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Giovedì 23 settembre 2010
Come ogni tanto per stanchezza mi succede, la notte scorsa, alla fine del turno di lavoro, avevo lasciato il telefonino chiuso dentro la Cavallona, in garage.
Dopo il risveglio, non appena un po’ presente a me stesso, e un minimo presentabile anche ai vicini che potessi eventualmente incontrare nel breve tragitto, ho cominciato dunque la mia giornata con il recupero dell’oggetto.
Con una leggera apprensione, non si sa mai di averlo invece smarrito, ho aperto il portone basculante dello stallo dove la Cavalla continuava il suo placido e grato riposo, ho illuminato l’ambiente, e cercato subito con gli occhi quell’incavo sul cruscotto dove lo tengo di solito.
Tutto sotto controllo, per fortuna: era ancora acceso, e nessuna chiamata o messaggio nuovo.
Nell’aprire la portiera, però, un altro oggetto, abbandonato sui sedili posteriori, ha catturato immediatamente la mia attenzione: una carpetta di cartoncino per documenti, color ocra, non sigillata.
Ecco, accidenti, succede sempre a fine servizio, quando poi diventa più difficile contattare il cliente distratto.
La curiosità mi ha fatto subito prendere in mano il leggero incartamento, e prima ancora di estrarne i due soli fogli che conteneva, una scritta, in bella evidenza sul cartoncino pieghevole, mi è arrivata come una stilettata al cuore ancora un po’ addormentato:
“Per il cavalier narrante“.
Semplice coincidenza, o la volontà, non priva di una dolce strizzata d’occhio, di fare avere proprio a me quei documenti?
Con curiosità moltiplicata, e cuore e attenzione molto più vigili, ho immediatamente aperto la carpettina.
Due fogli bianchi, con pochissime scritte.
Sul primo ho riconosciuto senza dubbio le coordinate geografiche identificative di una qualche località, informazione che i più sofisticati navigatori satellitari sono oggi in grado di trattare, in ingresso o in uscita.
Il secondo invece, con una grafia molto ricercata, conteneva questa breve frase:
“Molte porte si apriranno davanti a te, cavalier narrante,
se così ti presenterai“.
Firmato: “Il tuo preciso destino“.
Inutile dire che ho passato tutta questa giornata a rimuginare su quello stranissimo ritrovamento, incerto se dargli credito o meno finché, poco fa, ho preso la decisione di telefonare e chiedere aiuto al mio collega Max, dotato di uno di quei moderni attrezzi tecnologici.
Mi sono messo d’accordo con lui, che stasera, per le nove, mi ha promesso di farmi compagnia a cena, alla mia solita mensa dei ferrovieri.
Venerdì 24 settembre 2010
Un vero amico, Max.
Si è incuriosito e divertito alla mia vicenda e l’ha presa a cuore, al punto da promettermi di prestarmi il suo navigatore in occasione del suo prossimo giorno di riposo, cioé domani.
Ma non solo: insieme abbiamo cercato di individuare la località indicata da quelle coordinate; si tratta, se non ci siamo sbagliati, di una zona di campagna in provincia di Grosseto.
Poi, sapendo che di lui mi fido, o forse per il suo carattere molto incline ai voli di fantasia, mi ha sollecitato a tentare la spedizione, non sia mai che davvero “il mio preciso destino” mi stia aspettando da quelle parti.
Ed io, che talvolta sono una persiona impressionabile, mi sono lasciato convincere.
Domattina alle dieci passerò da lui, mi farò prestare il GPS, e partirò alla volta della Toscana.
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Domenica 27 settembre 2010
Una giornata memorabile, ieri.
Sarà quel che sarà, sia che davvero quest’episodio cambi radicalmente il corso della vita mia e non solo mia, come tremo di emozione al pensiero, sia che mi abbia permesso niente più di un’insolita esperienza fine a sè stessa, sono comunque contento di essermi fatto convincere ad affrontare una delle più strane gite della mia vita.
Ma andiamo con ordine.
La Bologna-Firenze, sempre pericolosa con tutte quelle curve, quei TIR scatenati e quegli autovelox in agguato; poi, verso Livorno e lungo l’Aurelia, le cose sono andate meglio, e la dolcezza del panorama della Toscana tutta, che si impone e si fa riconoscere da qualunque parti vi si addentri, ha confortato il mio veloce cammino.
Una pausa ad un area di servizio per un panino, quindi mi sono rimesso alla volontà di quella voce di donna sintetizzata che usciva dal piccolo navigatore.
