L’esodo: 7- Rotta sulle Canarie

(Diario di un esule – 9) .

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I pensieri che ti passano per la testa in una situazione statica di quaranta e passa ore sono tanti, sulla dominante di uno solo: come sopportare al meglio il disagio. Quello del lento passare del tempo e soprattutto quello dell’adattamento a due notti da fachiro su poltrone per niente adatte a soluzioni “orizzontali”: avevo preso con me un materassino gonfiabile e una coperta di lana, nella speranza che altri si sdraiassero negli spazi liberi, ma così non è stato.

Contavo anche sulla connessione internet con il wi-fi, ma anche questa speranza è andata delusa, nonostante l’acquisto per dieci euro di tale servizio, rivelatosi inaffidabile. A dir la verità, però, ho avvertito ben presto la positività di due giorni di digiuno telematico.

In questo particolarissimo contesto, non ho avuto alcuna spinta a scattare immagini che immortalassero il mio “veglione” (parola impropriamente adatta…) di Capodanno, che mi limiterò a raccontare, in breve, con le sole parole.

La sala dei passeggeri, come quella dell’attiguo bar, è disseminata di schermi televisivi, che per fortuna diffondono l’audio solo tramite connessione in cuffia, tramite la presa situata sui braccioli delle poltrone.
Per quasi tutto il tempo della traversata, però, verranno trasmessi soltanto film per bambini, in parte di animazione e in parte con attori veri. Al secondo giorno il menu si ripeterà, tanto da farmi imparare a memoria, anche senza volerlo, le sequenze di un cane gigantesco che semina il panico nella realtà normale.

Verso sera e prima della cena (che, come mia abitudine, salterò), dalla vicina sala bar giunge, fastidioso, il vocio di alcuni gruppi familiari che si alternano a giocare a non so che, ridendo e applaudendo con un’animatrice dal professionale tono di incessante allegria.

Nella mia costante e difficile ricerca di posizioni comode per il riposo, si avvicina la mezzanotte.
Pensavo che, per l’evenienza, l’equipaggio offrisse un rinfresco. E invece niente; in fondo, mi dico, siamo nelle mani di una fredda compagnia svedese, ineccepibile per quanto riguarda la pulizia e la navigazione, ma distaccata nei rapporti con la clientela.

Dalla sala bar giunge l’audio di una tivù o di una radio spagnola, che commenta l’avvicinarsi del momento magico, con il solito copione di entusiasmo forzato che la gente si aspetta.
I minuti che precedono la mezzanotte sono scanditi dal passaggio più frequente, quasi nervoso, di persone e coppie in direzione del bar e ritorno.
Io non mi muovo, cercando di sfruttare una posizione che ho trovato, anatomicamente accettabile, fra la mia poltrona e quella attigua.

Con qualche secondo rispetto all’orario del mio telefono, l’entusiasmo radiofonico raggiunge l’atteso apice, nella mia perdurante immobilità.
Osservo, con un po’ di tristezza, il distinto signore olandese dal volto simpatico e dal corpo, ahilui, piuttosto lungo, solitario come me e come me sistemato in prima fila, a qualche poltrona di distanza, che sente il bisogno di alzarsi e poi tornare con un bicchiere di plastica pieno e due o tre piccoli assaggi di qualcosa, salato o dolce non so, ma che immagino acquistato.

Mi sembra di potermela cavare a buon mercato e invece, a mezzanotte e un quarto, la scena, sia pur dal punto di vista soltanto sonoro, si riempie improvvisamente delle incessanti urla giovanili di euforia al seguito della (pur bella) musica di un organetto.
Sarò strano io, ma fatico a capire come si possa provare, e manifestare, tanto entusiasmo, soprattutto in questa difficile epoca, per l’avvento cronologico di un nuovo anno.
Piuttosto, se fosse per me, accoglierei l’anno nuovo con atmosfere propiziatorie di bellezza e armonia.

Comunque la festa si protrae solo per circa un’ora, dopodiché ci sono le condizioni per schiacciare, di tanto in tanto, brevi sonnellini, intervallati da convulse e inutili contorsioni.

Affronto comunque la difficile notte tutto sommato senza angoscia, anzi con la curiosità di mettere alla prova il mio spirito di adattamento.

E come sempre, anche in questo primo giorno dell’anno, il sole alla fine sorge all’orizzonte.

