Due fari nel buio

fariedit

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Hanno a volte qualcosa di inquietante, nella loro stranezza, i sogni.
Avvertivo alla destra del mio letto la porta con il vetro smerigliato che c’era nella mia minuscola camera di via Guerrazzi, quando avevo quindici anni (mi sembra ancora di sentire la scarsa resistenza della vecchia maniglia oblunga).
E sentivo entrare in casa una donna, che sapevo essere una mia vecchia compagna, ma anche, in qualche insondabile maniera, mia madre.
Inquietudine, senso di invasione, improvviso allarme: a fatica, nella paralisi muscolare del sonno, riesco ad emettere un urlo, che esce strozzato, oltre che disarticolato.

Svegliarsi così depone male per tutta la giornata.
Se poi aggiungi alcuni impegni pomeridiani che non ti permettono di recuperare un po’ di riposo, e un temporale che, anziché al sereno e al fresco, cede il posto a rare gocce di pioggia e a un’umidità che toglie il respiro, non c’è da meravigliarsi se avverti il morale sotto le scarpe.
E le energie assenti.
E tutti quei bei discorsi, sulle possibilità di godersi la quiete estiva senza bisogno di vacanze, un puro, inutile e anche fallito esercizio mentale; altroché, hai dovuto ammettere, qui siamo tornati a livelli di pura sopravvivenza.

Poi il lavoro per fortuna non è mancato, tanto che al consueto controllo delle dieci, allo scattare della tariffa notturna, l’incasso era buono.

Si chiama Piazza della Costituzione, ma in realtà è un largo e breve viale, fatto a lettera elle, con gli estremi sulla via Stalingrado, quella che porta a Ferrara, e su viale Aldo Moro, che fiancheggia il quartiere fieristico. Sul vertice dell’angolo c’è l’entrata principale della fiera, ma anche il teatro Europa, ma anche il lungo posteggio dei taxi che termina quasi davanti al Palazzo degli Affari.
Si ripete il copione di ieri: dopo cena un vero e proprio collasso dell’attività, così come della vita cittadina.

Qualcosa di suggestivo, in effetti, ce l’ha, l’entrata della fiera così desolata questa notte; poche luci, nessuna presenza, dopo che un autubus, con un giro tortuoso intorno agli spartitraffico, ha caricato una giovane dalla pelle scura che, chissà che stava a fare dentro la fiera, ne era uscita dirigendosi di buon passo verso la fermata, per aspettarlo pazientemente. E che avrà benedetto la mia rassicurante presenza, le mie luci di posizione accese, mentre io maledicevo il fatto che non venisse da me.

Non ci sono neanche i due trans che di solito battono laggiù, vicino all’angolo con via Stalingrado presso l’hotel Unaway, creature, con tutto il rispetto, dall’apparenza mostruosa, le gambe lunghissime dalla pelle liscia, il seno finto in esplosiva evidenza, le spalle larghe, quel poco di abbigliamento vistoso e pacchiano.
C’è il buio, in piazza della Costituzione; poche insegne illuminate: osservo lassù quella di Unicoper con una lettera fulminata.

E c’è il buio anche dentro di me, in questa lunga e vana attesa di una chiamata, che toglie quei residui di vitalità strappati a fatica alla giornata difficile.
Cinque anni e mezzo di lavoro: una lunghissima sfilata di personaggi, qualcuno particolarmente fissato nella memoria grazie ad una traccia lasciata negli ormai tre anni di blog, e che sembrano riapparirmi come nella sarabanda finale del film “Otto e mezzo”, come a quello sguardo rasserenato di un Mastroianni finalmente in pace col suo passato.
Senso di saturazione.
Come fosse ormai esaurito lo spazio per personaggi vecchi e nuovi, e nuove storie, nuove avventure.
Saturazione, sipario calato, con discrezione, sul lavoro e sulla mia vita, che sembra tanto connotarsi, fin qui, come un lunghissimo e vano dibattersi.

Sopraggiunge una vettura; si ferma una trentina di metri alle mie spalle, alla fine dell’area di posteggio taxi.
Non ne esce nessuno, e i fari restano accesi.
A lungo. Immagino giri loschi, di sesso o di droga.
Nell’altra carreggiata ora passano diverse auto, ma nessuna sembra attirata dalla vistosa presenza di quell’auto dai fari accesi.
E’ tuttavia un piccolo atto di educazione della misteriosa persona alla guida, a ridimensionare le mie oscure immaginazioni: si sposta leggermente accorgendosi di essere d’intralcio, quando una vettura inverte la marcia sfruttando la prima interruzione nello spartitraffico.

