Io la penso così

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Chi mi conosce, così come i pochi che frequentano questo blog da tempi lontani, sa che ho sempre sostenuto con entusiasmo la parabola del Movimento Cinque Stelle, pur senza esserne mai stato un vero e proprio attivista.
Il mio voto di domenica scorsa è andato ancora a loro, una delle gocce del fiume che ha finito per travolgere un’intera classe politica.
A differenza delle volte scorse, però, non ho tracciato quelle due crocette con un senso di appartenenza, ma solo in base a una scelta ponderata e di compromesso.
In passato non mi sono mai nascosto, è vero, alcuni aspetti indigesti che hanno costellato l’evoluzione di questo giovane partito (lo stile dittatoriale nel dialogo interno e verso le periferie, la commistione di interessi aziendali e politici, la mancanza di una posizione antifascista dichiarata, ed altro ancora), ma ne ho sempre e comunque considerato con molto favore la carica di rinnovamento positivo. E lo farei ancora.

In tempi recenti, è cosa evidente, il Movimento ha cambiato faccia, abbandonando quella arrabbiata, di ribellione contro tutti i poteri contrari alla dignità e sovranità, e assumendo, invece, un aspetto per bene e dialogante.
Per candidarsi a governare, ha scelto di mostrarsi rassicurante, sia agli occhi della popolazione che di alcuni interlocutori stranieri, fino al punto di andare a incontrare esponenti del potere statunitense e poi, senza troppo clamore, andarsi a inchinare anche al Muro del Pianto israeliano che, pur se sembra un paradosso, è un po’ come omaggiare Adolf Hitler.
Insomma, la scelta di campo in politica estera è stata molto chiara, anche se, come mi hanno fatto notare in quella palestra a volte molto utile che si chiama Facebook, il programma elettorale in materia sembra ugualmente porre dei punti fermi confortanti. (Non trovando il link che cercavo, mi riprometto di fare un copia-incolla di queste motivazioni in un commento a questo post). Resta comunque un fatto molto emblematico: l’abolizione del costosissimo e inutilissimo progetto di acquisto e messa a punto degli aerei da guerra F-35, uno dei cavalli di battaglia del “grillismo classico”, è “misteriosamente” sparita dal programma.

Considero il potere a stelle e strisce, e quello israeliano, due forme di delirio di potere alleate e simili, benché originate da motivazioni diverse.
Logica vorrebbe, dunque, una mia presa di distanze netta dal Movimento.
E invece no, perché un paio di menti acute, l’economista Alberto Micalizzi e il giurista Ugo Mattei, mi hanno fatto capire che certe posizioni massimaliste, “fuori dall’Euro!”, “fuori dalla NATO!”, “riprendiamo in mani pubbliche Banca d’Italia!”, sono assolutamente velleitarie, perché presupporrebbero, per avere qualche speranza di successo, dei piani articolati di insurrezione sorretti dalla consapevolezza diffusa dei sacrifici relativi.

A questo punto non mi è rimasto che guardare alla competizione elettorale con occhio disincantato e realistico, ed è così che la mia scelta è ricaduta comunque su quanto di meglio incarnavano le diverse proposte elettorali.
Un governo a cinque stelle, pur con tale scelta atlantica, e magari anche con qualche aiutino d’oltreoceano utile a un insediamento abbastanza stabile, sarà sempre molto meglio di una sedicente sinistra amica delle banche e nemica dei lavoratori, così come del razzismo e velleitarismo autonomista della Lega, e della corruzione mafiosa fatta sistema di Forza Italia. Tutte le ulteriori scelte erano magari legittime ideologicamente, ma inutili nella sfida per il governo.
Senza dimenticare che i giovani pentastellati hanno già dimostrato un sostanziale e benedetto cambio di stile nell’approccio alla politica, rispetto a una classe autoreferenziale che è sempre stata molto attenta ai comodi propri. Da loro mi aspetto politiche più efficaci ed eque (a cominciare dal reddito di cittadinanza), su cui però evito ora di soffermarmi, per non dilungarmi troppo.