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In vista di un pranzo che rappresenterà l’evento più atteso della giornata, evito la colazione ricca e proteica che tanti si concedono, limitandomi a un infuso e un pacchetto di pistacchi tostati.

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Finalmente il programma televisivo propone musica rock e soul, dapprima alcuni classici, che ascolto volentieri in cuffia, poi brani spagnoli più commerciali.

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Fuori il cielo è molto terso, e le ventate fredde costituiscono un ottimo tonificante.

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Poi, quando rientro, trovo il conforto di un’altra piacevole distrazione, solitamente snobbata in tutti gli anni precedenti: il concerto viennese di Capodanno in universo-visione.

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Apprezzo certi passaggi musicali; molto meno la spocchia del direttore d’orchestra, che risponde con freddo sussiego agli scroscianti applausi del pubblico.

Alcuni brani, poi, fanno da sottofondo a immagini sceneggiate di balletto, che trovo assolutamente insopportabili, tanto sono infarcite di rassicurante, convenzionale, infantile perbenismo.

Nel pomeriggio rubo al maestoso oceano illuminato dal sole questa immagine,

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poi vado in perlustrazione, due piani più sotto, nell’altra sala passeggeri,

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che trovo deserta e, per questo, molto invitante.

Vi passerò un paio d’ore, seminascosto in un posto verso il fondo, con le ormai consuete acrobazie per le gambe e le braccia,  ma anche effettuando questo scatto fotografico dal finestrino, nel tardo pomeriggio:

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Più tardi, quando è già sera, decido di tornare alla mia postazione-base, che trovo molto meno chiassosa di ieri. Qui ho la fortuna di cogliere un breve dialogo fra (più uniche che rare) persone italiane, che si scambiano l’informazione preziosa del previsto approdo nell’isola di Gran Canaria fra mezzanotte e l’una.

Una mia prima sortita alle undici non vede luci all’orizzonte, ma un’ora e mezza dopo questo è l’eccitante spettacolo che si presenta ai miei occhi:

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Ne approfitto anche per ristabilire, via etere, la connessione col mondo, che mi permette di inviare un messaggio di aggiornamento a mio fratello, nonché di leggere i graditissimi, affettuosi commenti intanto pervenuti nel blog.

Una buona parte dei passeggeri lascia la nave in questa prima destinazione.
Nella sala bar alcune persone si sono sdraiate su piccoli divani laterali.
Copio il loro esempio, conquistando finalmente la tanto agognata posizione orizzontale, che mi permetterà un’ora o due di sonno profondo.

E intorno alle otto, che con il fuso orario locale sono le sette, posso fotografare l’approdo a un altro porto, quello importante e definitivo, Santa Cruz di Tenerife:

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La voce garbata e decisa dell’annunciatrice, in spagnolo e in inglese, richiama gli autisti a ritrovare e presidiare la propria vettura, pronti allo sbarco.

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Ma c’è tempo, da qui, anche per le ultime immagini dall’oceano, di cui sta terminando la lunga traversata:

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Uscire dalla nave e ritrovarmi a guidare sulla terra ferma, per le strade di Santa Cruz, mi appare di una semplicità quasi sconvolgente:

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Trentasette chilometri mi separano dalla mia nuova e futura città di residenza, Puerto de la Cruz.

Nel breve itinerario, il cielo sgombro da nubi permette la visione del monte Teide, imbiancato, in cima ai suoi tremilasettecento metri di altitudine, da un po’ di neve.

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Solo una volta arrivato nella città, e nel quartiere di La Paz, già sulla strada verso casa, troverò un bar aperto per una gradita colazione a base di una fetta di torta e un tè caldo.
Cerco nel bagagliaio, con un pizzico di apprensione, ma le trovo presto, le chiavi dell’appartamento che ho affittato da un mese.

Di lì a non molto posso usarle per la prima volta da residente, nella mia amabilissima casetta ammobiliata, dove, troppo stranito per cogliere l’importanza di questi momenti, faccio infine il mio ingresso.

10.

