Considerazioni sull’allegria

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Il sabato e la domenica sera dalle nove alle undici, a farmi compagnia  nelle due serate di lavoro fisiologicamente diverse dal resto della settimana, è Francesco Adinolfi, e la sua “Popcorner” su Radio2.
Musica pop (cioé ‘popular’) dunque, quasi sempre in lingua inglese, affine al soul, al rock and roll, al rithm and blues, al reggae, alla canzone d’autore e a tutti gli altri generi più nobili, ma non per questo meno coinvolgente, con i suoi ritmi spesso scanditi da generose percussioni della batteria.
Lo stesso Adinolfi, se ciò non bastasse, è una garanzia molto speciale di coinvolgimento, grazie alle sue doti di comunicativa, calorosa stringata e tonica, con la caratteristica altrettanto speciale di rivolgersi all’ascoltatore direttamente, usando il tu anziché il voi.
Di tanto in tanto, dopo lunga campagna promozionale di reclutamento, la trasmissione si svolge in diretta dagli studi di Roma, con un pubblico di appassionati che vi partecipano come a una festa, ballando, urlando, fischiando, rispondendo in coro alle sollecitazioni del conduttore, che a sua volta sembra dare il massimo delle sue capacità nel trasmettere emozioni, tramite i brani scelti e le sue parole, e il suo tono di voce.
Il ventaglio di età dei partecipanti credo che sia piuttosto esteso, visto che il genere musicale spazia fra epoche anche lontane, ma l’entusiasmo sembra farli tornare tutti bambini.
Sabato scorso si è svolta una di quelle feste in diretta; una bella compagnia alla guida della Cavallona, e, a posteriori, tante considerazioni sul tema dell’allegria.

Per contrasto, la vivacità proveniente da quegli studi radiofonici ci dice quanto tristi siano i tempi che viviamo, come non si può fare a meno di registrare dall’osservatorio speciale dell’abitacolo di un taxi, nemmeno il sabato sera, quando la clientela prevalente è quella di ragazzi e ragazze in giro per divertirsi.
Viviamo tempi tristi, non c’è dubbio, senza prospettive: il progresso ci ha tolto il futuro.
Tuttavia l’allegria, che si manifesta istituzionalmente e contagiosamente nei momenti festosi, dunque collettivi, ha anche, forse soprattutto, un’origine individuale. E’ innanzi tutto una dote, una capacità, in parte innata, in parte maturata negli anni infantili e giovanili della formazione del carattere.
Una dote forse sottovalutata, nella sua capacità di ravvivare, di donare gioia, cioè attimi fugaci ma preziosi di felicità e di vita più intensa.

Il mio cammino iniziale, negli anni dell’infanzia, è stato piuttosto solitario e casalingo, pur conoscendo rari ma intensi momenti di allegria. Così pure è stato negli anni giovanili, quando, timido e complessato, non ho avuto accesso quasi mai alla razione di allegria collettiva che si immagina di solito come un diritto naturale di quell’età.
Ma non ho rimpianti, è andata così, e d’altra parte ho avuto anche tante fortune, come ad esempio belle vacanze e preziosissime amicizie. Quella di imparare a stare bene con sè stessi, tuttavia, è una fortuna ancora più grande, perché non ha bisogno di collaboratori per realizzarsi.

Da tempo, molti mesi (stento ormai a ricordarmene l’inizio), ho imboccato un lungo percorso terapeutico, scaturito dalle nuove abitudini salutistiche, a cui spontaneamente si è affiancata una tendenza introspettiva, o per meglio dire una ricorrente revisione del mio passato, in tutte le sue numerose ere e stratificazioni geologiche.
E’ un’attività tutt’altro che allegra (giusto per stare in tema), perché la costante di tutte le immagini che riaffiorano è quella di un senso di inadeguatezza, di mancanza di grazia, di condanna ad affrontare le situazioni senza gli strumenti adatti, con esiti spesso fallimentari nei rapporti affettivi, e angoscianti in quelli di lavoro.
Le uniche immagini innocue, in fondo, sono quelle che mi vedono solo con me stesso, l’unico vero alleato che mi ha permesso comunque di procedere e di progredire sempre.
A volte si tingono di malinconia struggente, come quando mi rivedo undicenne, nel cortile dell’appartamento in via Toscana, dove abitammo solo poco più di un anno, giocare con un leggero aereo di balsa: si caricava l’elastico attorcigliando lungamente l’elica, e poi si lanciava verso il cielo, e il volo a volte finiva nel balcone di qualche vicino.
Il gioco è sempre stato passione, anche negli anni precedenti, e quasi sempre passione solitaria, vuoi per i francobolli, o per il Lego, o per le collezioni di figurine. E la passione era tale che mi sembra di rivedermi ancora, fuori dal tempo, intento e rapito da quelle attività, con un pizzico di commozione.

