Lei scoppia a piangere

dylanedit

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Dall’età di sette anni fino ai dodici presi lezioni di piano, da un’isterica e bella signora che diede il suo bravo contributo a rendere infelice la mia infanzia.
La mia prima educazione musicale tuttavia passò anche, per fortuna, forse soprattutto, per altri canali, di cui uno particolarmente privilegiato: mio fratello, di cinque anni e passa più grande di me, che portava a casa dischi a quarantacinque giri e bobine di nastri registrati.
Ebbi modo di familiarizzare, in anni precocissimi, con i principali ‘complessi’ anglo-americani ed italiani di musica beat.
Ma non solo: con grande anticipo sulla loro notorietà nazionale, conobbi anche due giganti della canzone d’autore italiana: Francesco Guccini e Fabrizio De André.
Aveva avuto la dritta da amici di amici del cantautore bolognese adottivo, in fondo la città era, un po’ è ancora, un grande paese, e fu fra i non molti ad acquistare il suo primo ‘ellepì’, cioè ‘long playing’, cioè disco a trentatré giri con varie canzoni, dall’orrendo titolo “Folk-beat n. 1”.
Mi piacque abbastanza, anche se dichiaravo di preferire, ad esempio del brano “Noi non ci saremo”, la versione decisamente più snella, ritmata e meno impegnativa che ne avevano inciso i Nomadi, che avevo ascoltato prima di conoscere quella di Guccini, e che mi era piaciuta tanto da voler procurarmi personalmente il disco a quarantacinque giri.
In effetti quel primo album era parecchio acerbo, e rivelava solo in parte la genialità poetica e musicale che si manifestò progressivamente nei successivi.
La stessa cosa non si può dire, invece, di De André, che fin dalle prime incisioni dimostrò la sua immensa grandezza.
Fui conquistato subito da quelle canzoni, una più bella dell’altra, l’elenco sarebbe troppo lungo, registrate su un nastro del registratore “Geloso”: giravano clandestinamente, la radio non poteva trasmetterle, tanto meno la tv, per via della censura bigotta e retriva di quei tempi, che non poteva accettare versi ‘audaci’ come “via del campo c’è una puttana” o storie piccanti come quella del re Carlo Martello, che ritorna dalla guerra cingendosi d’allòr.

Se Beatles e Rolling Stones non mancarono fra quelle mie prime suggestioni indotte di musica popolare d’autore, stranamente un altro grandissimo personaggio manca all’appello nei miei ricordi di allora: Bob Dylan.
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Fu in anni molto successivi che ne assaggiai la grandezza.
Erano i primi anni ottanta; avevo da poco cominciato a lavorare e non ero ancora stato spedito in trasferta.
Anni abbastanza spensierati, soprattutto grazie ad una vivace compagnia di amici, nata tramite un’inserzione che avevo letto su un giornale di annunci e a cui avevo avuto il coraggio di rispondere.
Durò due anni, quella compagnia, con un certo ricambio di componenti.
Valerio suonava la chitarra con una sensibilità musicale straordinaria: era bello fare le ore piccole cantando e suonando con lui e gli altri amici ed amiche. E fu lui a farmi scoprire Bob Dylan.
Ci soffermammo con passione sul testo di “Just like a woman”, in particolare su un verso: “but she breaks just like a little girl“.
Lei si comporta in tutto come una donna, ma poi “rompe” proprio come una ragazzina: senza farci sviare dal significato scherzoso del verbo rompere come disturbare, rompere le balle, capimmo il significato vero: “lei scoppia a piangere”, optammo, penso correttamente, come migliore traduzione possibile.
Ora, dopo diversi decenni sia dalla pubblicazione che dalla mia scoperta di quelle musiche, di quella musica, di quel brano, i prodigi della Rete mi hanno fatto ritrovare con facilità quel testo, con un po’ meno facilità una sua accettabile traduzione, ma soprattutto un incredibile video in cui, “proprio come un ragazzino”, Bob Dylan canta dal vivo quella canzone.
(Per il testo e la traduzione, clicca qui;  per il video, clicca qui).