Ed essa mi ha condotto per strade sempre più strette e meno trafficate, e in una campagna sempre più aperta e selvaggia; non mi sarei sorpreso ad incontrare qualche tradizionale ‘buttero’ a cavallo, ..che magari anche la Cavallona avrebbe gradito.
“Fra cento metri girare a destra”.
“Va bene, signorina!”.
La strada è asfaltata solo per un breve tratto, poi diventa bianca; il galoppo della Cavalla lascia dietro di sé una scia di fumo polveroso.
La ‘signorina’ tace per qualche chilometro, poi, finalmente, l’annuncio che più desideravo:
“Fra trecento metri si giungerà a destinazione”.
Sfido, penso fra me, la strada finisce, mentre la vocetta mi fa: “Destinazione raggiunta”.
Davanti a me una cancellata di legno grezzo, e una grande insegna:
“Maremma mayala“
con l’effigie di un bel maialino e, sullo sfondo, un modellino di piramide a scaloni, in stile Maya.
Sotto, più in piccolo, “Ranch, agriturismo, allevamento maiali” e, più piccolo ancora, “Suonare e presentarsi al citofono“.
Ho spento il motore, mi sono stiracchiato qualche secondo, ho ripassato la parola d’ordine, poi, non senza un po’ di batticuore, ho suonato al campanello.
Niente.
Ho tornato a suonare al campanello, e questa volta ho sentito attivarsi il citofono.
Mi aspettavo il canonico “Chi è?” per rispondere fiero: “Il cavalier narrante” e verificare così, cercando di non tradire civetteria, il funzionamento di quella mia privatissima password.
Con un misto di delusione e sollievo ho sentito invece lo scatto della serratura automatica che si sbloccava.
Sono entrato.
Un vialetto alberato mi ha condotto ad un grande spiazzo erboso, forse il primo di una serie, e lo spettacolo che mi si è presentato mi resterà a lungo davanti agli occhi.
Maiali, grandi e piccoli, in libertà, quasi tutti fermi a far la siesta e grufolare; e accanto a ciascuno di essi una o due persone, in prevalenza trentenni e quarantenni, ma anche più anziani, uomini e donne, tutti seduti nella classica posizione yoga del fiore di loto, e tutti vestiti con un semplice tunicone rosa unisex.
Gli sguardi concentrati sul corpo del suino prescelto per la contemplazione.
Una musica indiana, di sitar e pochi altri strumenti, diffusa su tutta l’area, a generare un incanto sufficiente a coprire la crudezza dei grugniti.
Un altro rumore artificiale, poi, proveniva da laggiù: quello del motore di una grande vasca idromassaggio, all’interno della quale si stavano rilassando in silenzio cinque o sei persone, non so se nude o in costume da bagno.
Un po’ sorpreso da questo scenario, ed estraneo ad esso nel mio abbigliamento, ho arrestato il mio cammino, un po’ per rispetto e un po’ perchè non sapevo dove dirigermi e a chi rivolgermi.
Finchè ho visto uscire da un sentiero in una boscaglia, ed entrare nello spiazzo, un personaggio che si distingueva nettamente.
Alto, studiato nel portamento, stempiato, la coda di cavallo sui capelli giallognoli, indossava un tunicone rosa diverso dagli altri, per alcuni raffinati ornamenti sui bordi, e camminava con passo lento e grave fra i suini e gli umani.
Ho provato a sorridergli da lontano, ma sembrava non curarsi di me; poi, quando si è venuto a trovare vicino, gli ho detto “Buongiorno”.
Immediatamente si è portato il dito indice davanti alle labbra, intimandomi il silenzio, e riempiendomi di ulteriore disagio.
Diversi minuti di tale situazione paralizzante, che mi sono sembrati ore, finchè finalmente è venuto a salvarmi un altro uomo, vestito in jeans, una camicia chiara con le maniche un po’ rimboccate, e un paio di sandali.
Mi ha fatto segno di entrare in una piccola costruzione sulla destra, il suo ufficio, probabilmente la reception.
Una faccia alla Vittorio Sgarbi, con tanto di grande ciuffo sale e pepe e vistoso paio d’occhiali neri, mi ha fatto accomodare davanti alla sua piccola scrivania, poi ha estratto un grosso registro e una biro.
“Nome di battesimo?”, mi fa, con tono neutro, di routine.
“Francesco, oppure Franz, oppure Cavalier narrante”.
Mi guarda con un sorriso un po’ beffardo, poi, senza perdere la calma:
“Avevo detto solo: nome di battesimo”.