Non è dunque casuale se ora, nella cura tramite rivisitazione di tutte le ferite e cicatrici accumulate poi negli anni, la tendenza continua a essere quella di cercare una nuova pace solitaria, e di godere, se non proprio gioire, senza chiedere di più, della luce del sole che invade dolcemente la casa in una domenica di maggio, nella stagione delle foglie verdi. Nel silenzio, che non mi basta mai, nella quiete, nell’inattività, nella stabilità della stagione più bella e promettente.

Ci sono tuttavia un paio di oasi abituali, lungo il percorso di questi miei ultimi anni, entrambe estive; oasi di vacanza, nella sua dimensione più vera, vissuta cioè fra persone care.
La più straordinaria, come chi segue questo blog dovrebbe ormai conoscere, mi vedrà coinvolto fra un mese esatto, a Senigallia per il ‘Caterraduno’. A far parte, per una settimana, di una popolazione, crescente numericamente di giorno in giorno, accomunata da una stessa sensibilità per le cose dell’ambiente, della musica, dello spettacolo, della comunicazione, dell’informazione; una popolazione in mezzo alla quale è bello ogni anno ritrovare vecchi amici e amiche, e conoscerne dei nuovi, mentre la serenità, giorno dopo giorno, trae nuova linfa da una dimensione a volte giocosa e a volte infantile, proprio come quella del pubblico di ‘Popcorner’ sabato scorso.
Nel miracoloso e puntuale manifestarsi, ancora una volta, della gioia e dell’allegria vera.
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Immagine dal sito: http://www.fotocommunity.it/pc/pc/display/20616453

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16 risposte a Considerazioni sull’allegria

  1. Luca ha detto:

    Qualunque bravo psicologo (cosa che io non sono mai stato neanche quando mi pagavano come tale, figurarsi adesso) ti spiegherebbe come e qualmente il pianto nasce da un’analisi pedestre e lineare della realtà, mentre il riso è generato da un corto circuito logico-affettivo che si colloca ad un livello diverso, il bravo psicologo direbbe “a un meta-livello”.

    Quasi tutti i mammiferi hanno qualcosa che assomiglia a un pianto, ma nessuno oltre a noi (neppure gli scimpanzè, neppure i delfini) ha qualcosa che assomigli a una non sempre sana risata.

    A proposito del ridere e delle sue varie declinazioni, ieri pomeriggio ho notato due figuri che (dietro lo speaker di non so quale Tg) ridevano e salutavano la mamma in mezzo alle macerie.

    Stavo per dire, ricolmo di fede speranza e carità “Sono due che hanno capito che la vita va avanti” quando un attempato ospite della Comunità ha avanzato un’ipotesi probabilmente più plausibile: “Sono due sciacalli”.

    Illuminandomi in una frazione di secondo su quali siano oggi le possibili fonti di un riso (più che riso, sghignazzo) nè sano nè liberatorio nè condivisibile.

    Buon week-end.

    • Franz ha detto:

      Avremmo bisogno urgente, addirittura quotidiano, di un riso invece sano, liberatorio e condiviso, che la presenza in mezzo a noi di individui orrendi, capaci di sciacallaggio di qualsiasi genere, rende molto più difficile.
      Quelle sghignazzate sembrano evocare ed invocare un affrettarsi ulteriore dell’apparente corsa dell’umanità verso la propria estinzione, dopo cui resteranno sulla Terra solo i suoni e i rumori della natura da noi violentata.

      Una buona e produttiva settimana di giugno a te.

