Per le strade dell’isola (2)

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In questa seconda rassegna, come ho preannunciato in risposta al commento dell’amica Sari, il fattore predominante si sposta dall’oceano alla terraferma, ove la roccia vulcanica, la vegetazione tropicale, le fioriture e gli insediamenti umani diventano i protagonisti.
In particolare, le prime tre immagini, di ambientazione lunare, si riferiscono ai vasti altipiani che contornano la cima del vulcano Teide, che con i suoi 3.715 metri è la vetta più alta del territorio spagnolo.

Buona visione: spero che vi piacciano…
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Per le strade dell’isola (1)

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Cari lettori: antichi, nuovi, estemporanei,
c’eravamo lasciati con il mio felice approdo a Tenerife e arrivo a Puerto de la Cruz, il 2 gennaio di questo 2023; ne serbo un ricordo dolcissimo, come avviene solitamente in relazione agli episodi che aprono nuove pagine di vita positive.

Così è infatti: in questo primo mese e mezzo, mai per un solo attimo ho avuto ripensamenti su una scelta di vita così importante e maturata in tempi così brevi.

Se non ho ripreso a scrivere, né intorno alla mia vita qui, né sul ribollire delle cose del mondo (quanto mai tumultuoso e appassionante) è dovuto alla concomitanza di alcuni fattori: in primo luogo i miei impegni burocratici, ma ancor di più una propensione più vacanziera che stanziale, a cui mi hanno piacevolmente indotto i miei vecchi amici Roberto e Licia, curiosi del mondo, innamorati di quest’isola e ivi presenti, in questa stessa città, per oltre venti giorni di questo mio periodo di esordio.

Con dispiacere di alcuni di voi (…e forse sollievo di altri, compreso, per il momento, il sottoscritto!), quest’articolo e il prossimo, che conto di pubblicare molto presto, non affrontano temi seri, ma solo una collezione delle immagini più interessanti che ho raccolto nelle giornate di peregrinazione coi miei amici, a bordo della mia fidata Ezechiela.

A evitare lo sgradevole effetto “occhi a ping-pong” tipico di tante proiezioni di diapositive, ho cercato di ridurre la selezione e, a evitare errori o imprecisioni, scelgo di non referenziare l’ubicazione dei luoghi fotografati, ma di lasciarli parlare, spero, con la loro efficacia espressiva.

Anche chi, comunque, ha desiderio di riprendere a leggere i miei resoconti, privati e pubblici, penso che sarà accontentato presto.

Per ora… buona escursione multipla.
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L’esodo: 7- Rotta sulle Canarie

(Diario di un esule – 9) .

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I pensieri che ti passano per la testa in una situazione statica di quaranta e passa ore sono tanti, sulla dominante di uno solo: come sopportare al meglio il disagio. Quello del lento passare del tempo e soprattutto quello dell’adattamento a due notti da fachiro su poltrone per niente adatte a soluzioni “orizzontali”: avevo preso con me un materassino gonfiabile e una coperta di lana, nella speranza che altri si sdraiassero negli spazi liberi, ma così non è stato.

Contavo anche sulla connessione internet con il wi-fi, ma anche questa speranza è andata delusa, nonostante l’acquisto per dieci euro di tale servizio, rivelatosi inaffidabile. A dir la verità, però, ho avvertito ben presto la positività di due giorni di digiuno telematico.

In questo particolarissimo contesto, non ho avuto alcuna spinta a scattare immagini che immortalassero il mio “veglione” (parola impropriamente adatta…) di Capodanno, che mi limiterò a raccontare, in breve, con le sole parole.

La sala dei passeggeri, come quella dell’attiguo bar, è disseminata di schermi televisivi, che per fortuna diffondono l’audio solo tramite connessione in cuffia, tramite la presa situata sui braccioli delle poltrone.
Per quasi tutto il tempo della traversata, però, verranno trasmessi soltanto film per bambini, in parte di animazione e in parte con attori veri. Al secondo giorno il menu si ripeterà, tanto da farmi imparare a memoria, anche senza volerlo, le sequenze di un cane gigantesco che semina il panico nella realtà normale.

Verso sera e prima della cena (che, come mia abitudine, salterò), dalla vicina sala bar giunge, fastidioso, il vocio di alcuni gruppi familiari che si alternano a giocare a non so che, ridendo e applaudendo con un’animatrice dal professionale tono di incessante allegria.

Nella mia costante e difficile ricerca di posizioni comode per il riposo, si avvicina la mezzanotte.
Pensavo che, per l’evenienza, l’equipaggio offrisse un rinfresco. E invece niente; in fondo, mi dico, siamo nelle mani di una fredda compagnia svedese, ineccepibile per quanto riguarda la pulizia e la navigazione, ma distaccata nei rapporti con la clientela.

Dalla sala bar giunge l’audio di una tivù o di una radio spagnola, che commenta l’avvicinarsi del momento magico, con il solito copione di entusiasmo forzato che la gente si aspetta.
I minuti che precedono la mezzanotte sono scanditi dal passaggio più frequente, quasi nervoso, di persone e coppie in direzione del bar e ritorno.
Io non mi muovo, cercando di sfruttare una posizione che ho trovato, anatomicamente accettabile, fra la mia poltrona e quella attigua.

