(Diario di un esule – 6) .
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La notte non è stata delle migliori… per mia assoluta dabbenaggine: ho smaniato per il caldo senza cercare, non ci voleva molto (e c’erano esposte anche le istruzioni!), il termosifone seminascosto e la relativa manopola.
Ma almeno mi sono alzato in anticipo rispetto ai due giorni precedenti.
Mi colpisce la lentezza con cui si fa giorno: sono le sette e mezza quando esco dalla camera e questo è il quadro che mi si presenta
poi, ragionando, mi rendo conto di aver viaggiato fin qui sempre verso Ovest e nell’ambito dello stesso fuso orario.
Questa volta la porta principale è aperta sul salone della colazione, animato da alcune cortesi signore che lo sovraintendono e da diversi clienti che, senza fretta, si dedicano al cibo e alle bevande, il tutto, come immaginavo, proposto in grande varietà e senza limiti di consumo.
Questa è la prima versione del mio “petit déjeuner”, a cui si aggiungerà qualche giro supplementare, vuoi per arricchirlo, vuoi per imboscare furtivamente un po’ di merenda dentro il marsupio che, in queste occasioni, svolge egregiamente il suo compito.
Quando è il momento di riaccendere il motore, mi sento piacevolmente carburato, a parziale compenso del riposo non felicissimo.
Pochi chilometri mi separano dal confine spagnolo, che mi si presenta con un imponente slargo della carreggiata:
Come ieri, nessun controllo di sorta alla frontiera.
L’immagine, fra l’altro, testimonia già i panorami più estesi e pianeggianti che faranno da sfondo all’intero tragitto odierno fino ai dintorni di Valencia.
Mi sento, tutto sommato, in buone condizioni anche oggi, tanto è vero che per la prima volta in questo viaggio decido di accendere l’autoradio, come immortalo in questa fotografia (un po’ mossa…)
Seleziono musiche con echi locali (testimoniate dalla presenza frequente dell’organetto, anche in arrangiamenti moderni), ma non mi dispiace soffermarmi anche su voci che parlano, tutte esclusivamente e velocemente, la lingua catalana.
Di tale idioma conoscevo soltanto le poche parole d’auguri che, dopo averle tradotte automaticamente, invio solitamente per il suo compleanno a una mia amica di Barcellona, conosciuta camminando lungo la via Francigena. E mi dava la sgradevole impressione, con tutti quei termini tronchi d’accento e come mozzati in fondo, di essere la lingua di Paperino nei cartoni animati.
Invece il relativo ascolto dal vivo mi sorprende e mi affascina: evidente parente dalla lingua spagnola e di quella francese, è come se evitasse gli eccessi di focosità della prima e quelli di sensualità della seconda.
Tre quarti dell’itinerario odierno si svolgono in Catalogna e l’impressione di orgoglio locale che mi suscita è davvero grande: tutte le insegne e anche i pannelli autostradali fanno pensare di non essere affatto in territorio spagnolo.
A un tratto, la colonna sonora propone un brano classico che, a sorpresa, mi emoziona e commuove intensamente. Si tratta di “Penny lane” dei Beatles, cantata e arrangiata con la loro consueta disarmante semplicità, come se si trattasse di una canzonetta senza pretese. Non l’avevo mai considerata fra le grandi, ma devo ricredermi e ancor di più ora, che (poco fa) ne ho voluto leggere la traduzione del nostalgico testocomposto da Paul McCartney.
La compagnia della radio mi fa giungere presto a un bivio importante:
proprio quello per chi deve dirigersi nel capoluogo o, per dirla con loro, nella capitale: Barcellona.
Proseguo ancora, fino a una piacevole area di sosta,
in cui decido di accendere per la prima volta il telefono in terra di Spagna.
Poi riparto e, dopo qualche chilometro, gli occhi si posano con sorpresa sulla temperatura esterna segnalata dal cruscotto:
Diciotto gradi! Non credo proprio che in questo momento, alle undici e trentacinque del 29 dicembre, nella destinazione finale di questo lungo viaggio fino al Nord di Tenerife, ci sia una temperatura molto diversa.
Sono già sicuramente oltre la metà percorso quando mi concedo la sosta rigeneratrice in un’area di servizio.
E qui, per prima cosa, vado a issarmi su un alto blocco di cemento per riprendere, laggiù, il mare luminescente, che oggi, a differenza di ieri, non si nasconde.
Ecco l’esterno dell’autogrill:
ed ecco un particolare… scorcio dell’interno (un viaggio è fatto di tante diverse situazioni, no?)
Grazie al grande anticipo rispetto alle abitudini alimentari spagnole, trovo con piacere la grande sala bar-ristorante semivuota.
Posso consumare la mia merenda (l’appetito ovviamente non è molto), accompagnata da un succo di frutta d’uva, in santa pace
e, a seguire, un rigenerante “café solo”, cioè un normale espresso.
Dopo la sosta, anche la guida sembra meno stressante; ogni tanto, senza distrarmi troppo dai comandi, tento degli scatti volanti al paesaggio, con esiti che si riveleranno in gran parte da cestinare.
Ma non in questo caso:
o in questo, dove, ancora una volta, appare lontano il Mediterraneo:
Intanto, la temperatura esterna non finisce di sorprendere, coi suoi
ventuno gradi e mezzo!!!
La città di Valencia ormai è raggiunta, ma il mio albergo si trova in prossimità dell’ultima relativa uscita, sulla diramazione autostradale verso Madrid.
Cinque ore e un quarto, alla fine, è il tempo di guida impiegato per percorrere questa terza tappa, fino all’imponente hotel-ristorante che mi ospita, in questa sua attigua dependance:
e questa, come sempre per finire, è la mia comoda e silenziosa stanza,
dotata, come ho immediatamente verificato, di un termosifone comodamente regolabile…!
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E scaldano anche con 21 gradi 🤔
Se ti riferisci alla mia notte… caliente, difficile che un hotel sfugga a standard che la realtà dimostra scorretti. Ma qui a Tenerife credo che il riscaldamento sia un concetto generalmente sconosciuto. 😉
A parte tutto devo dire che le temperature che hai trovato sono veramente alte!!
Eh già, cara: non ci sono più le stagioni estreme…!
😀