  2. Riri52 ha detto:

    A volte ci vorrebbe leggerezza anche nell’introspezione e nei ricordi! E qualche sana risata osservando ciò che si muove attorno o in compagnia ci vuole. Specialmente in questi giorni.
    Parlando con un terremotato che dorme in macchina gli ho detto: se avessi la tenda te la darei , ma ho solo un gazebo. Ti posso portare quello con le sedie da giardino!. Lui ha cominciato a ridere divertito. Alcuni secondi di risate in uno sciame di tragedia.

    • Franz ha detto:

      Mi confermi, col tuo breve racconto, l’importanza dell’allegria, che è capacità e dono allo stesso tempo. Un’importanza, come dicevo, forse sottovalutata, ma che si rivela nei momenti più essenziali del nostro vivere, come, in questo caso, all’indomani di una calamità che ha colpito una popolazione a noi molto vicina (geograficamente ma non solo).

  3. Terry ha detto:

    …. ma la cosa inizia a preoccuparmi……. ma andiamo avanti così noi due o cosa? Spero che almeno il caro Luca venga ad intrufolarsi da queste parti a vergare le sue parole eh eh eh eh eh

    • Franz ha detto:

      Beh, se vuoi che continuiamo la nostra stramba chiacchierata solitaria, fai pure, mi sembra decisamente divertente.
      Ma forse almeno Luca prima o poi si farà vivo, nonostante ora sia molto impegnato, quotidianamente, con persone ancor più fatte di noi (e sicuramente meno allegre!).
      😉

      • Terry ha detto:

        …. la cosa che più mi preoccupa per la mia persona è che io sono così al naturale, non sono “fatta” e dunque come fare a trovare una cura? Dovrò finire i miei giorni in questo modo? Ah ah ah ah ah ma si dai che poi va bene eh?????

      • Franz ha detto:

        Dunque sei proprio fatta così. 😀
        Beh, cerca proprio di non cambiare, che i sorrisi e le risate che sai regalare sono un piccolo ma fondamentale patrimonio dell’umanità!

  4. Terry ha detto:

    PRIMAAAAAAAAAAA PRIMA PRIMA E VAIIIIIIIIIIIIIIII PRIMISSSSSSSIMA!!!!!!! Tiè a tutti eh eh eh eh eh eh

    • Terry ha detto:

      P.s. commento al post: Anche se ci sembra di essere soli, non lo siamo mai. A volte mi viene da dire meglio così, a volte penso che è un gran casino non riuscire ad essere soli. Io ho alti e bassi, i pochi amici miei lo sanno che mi piace stare da sola in compagnia. Devo dire che tutti questi pensieri che io ho e leggo anche te sono frutto di una crescita abbastanza solitaria in gioventù come lo è stata la mia. Però come è già capitato di argomentare è bello a volte ascoltare il silenzio, vero? Bacisssimi

      • Franz ha detto:

        Ti considero una persona straordinariamente capace di allegria, direi senza dubbio più di tutti i miei amici e amiche di tastiera.
        Quello che dici ora, sulla tua propensione alla solitudine e al silenzio, smentisce l’ipotesi che un carattere predisposto all’allegria si formi con l’abitudine a compagnie chiassose, ma piuttosto nell’ambiente familiare, ma anche (forse) grazie a una vocazione innata.
        Ciao Terry, bacissimi a te.

        p.s.: Aiuto, qui è ripreso il ballo di San Vito, un paio di volte anche mentre scrivevo questo commento!!!

        • Terry ha detto:

          Aiuto anche io, alle 13 l’ho sentita la scossetta e devo dire per me è panico. Per altri non è stata solo scossetta ma morte, il mio cuore piange.

        • Franz ha detto:

          Morte per alcuni (comunque troppi); perdita della casa, del lavoro, dei riferimenti di paese per tantissimi.
          Spero solo non siano vere quelle ipotesi che all’origine della tragedia ci siano le perforazioni per cercare idrocarburi.

    • Franz ha detto:

      Hai sbaragliato la concorrenza! (Ammesso che qualcun altro/a si faccia vivo…) 🙂

      • Terry ha detto:

        Potrebbe essere che chi apre i commenti si spaventi da questa pazza che ti è piombata nel blog e chiuda e via eh eh eh eh eh eh

        • Franz ha detto:

          E’ che non si sentono in grado di competere con la tua allegra pazzia, eh eh eh…
          (O forse, in realtà, ci sono in questi giorni argomenti più drammatici e urgenti.)

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