Sono passate le dieci e mezza: sono fermo da quaranta minuti e non è giunta neanche, come altre volte, la chiamata della giovane nera prostituta uruguaiana che abita qui vicino e che ha la sua “sede di lavoro” sul viale vicino alla stazione.
Standby. Anche del cervello.
Quando il suono elettronico di una molla: doing, doing, del nuovo terminale si decide a richiamarmi all’attività: Via Caduti della Via Fani.

Riaccendo il motore, e il sipario si torna ad alzare, con discrezione.
Chissà, forse era finito solo il primo atto.
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Immagine dal sito:
http://www.tricole.it/home.htm

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10 risposte a Due fari nel buio

  1. Miss ha detto:

    Nella notte e nel buio la visione dell’insieme cambia. I momenti di solitudine ed attesa hanno uno diverso spessore, aprono a diversi pensieri, il mistero ci circonda.
    Notte. Miss. Baci.

    • Franz ha detto:

      E’ vero, cara Miss, è un potere quasi magico, quello che ha la notte di donare una dimensione calma e meditativa ad ogni ambiente; è un peccato per chi non sa approfittarne, anche solo di tanto in tanto.
      Buona settimana a te, baci.

  2. duhangst ha detto:

    Mentre leggevo, sentivo il tuo attendere. E’ come se le tue parole scandissero i minuti che hai passato là.

    • Franz ha detto:

      Beh, caro Du, è il genere migliore di complimento che può ricevere chi scrive un racconto.
      Grazie davvero anche a te per l’incoraggiamento.

  3. silvanascricci ha detto:

    Scrivi davvero molto bene, lasciatelo dire da una che ha letto e legge tantissimo e a cui piacerebbe saper scrivere.
    Non avevo mai visto la fiera in questa prospettiva, forse perchè ci vado e raramente solo di giorno e di notte se ci sono spettacoli e concerti.
    Grazie ciao

    • Franz ha detto:

      Grazie a te dei complimenti (per me preziosi) e di questo tuo commento, che, dato che sei in vacanza, vale doppio.
      Ti auguro giornate di intenso svago.
      Ciao !

  4. Giovanna Amoroso ha detto:

    L’attesa…
    Sempre interminabile.

    In bilico tra sogno e realtà…

    Un bacio carissimo Franz.

    Giovanna

    • Franz ha detto:

      L’attesa ci spaventa. Forse perchè è la dimensione in cui i fantasmi della mente, come dici tu “in bilico fra sogno e realtà”, sembrano avere la meglio.
      Un bacio a te carissima Giovanna; è sempre un grande piacere vederti riaffiorare dalle tue …immersioni.

  5. Alanford50 ha detto:

    Ciao Franz, ho letto ed apprezzato questo tuo raccontare, nonostante il quasi nulla che è successo, a parte quei fari rimasti accesi, ho colto comunque un senso di quasi piacevole rilassatezza e di quello che io chiamo la concessione di vivere appieno il proprio tempo, hai avuto il tempo di regalarti dei pensieri, di sentirti e di parlarti e per questo devi sentirti fortunato, non è da molti questa possibilità ne questa capacità di ascoltarsi, certo che qualche cliente in più so che giustamente non ti dispiacerebbe, ma quello che ne hai avuto in cambio non è cosa da tutti, quindi cerca di vederla come se non fosse andata poi così male….

    Ciao neh! e tanto per emulare il nostro amatissimo premier consentimi di augurarti… E BUON LAVORO! che tanto la crisi non esiste, è tutta una invenzione di quei pochi comunisti ex mangia bambini che sono ancora rimasti, ariciaoooo neh!wordpress stats plugin

    • Franz ha detto:

      Restare in contatto, sia con la realtà esterna che con quella interiore. Il tuo commento sembra evidenziare questo come contenuto di vita che traspare dal racconto, più forte del senso di desolazione e aridità che in realtà provavo ed ho in qualche modo descritto.

      Ti ringrazio dell’attenzione e dei contributi preziosi che non fai mai mancare ai miei scritti.
      E anche di avermi ricordato l’invito all’ottimismo della Jena Ridens; come diceva Troisi: “Mò m’o segno !”
      Salutoni.

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