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Informazioni su Franz

Per una mia presentazione, clicca sul secondo riquadro ("website") qui sotto la mia immagine...
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13 risposte a L’esodo: 7- Rotta sulle Canarie

  1. camu ha detto:

    Allora, come ci si sente da emigrati? Immagino che il ritmo quotidiano sia ancora molto intenso, e che ci voglia qualche mese per entrare a regime, ma dacci almeno un cenno che tutto procede 😀

    • Franz ha detto:

      Com’è stato ieri per quello di Sari, anche questo tuo commento, caro Camu, mi fa sentire seguito da amici veri che mi pensano pure quando non mi faccio vivo.
      In effetti il primo mese da esule è stato un po’ travagliato per gli impegni burocratici (ancora lungi dall’obiettivo del certificato definitivo di residenza), ma riempito anche da impegni più piacevoli per la presenza in questa stessa città di una coppia di vecchi amici in vacanza.
      Posso comunque dire che, fin dai primi giorni, i segnali interiori e fisici della bontà della mia scelta sono stati evidenti e incoraggianti forse al di là delle migliori aspettative.
      A presto, spero!

  2. Sari ha detto:

    A quanto pare è vero che la felicità non ha bisogno di parole.
    A ben rileggerci, con parole gioiose, s’intende.
    Ciao Francesco.

    • Franz ha detto:

      Cara Sari, ti sono grato per questa tua ennesima dimostrazione di sensibilità e amicizia.
      A un mese abbondante di distanza dal mio nuovo capitolo di vita il bilancio è molto soddisfacente.
      Prima o poi il desiderio di scriverne, soffocato da una quantità di impegni burocratici (ma anche dalla contestuale presenza di una coppia di miei amici in vacanza), troverà tempi e modi di realizzazione.
      Anche e soprattutto gli argomenti “di attualità” non mancano di certo.
      Nell’attesa, ti invio un caro saluto e un abbraccio.

  3. Amanda ha detto:

    Bella sistemazione, buona nuova vita

  4. camu ha detto:

    Mi accodo agli altri commentatori nell’augurarti un bene arrivato a casa. Peccato che sulla nave non consentissero ai passeggeri di rimanere in auto, avresti potuto sdraiare il sedile e dormire un po’ meglio. Quella del dormire scomodi per arrivare alle Canarie deve essere una cosa tipica: a noi capitò lo stesso con il volo cancellato la sera dalla Spagna, che ci costrinse a dormire qualche ora in aeroporto fino alle 3-4 del mattino, se non ricordo male. A mia moglie ancora fa male la schiena al solo pensiero 🙂

    • Franz ha detto:

      Grazie anche a te dell’augurio, Camu.
      Per quanto mi riguarda, mi viene da considerare quello stress fisico come un biglietto d’ingresso nella mia nuova pagina di vita, che sono quasi contento di aver pagato!

  5. Franz ha detto:

    Ho corretto la foto dell’approdo a Tenerife, che erroneamente era un doppione dell’immagine dell’avvicinamento a Gran Canaria.

  6. Sari ha detto:

    Terra terra! Per quanto sia affascinante l’oceano e magnifica l’alba sulle acque, l’approdo ormai vicino emoziona ancora di più. Ed eccoti a casa, pronto per una prima notte di sonno e di vero riposo.
    Questo tuo accompagnarci nel viaggio mi riporta ai racconti delle tue maratone estive con il desiderio di una mappa fedele, un bar, una stanzetta fresca e una cena sostanziosa.
    Ogni viaggio prevede un ritorno a casa e so che starai bene in questa tu, anche se con un indirizzo nuovo.
    Bentornato e grazie.

    • Franz ha detto:

      Grazie a te, cara amica, di avermi accompagnato in questo lungo viaggio.
      In effetti l’allenamento, per così dire, maturato nei racconti delle mie camminate mi è tornato utile in questa diversa occasione.
      Le mie prime impressioni, di riposo e soprattutto di vita, in un ambiente così nuovo, sono molto, molto incoraggianti e spero costituiscano la premessa a nuovi impegni (oltre al necessario e urgente studio dello spagnolo) vissuti con gioia e leggerezza.

  7. andrealand50 ha detto:

    Ben arrivato caro Francesco. Ho sentito le onde del mare , il profumo dell’oceano e l’aria di Tenerife durante il tuo racconto.

    • Franz ha detto:

      Grazie davvero, caro Andrea, per questo tuo bellissimo commento, che ripaga le molte ore d’impegno gratuito che ho dedicato al diario.
      Ancora auguri e ancora un arrivederci!

Commenti:

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