“Ah, va bene, Francesco”.
“Segno zodiacale?”
“Sagittario”, e rinuncio ad aggiungere, come faccio altre volte, “ma non credo all’astrologia”: per carità, non è il caso nè il momento.
“Ascendente?”
“Non lo so”.
Non riesce ad evitare di fulminarmi con uno sguardo:
“Come non lo sa?”
“Non lo so”.
“Beh, allora mi dica data e orario di nascita”.
Quelli per fortuna li so, e glieli comunico.
“Bene, le faccio un’ultima domanda: conosce i nostri corsi di avviamento spirituali, o è venuto per curiosità, o magari alla ricerca di un agriturismo standard?”
Visto che la parola d’ordine non sembrava aver sortito effetti, cerco di uscire d’impaccio chiedendogli informazioni sui corsi.
“Bene”, mi risponde, “abbiamo un corso base per imparare a vedere l’aura dei maiali, poi uno per imparare il linguaggio degli angeli, e infine quello più elevato, un corso teorico-pratico di ufologia. Ha già frequentato corsi simili?”.
“No, mai”.
“Bene, c’è sempre una prima volta. Le lascio questo opuscolo: qui ci sono le informazioni principali, comprese quelle sui costi dei corsi e dell’alloggio a pensione completa”.
“Ah bene, la ringrazio, era proprio quello che cercavo, per ora”.
“Grazie a lei, Francesco. Mi raccomando, nell’uscire, faccia piano, non mi distragga i suini”.
“Farò il possibile”.
Con grande sollievo e passo felpato ma veloce mi avvio verso il vialetto di ingresso.
E’ andata male, penso fra me e me, nell’aprire e richiudermi dietro il grande cancello di legno, ed avviarmi verso l’auto parcheggiata lì vicino.
Poi contraggo d’improvviso le sopracciglia e stringo gli occhi: sotto il tergicristallo della Cavallona qualcuno ha inserito un’altra carpetta color ocra, del tutto uguale a quella ritrovata due giorni prima sul sedile.
E con scritte, in bella evidenza, le stesse parole un po’ ruffiane: “Per il cavalier narrante“.
Con il cuore palpitante mi ci sono avventato, l’ho aperta e ne ho estratto l’unico foglio che conteneva.
A differenza dell’altra volta, il messaggio era scritto molto fitto: lungo e circostanziato.
E non poco sconvolgente.
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(continua)
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Immagine elaborata dai siti: http://www.ricchezzavera.com/ e disegnomanga.ning.com
I maiali della Maremma sono molto interessanti e hanno l’aura? Non lo sapevo! Complimenti per essere riuscito a portarci in un luogo così lontanto e diverso dai nostri. Ma lì, si sa, c’è sempre qualche aspetto inusuale della vita. Attendo la seconda parte, la terza, la quarta ecc. Riri52
Per vedere l’aura dei maiali maremmani bisogna frequentare il primo livello dei corsi; se vuoi ti spedisco il listino prezzi. 😉
Per la seconda parte, penso proprio che l’attesa sarà ormai molto, molto breve!
Ciao Riri.
a me piace a puntate, ricorda appunto certi romanzi d’appendice.
Aspetto la prossima, so già che non ci deluderai
Ciao Oriana, grazie per la fiducia!
In effetti mi ricordo che, nei confronti di alcuni ‘originali sceneggiati’ televisivi (allora così chiamati, quelli che oggi chiamano ‘serial’) della mia infanzia e adolescenza, si stabiliva un legame di aspettativa e di affetto che durava nel tempo, alimentato dalle singole puntate.
Non sono abbastanza vecchio, invece, per aver vissuto le stesse attese nei confronti dei romanzi d’appendice…
va be’ sono “grande” ma davvero non così grande da aver letto anch’io romanzi d’appendice!
Lo supponevo.
Comunque, voi di ‘Tiffany estate’ siete tutte/i molto grandi di cuore.
La suspense non la sopporto, io sono una che deve sapere tutto e subito.
Sono davvero curiosa di sapere come andrà a finire questa storia surreale, coi maiali poi…
Come ho già detto in alcune repliche, non credo che riuscirò ad aumentare i miei ritmi consueti di pubblicazione.
E non per godermi sadicamente la curiosità che ha suscitato la vicenda, di cui tuttavia ammetto di gongolare un bel po’…
Un amichevole, affettuoso, piccolo grugnito anche a te!
Non sarò in patos per la tua storia.