Un paio di giorni fa ho fatto un brutto sogno.
Ero sul taxi e, senza pensarci a sufficienza, avevo preso una chiamata tremendamente impegnativa, da un posto sperduto fuori dalla città e difficile da trovare.
Sentivo l’angustia di dover affrettarmi a raggiungere in pochi minuti quella scomoda meta, mentre percorrevo via Mazzini verso la periferia.
Poi, per le strane logiche dei sogni, a un certo punto mi trovavo, sempre con lo stesso stato d’animo, a proseguire conducendo a mano una bicicletta, e avevo appoggiato gli occhiali sul manubrio, e gli occhiali erano caduti.
Passa un’auto, di quelle piccole da città, che so, una Panda, una Yaris, guidata da un anziano accompagnato dalla sua signora.
Frenano, ma non riescono ad evitare di passare sopra i miei occhiali, e di distruggere entrambe le lenti.
Recupero la carcassa, li guardo, cerco di ottenere la loro compassione, ma sono rigidi, stupidi, barricati dietro una polemica posizione di diritto.
Mostro i miei begli occhiali distrutti, e dico loro che senza quelli ora non posso lavorare, e c’è un cliente che mi sta aspettando.
Loro restano sordi ai miei lamenti.
Allora mi appoggio alla bicicletta, e chino il capo sul manubrio, e mi lascio andare.
E scoppio a piangere.
Proprio come un ragazzino.
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Immagine da:
http://www.tnt-audio.com/topics/bringing_it_all.html

Informazioni su Franz

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6 risposte a Lei scoppia a piangere

  1. Giovanna Amoroso ha detto:

    JUST LIKE A WOMAN più che un semplice testo musicale, una “lirica pura”…

    Buona giornata, caro Franz… e attento a non rompere gli occhiali!!!

    Baci

    Giovanna

    • Franz ha detto:

      Cara Giovanna, se la volta scorsa ti ho definita “addetta ai lavori” in campo letterario, questa volta ti chiamerò “specializzanda” in canzone d’autore, visto che stai seguendo il corso di relativa semiotica al DAMS.
      In ogni caso, e in ogni campo, sempre graditi i tuoi commenti !
      Baci.
      p.s.: i miei occhiali ti ringraziano per il consiglio…

  2. Superfragilistic ha detto:

    Just like a woman: fantastico e quel tenerissimo Bob Dylan è lo stesso che appare nel film storico su di lui fatto da Scorsese ‘No direction home’ del 2005 che ho avuto la fortuna di vedere in prima visione a Londra sul canale della BBC 1 che l’ha prodotto. Poi lo hanno fatto su Jimmy il canale di Sky, ed io l’ho registrato ed ora ho 2 DVD ( perché è lungo) dell’edizione con sottotitoli. Mi ha anche stupito il suo atteggiamento di fastidio verso i giornalisti e tutti qusnti volevano appiccicargli un’etichetta. Sembrava fottersene delle ragioni politiche ed era infastidito da quanti si aspettavano da lui risposte di pari intensità di quelle delle parole delle sue canzoni. Ed alla fine l’intensità del suo pensiero e delle sue musiche, se togli loro l’ispirazione politica ed il credo nella lotta, diventano misteriosa ispiraziome quasi sovrannaturale.
    Per Guccini ed il disco che citi, ricordo che per anni ho suonato e canato con la chitarra, il mio pezzo di battaglia ‘In morte di un’amica’. Grazie Franz e non preoccuparti degli incubi che poi basta svegliarsi e vanno via. Un abbraccio Super

    • Franz ha detto:

      Sono contento di aver centrato, con Dylan, un probabile bersaglio delle tue passioni musicali storiche; un po’ ci contavo.
      E’ vero, anche a me dà l’impressione di una genialità che, come in ogni artista vero, è un dono assoluto, che prescinde dall’impegno politico e sociale; e in fondo non mi meraviglia quel suo atteggiamento un po’ infastidito che citi.
      “In morte di S.F.” era, per la precisione, il titolo del tuo cavallo di battaglia, poi diventato “Canzone per un’amica” nella versione dei Nomadi. Era dedicata ad una ragazza che frequentava, sembra, lo stesso liceo di mio fratello Davide.
      Beh, ora ti saluto e vado a dormire, sperando questa volta in sonni tranquilli, come auguro anche a te.
      Un abbraccio.

  3. myrta ha detto:

    Anche io adoro Guccini, in ogni sua espressione musicale. Trovo l asua poetica incredibile e molto vera. Bob Dylan e il rok meno, altre musiche non le capisco, ma adoro i REM. Educazione musicale scomposta e frastagliata,direi.
    Spero che i tuoi occhiali siano interi e l’incubo sia finito, ma a volte la mente gioca scherzi strani, come quella volta che ho spento la macchina in mezzo alla strada prima della sede di lavoro. Era un messaggio chiaro e netto!!! Scappa!!! Ciao Myrtawordpress stats plugin

    • Franz ha detto:

      La strada della propria educazione musicale è per fortuna molto libera, e, per fortuna ancora più grande, ricchissima di occasioni per costruirsi il proprio personale percorso, che dunque non è mai nè scomposto nè frastagliato.
      E’ bello comunque poter condividere le passioni ed emozioni relative alle parti comuni di quel percorso.
      Certo, il sogno e la distrazione ci mandano sempre segnali importanti.
      Ma i miei occhiali sono ancora interi e tu (…ad oggi) non sei scappata.
      Ciao !

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