Alla vigilia del voto ho pubblicato su Facebook alcune frasi piuttosto provocatorie, intorno a cui si è accesa una conversazione piuttosto viva. In particolare, un interlocutore ha reagito con un’altra provocazione, molto pungente nei miei confronti. Evitando di buttarla in rissa gli ho risposto a più riprese, cercando di chiarire il mio pensiero, estendendo anche il concetto al tema della forma di governo.
Dato che mi è costato un certo sforzo di sintesi, che mi dispiacerebbe restasse limitato alla polemica fra due persone, trascrivo qui di seguito l’intero scambio.

Post iniziale:
Tutta la mia comprensione a chi si accinge a votare Potere al Popolo.
Solo una piccola osservazione: che cosa vuole il nostro popolo?
Essenzialmente :
– meno immigrati
– più forze dell’ordine sulle strade
– nuove versioni di Iphone.

Interlocutore:
Magari ristudiarsi i concetti di classe in sé e di classe per sé, potrebbe aiutare.

Risposta:
Se vogliamo fare archeologia del pensiero politico, allora preferisco rileggermi Niccolò Machiavelli, che forse conserva risposte più adatte alla drammaticità della nostra epoca.

Interlocutore:
E in quali passaggi, di grazia?

Risposta:
Tutto “Il Principe”, naturalmente.
Mi sono convinto che l’autodeterminazione di un popolo (soprattutto un popolo composito e “drogato” come il nostro attuale) non sia assolutamente in grado di far fronte alle urgenze del nostro tempo, soprattutto al processo di autodistruzione del nostro ambiente di vita, che procede rapido e, volente o nolente, causa le politiche globali.
In una situazione del genere, il voto non può che essere dato su una scelta di compromesso per evitare il peggio e, possibilmente, migliorare un po’ la situazione attuale.
Ho appena pubblicato, in un commento più sotto, l’intervista al giurista Ugo Mattei, che ritengo illuminante e spero le possa interessare.

Interlocutore:
conosco ugo mattei. continuo a non capire come machiavelli possa essere inserito in questo contesto.
vengo da studi di sociologia politica, ma definizioni di “composito e drogato” per descrivere i votanti, non le avevo ancora sentite.
mi sembra di intuire comunque una forte disillusione nei confronti dello strumento democratico per la decisione delle politiche. è così? e la soluzione proposta quale sarebbe, quella del principe autocratico che si batte contro la fortuna?

Risposta:
Nell’intervista che ho linkato, Ugo Mattei sostiene alcuni punti cardine:
– molte delle principali politiche sono attualmente determinate dalle “lobby”economiche e non dai governi; questo fatto ci sta portando verso la catastrofe ecologica;
– comunque l’Italia resta un feudo del potere occidentale;
– è attualmente velleitario proporre un recupero di sovranità (economica e geo-politica) che, per avere qualche possibilità di successo, presupporrebbe un processo insurrezionale progettato nei suoi sviluppi e sorretto dalla consapevolezza diffusa;
– fra i grandi blocchi, il modello cinese è l’unico capace di attuare una forma di regime socialista capace di una relativa autonomia dalle “lobby” economiche e di forte influenza sull’opinione pubblica; è l’unico che sta ottenendo risultati significativi nel limitare l’impronta individuale ecologica.

Del principe machiavelliano mi sembrano strategici almeno un paio di aspetti:
– ha come missione la liberazione nazionale;
– assume il comando non per imposizione di altri poteri, ma con il consenso popolare; però, dovendo scegliere fra l’essere amato e l’essere temuto, non può che optare per la seconda ipotesi.

Non vedo come una democrazia parlamentare possa avere la forza e la lungimiranza per imporre politiche di recupero di sovranità nazionale e cambiamento del nostro stile di vita in forme ecologicamente sostenibili.
Riusciendomi impossibile immaginare una replica del modello cinese (come dicevo: un partito fortemente radicato che orienta l’opinione pubblica), ritengo, in via del tutto teorica, una dittatura illuminata come unica soluzione possibile di libertà e di salvezza.

Al momento, non ci sono state altre repliche.