Raggiungerò il molo spirografo e lì,gustando il sole autunnale, a pochi centimetri dal mare,cecherò di finire di leggere un libro.
Caro il mio Franz attendo nuovi sviluppi. Con calma.
Ciao T.
Sei ‘troppo avanti’, mio caro, nel cammino di una quieta saggezza, anche se devo dire che le condizioni climatiche, là da te sul tacco dello stivale, ti sono spudoratamente favorevoli.
E poi la tua reazione, confrontata a quelle delle amiche commentatrici, sembra confermare il detto: “La curiosità è femmina”.
Ciao, alla prossima.
p.s.: il tuo commento, e il successivo tentativo, erano finiti automaticamente, chissà perché, nella coda di spam. Forse la parola ‘spirografo’ non era piaciuta a WordPress.
Franz!!! sono appena appena giusto un tantinello di sapere come prosegue la storia!!!
Dai!!! certa piccola deviazione da queste parti ci stava bene, no?
Cara Sara, una deviazione in terra apuana avrebbe allungato troppo l’itinerario, anche perchè, giunti nella tua oasi, al cavaliere e alla cavalla sarebbe passata la voglia di proseguire…
Letta così sembrerebbe la storia della classica ordinaria fregatura, come molte ne succedono purtroppo al giorno d’oggi, ma, ma, come sempre accade nelle migliori rappresentazioni teatrali l’autore ci riserva un coupe di theatre (nel senso buono del termine), solo che in questo caso il narratore è birbantello e rimanda tutto alla prossima narrazione, lasciandoci qui condannati a consumarci e a rosicchiarci le unghie dalla curiosità, uuuhhhmmm, cercherò di resistere fino a quel momento, sperando di riuscire nel continuo rosicchiare a non dover passare dalle unghie alla carne delle dita, ahahah, complimenti un post bellissimo.
Ciaooo neh!
Grazie dei complimenti, Alan, e mi raccomando, resisti dai ‘peccati della carne’: sta scritto infatti che lo spirito è forte ma la carne è debole…
Ciaone.
In un attesa, quasi spasmodica, del seguito, ti saluta
Mirella
Un caro saluto e un benvenuto da queste parti, anche se so che non è la prima volta.
Anche a te chiedo molta pazienza: per qualche giorno dovrai aspettare la seconda parte.
dimmi che questa è come quella delle cavallette in macchina
dimmelo subito!
Posso rassicurarti solo su una cosa: questa volta alla fine l’io narrante non morirà; per il resto aspettati sviluppi imprevedibili.
piccola nota: un cavaliere narrante direbbe parola d’ordine non password (orrore, disdoro!)
Ma è un cavaliere del terzo millennio, perbacco! 😡
Sì ma di lingua italiana!
Okay baby, you’re right!
Eh, noooo!!! Mica ci puoi lasciare così!!! Soprattutto tenendo conto dei luuuuuunghi intervalli con cui ultimamente pubblichi i tuoi post!
Ma, mi chiedo io, come ti è venuta in mente una storia così… strampalata? Che poi, a dir il vero, troppo strampalata non è, perché mi sono ritrovata, entrando con te in Maremma Mayala, nella stessa atmosfera (maiali a parte) vissuta in un mio viaggio di qualche anno fa nel Kerala, quando ebbi la malaugurata idea di visitare uno di quei posti dove tutto è bontà e amore e pace e bla bla bla, ma dove, a osservare gli abitanti temporanei del luogo cosiddetto mistico, più che “illuminati” da un qualche spirito divino, mi sembravano tutti degli zombi.
Comunque: quanto dovremo attendere per la prossima tappa di questa sorta di caccia al tesoro e venire a conoscenza della profezia? E conoscere Rosino?
Spero non troppo!
Questa volta evito di dire quanto il tuo post sia: affascinante, intrigante, interessante, straniante, scritto stra-bene, e quant’altro, come eviterò di usare espressioni come “quant’altro” che trovo detestabili. Sì, eviterò proprio di dire che mi è piaciuto un sacco…
Ciao, Cavaliere Narrante!
Abbi pazienza, cara Milvia: questa prima parte mi è costata quasi una notte di sonno, e se continuo così poi mi tocca andare a rigenerarmi in qualche centro di quel genere…
Anch’io questa volta, allora, evito di ringraziarti per le tue bellissime parole, e anche per aver affrontato subito questo brano piuttosto lungo (ma sei stata seguita a ruota da altre amiche).
Ciao, un saluto e un piccolo grugnito di riconoscenza.