Con qualche secondo rispetto all’orario del mio telefono, l’entusiasmo radiofonico raggiunge l’atteso apice, nella mia perdurante immobilità.
Osservo, con un po’ di tristezza, il distinto signore olandese dal volto simpatico e dal corpo, ahilui, piuttosto lungo, solitario come me e come me sistemato in prima fila, a qualche poltrona di distanza, che sente il bisogno di alzarsi e poi tornare con un bicchiere di plastica pieno e due o tre piccoli assaggi di qualcosa, salato o dolce non so, ma che immagino acquistato.

Mi sembra di potermela cavare a buon mercato e invece, a mezzanotte e un quarto, la scena, sia pur dal punto di vista soltanto sonoro, si riempie improvvisamente delle incessanti urla giovanili di euforia al seguito della (pur bella) musica di un organetto.
Sarò strano io, ma fatico a capire come si possa provare, e manifestare, tanto entusiasmo, soprattutto in questa difficile epoca, per l’avvento cronologico di un nuovo anno.
Piuttosto, se fosse per me, accoglierei l’anno nuovo con atmosfere propiziatorie di bellezza e armonia.

Comunque la festa si protrae solo per circa un’ora, dopodiché ci sono le condizioni per schiacciare, di tanto in tanto, brevi sonnellini, intervallati da convulse e inutili contorsioni.

Affronto comunque la difficile notte tutto sommato senza angoscia, anzi con la curiosità di mettere alla prova il mio spirito di adattamento.

E come sempre, anche in questo primo giorno dell’anno, il sole alla fine sorge all’orizzonte.

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In vista di un pranzo che rappresenterà l’evento più atteso della giornata, evito la colazione ricca e proteica che tanti si concedono, limitandomi a un infuso e un pacchetto di pistacchi tostati.

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Finalmente il programma televisivo propone musica rock e soul, dapprima alcuni classici, che ascolto volentieri in cuffia, poi brani spagnoli più commerciali.

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Fuori il cielo è molto terso, e le ventate fredde costituiscono un ottimo tonificante.

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Poi, quando rientro, trovo il conforto di un’altra piacevole distrazione, solitamente snobbata in tutti gli anni precedenti: il concerto viennese di Capodanno in universo-visione.

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Apprezzo certi passaggi musicali; molto meno la spocchia del direttore d’orchestra, che risponde con freddo sussiego agli scroscianti applausi del pubblico.

Alcuni brani, poi, fanno da sottofondo a immagini sceneggiate di balletto, che trovo assolutamente insopportabili, tanto sono infarcite di rassicurante, convenzionale, infantile perbenismo.

Nel pomeriggio rubo al maestoso oceano illuminato dal sole questa immagine,

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poi vado in perlustrazione, due piani più sotto, nell’altra sala passeggeri,

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che trovo deserta e, per questo, molto invitante.

Vi passerò un paio d’ore, seminascosto in un posto verso il fondo, con le ormai consuete acrobazie per le gambe e le braccia,  ma anche effettuando questo scatto fotografico dal finestrino, nel tardo pomeriggio:

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Più tardi, quando è già sera, decido di tornare alla mia postazione-base, che trovo molto meno chiassosa di ieri. Qui ho la fortuna di cogliere un breve dialogo fra (più uniche che rare) persone italiane, che si scambiano l’informazione preziosa del previsto approdo nell’isola di Gran Canaria fra mezzanotte e l’una.

Una mia prima sortita alle undici non vede luci all’orizzonte, ma un’ora e mezza dopo questo è l’eccitante spettacolo che si presenta ai miei occhi:

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Ne approfitto anche per ristabilire, via etere, la connessione col mondo, che mi permette di inviare un messaggio di aggiornamento a mio fratello, nonché di leggere i graditissimi, affettuosi commenti intanto pervenuti nel blog.

Una buona parte dei passeggeri lascia la nave in questa prima destinazione.
Nella sala bar alcune persone si sono sdraiate su piccoli divani laterali.
Copio il loro esempio, conquistando finalmente la tanto agognata posizione orizzontale, che mi permetterà un’ora o due di sonno profondo.

E intorno alle otto, che con il fuso orario locale sono le sette, posso fotografare l’approdo a un altro porto, quello importante e definitivo, Santa Cruz di Tenerife:

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La voce garbata e decisa dell’annunciatrice, in spagnolo e in inglese, richiama gli autisti a ritrovare e presidiare la propria vettura, pronti allo sbarco.

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Ma c’è tempo, da qui, anche per le ultime immagini dall’oceano, di cui sta terminando la lunga traversata:

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Uscire dalla nave e ritrovarmi a guidare sulla terra ferma, per le strade di Santa Cruz, mi appare di una semplicità quasi sconvolgente:

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Trentasette chilometri mi separano dalla mia nuova e futura città di residenza, Puerto de la Cruz.

Nel breve itinerario, il cielo sgombro da nubi permette la visione del monte Teide, imbiancato, in cima ai suoi tremilasettecento metri di altitudine, da un po’ di neve.

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Solo una volta arrivato nella città, e nel quartiere di La Paz, già sulla strada verso casa, troverò un bar aperto per una gradita colazione a base di una fetta di torta e un tè caldo.
Cerco nel bagagliaio, con un pizzico di apprensione, ma le trovo presto, le chiavi dell’appartamento che ho affittato da un mese.

Di lì a non molto posso usarle per la prima volta da residente, nella mia amabilissima casetta ammobiliata, dove, troppo stranito per cogliere l’importanza di questi momenti, faccio infine il mio ingresso.

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