Soltanto due ulteriori brevi note, per concludere.
La prima è che, più o meno in concomitanza con l’8 marzo, ho pensato a quanto mi piacerebbe che venisse eletta la dolce e battagliera Paola Taverna alla presidenza del Senato.
La seconda è un caloroso invito a farvi un vero regalo, cioè a visionare e ascoltare la citata intervista a Ugo Mattei, che ha capacità straordinarie di analisi dei processi politici contemporanei riguardanti il mondo e la nostra nazione. (clicca qui)
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Informazioni su Franz

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Una risposta a Io la penso così

  1. Franz ha detto:

    Sui temi della politica estera, in particolare dei rapporti con la NATO, Pino Cabras (candidato ed eletto per i 5 Stelle) risponde alla sollecitazione del suo amico e collaboratore Giulietto Chiesa:

    RISPOSTA DI PINO CABRAS A GIULIETTO CHIESA SU NATO E NUCLEARE
    Giulietto Chiesa, un amico di ormai lunga data, in occasione della mia candidatura per il MoVimento Cinque Stelle spende lusinghiere parole su di me e lo ringrazio di cuore (https://www.facebook.com/giuliettochiesa/posts/10155819680340269). In questi ultimi dieci anni abbiamo collaborato su diversi progetti condivisi e scritto insieme parecchi testi (articoli, libri, manifesti politici), accomunati da una visione del mondo in cui al primo posto per entrambi c’è l’importanza della pace.
    Sul M5S il suo giudizio critico lo ha portato a voler presentare assieme ad Antonio Ingroia un diverso progetto politico, la Lista del Popolo.
    Da parte mia ho invece aderito alla proposta di candidatura del M5S perché continuo a ritenere i cinque stelle – che ho votato anche alle elezioni politiche del 2013 e alle europee del 2014 – come il più organizzato, vasto, popolare e solido progetto di opposizione all’attuale stato delle cose, con la novità rappresentata dal suo attuale programma di governo, che ha un pregio molto temuto da chi ha governato in questi anni: è immediatamente attuabile e si concentra sulle “leve” dell’azione pubblica da subito disponibili, senza attendere i tempi e le inevitabili grandi incognite di altri atti che implicherebbero revisioni costituzionali e recessi da trattati internazionali.
    Fra le cose che ho scritto insieme a Giulietto negli anni sono particolarmente affezionato a un “Manifesto per una Nuova Europa” (http://www.alternativa-politica.it/manifesto-nuova-europa/) che mi sono premurato perfino di tradurre in lingua sarda (http://pino-cabras.blogspot.it/…/manifestu-pro-una-europa-n…). In esso sono contenute valutazioni e proposte sul ruolo delle istituzioni più importanti che agiscono nel continente europeo. Sono valutazioni su cui mi ritrovo ancora oggi e che hanno considerevoli punti di contatto con la parte del programma del M5S dedicata alle questioni internazionali. In particolare, quel documento denunciava «la mutazione della NATO da alleanza difensiva ad alleanza aggressiva, pronta ad agire su teatri di guerra lontani dai confini dell’Alleanza», laddove il programma esteri del M5S recita che esiste «un chiaro cambio di finalità da parte della NATO rispetto al quadro difensivo per cui era stata ideata» e aggiunge che è sempre più ampia la platea di Paesi «che ne chiedono un adeguamento dal nuovo contesto multilaterale», in modo da impostare «le sue attività in un’ottica esclusivamente difensiva». Nel Manifesto per una Nuova Europa scrivevamo, a proposito della multilateralità, che gli Stati Uniti, «da alleato-protettore privilegiato, quali sono stati, devono diventare amici in una nuova alleanza su piede di parità con l’Unione Europea.»
    Giulietto ora fa una prima domanda, la stessa che rivolge a tutti i candidati: «Lei è favorevole o no all’uscita dell’Italia dalla Nato? Lei è favorevole o no alla immediata rimozione dall’Italia delle armi nucleari Usa?».
