla camera al secondo piano la visuale non è delle migliori,
ma è pur sempre nobilitata da un giardino, curato, nei balconi del piano di sotto.
E questa è la stanza,
.un po’ spartana ma comunque confortevole, dove passerò l’ultima notte in albergo prima di affrontare, domani 31 dicembre dalle quattro e mezza del pomeriggio, la traversata oceanica verso le Canarie.
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Pargolo, ti fai un capodanno insolito, che molti invidierebbero. Tanti auguri a te di vita nuova felice, ed alla “gheparda” Ezechiela dedico l’auspicio di altri 100.000 chilometri in buona salute, ovvero senza noie meccaniche! Prosit!
Grazie di cuore, da parte di… entrambi, auto e guidatore.
E ai fratelli Selis centomila anni di ottima salute!
Concordo con Andrea sulla romanticità, se così si può dire, della scelta di voler affrontare l’ultimo tratto di questo bellissimo viaggio proprio all’inizio dell’anno nuovo. Buon anno nuovo!
Grazie di cuore, e augurio ricambiato sotto il sole caldo del porto di Huelva.
¡Feliz año nuevo!
Caro Francesco, ti seguo in questo viaggio e ti faccio gli auguri per l’anno nuovo. Buona navigazione per domani. Bellissima l’idea di attraversare in contemporanea anno e oceano. Un grande abbraccio. A risentirci e spero anche a vederci a Tenerife. Andrea
Grazie, caro Andrea, del caloroso commento e degli auguri, che ricambio di cuore a te e alla tua signora.
La scelta di salpare poche ore prima dell’anno nuovo è stata forzata da varie motivazioni organizzative, ma non mi dispiace affatto: sono curioso di vedere che ambiente ci sarà a bordo e, connessioni permettendo, non mancherò di raccontarlo.
Ricambio l’abbraccio e l’auspicio di rivederci, insieme a Davide il pioniere, in quel di Tenerife!