    La domanda è secca, a risposta chiusa. Tuttavia va detto che un recesso unilaterale da un trattato e da un’organizzazione internazionale non è come firmare un po’ di incartamenti una mattina da un notaio. Faccio mie in proposito le parole di Alberto Micalizzi, che da anni ragiona anche sulle difficoltà tecniche di recedere dall’euro o altri vincoli regolati da trattati: «Non basta “uscire”, bisogna avere un piano ed avere almeno una chance di trovarsi, dopo l’uscita, in una posizione migliore, di maggiore sovranità rispetto a prima, altrimenti è meglio star fermi e costruire le condizioni necessarie».
    Rispondo così: io sono favorevole al superamento dei blocchi militari. Ogni azione in prospettiva deve emancipare l’Europa da vincoli militari appartenenti a un’altra era e che oggi condizionano il suo futuro alle mutate condizioni. Ritengo che occorra costruire un sistema di sicurezza comune fra Europa Occidentale e Russia, perché Mosca ha le chiavi della nostra sicurezza e noi abbiamo le chiavi della sicurezza della Russia e nessuna sicurezza può essere costruita contro gli interessi strategici vitali dell’uno e dell’altro. Per giungere a questo sistema nuovo non ritengo che lo strumento attuale possa essere il recesso unilaterale dell’Italia dalla NATO, bensì un processo di medio periodo che si deve collegare alle scelte e le alleanze possibili con altri paesi europei. Nel programma del M5S si parte dalla premessa che «il “sistema di sicurezza occidentale” non solo non ci ha reso più sicuri, ma è il primo responsabile del caos odierno», e che vi è «discordanza tra l’interesse della sicurezza nazionale italiana con le strategie messe in atto dalla NATO.» Il programma votato dagli iscritti del movimento Cinque stelle aggiunge che «Il MoVimento 5 Stelle sosterrà un percorso di adeguamento dell’Alleanza Atlantica (NATO) al nuovo contesto multilaterale, sostenendo un inquadramento delle sue attività in un’ottica esclusivamente difensiva. Sottoporremo al Parlamento un’agenda per il disimpegno dell’Italia da tutte le missioni militari della NATO in aperto contrasto con la lettera e lo spirito dell’art. 11 della nostra Costituzione. Consideriamo, inoltre, il nostro territorio indisponibile per il deposito e il transito di armi nucleari, batteriologiche e chimiche nonché per installazioni e addestramenti che ledano la salute degli italiani.»
    Quest’ultimo punto risponde positivamente anche alla seconda domanda di Giulietto Chiesa («Lei si impegnerà, nella prossima legislatura, per la immediata rimozione dall’Italia delle bombe nucleari Usa B-61, che già violano il Trattato di non-proliferazione, e per la non-installazione delle B61-12 e di altre armi nucleari?»). Dell’argomento si discuterà eccome in Parlamento.
    Più che un’immediata forzatura istituzionale su un recesso dalla NATO, mi pare estremamente urgente un’altra questione che riveste un’enorme importanza: dobbiamo creare un fortissimo movimento d’opinione affinché il trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) non venga denunciato né da NATO né dalla Russia. Una sua eventuale terminazione sarebbe un pericolosissimo punto di non ritorno per una nuova guerra fredda. I falchi della Nato e di Washington puntano proprio all’uscita degli USA da questo trattato, senza il quale prolifererebbero i missili più pericolosi, in grado di ridurre a pochissimi minuti il tempo di decisioni dal potenziale apocalittico.
    In sintesi, se sarò eletto continuerò l’impegno di una vita per portare nelle istituzioni ogni passaggio che superi l’ordine istituzionale ereditato dalla Guerra Fredda e dalla stagione unipolare egemonizzata dagli Stati Uniti d’America, e stabilisca un sistema di sicurezza collettiva con misure di fiducia e controllo e la fine di ogni proiezione aggressiva delle forze armate, in particolare in materia di sicurezza nucleare. Negli anni ottanta in Sardegna fui fra i giovanissimi promotori di una grande raccolta di firme per un referendum regionale che puntava a far smantellare la base di sommergibili nucleari USA di La Maddalena. A quel tempo non ci furono le condizioni giuridiche per poter svolgere quel referendum, ma vent’anni dopo quella base fu davvero smantellata.
    Le idee camminano e dobbiamo avere la pazienza per trasmetterle nelle condizioni esistenti immaginando un diverso futuro.

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