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Vecchie e nuove conoscenze si incontrano a volte, alternate con lenta apparente ciclicità, lungo il mio consueto percorso di allenamento podistico, accanto ai laghetti di Castenaso con il piccolo parco, alle piste da golf, alla tenuta con i cavalli, ai campi di grano da una parte e alla prospettiva di serre di plastica trasparente e opaca dall’altra, fino al tratto di strada provinciale che costituisce il punto più lontano da casa; e poi il ritorno, con la variante attraverso la boscaglia che fiancheggia per un altro lato gli inappuntabili prati del golf, sempre rasati e irrigati.
All’incrocio della stradina privata con la provinciale, cinta da un piccolo giardino prima che dai campi, sorge una casa di recente costruzione, o probabilmente una delle tante case di campagna completamente ristrutturate, pianterreno e primo piano.
La si nota fin da lontano, isolata com’è; e da lontano si scorgono in tutta la loro evidenza alcuni pannelli solari sul tetto.
Avvicinandosi, poi, si può notare la grande cura in un altro genere di isolamento, cioè quello termico, in quelle finestre non troppo numerose e non troppo grandi, con i doppi vetri e con gli infissi di metallo sigillati da strisce di resistentissima gomma dura.
Inutile dire l’entusiastica simpatia che hanno sempre suscitato in me quei vistosi dettagli di attenzione ecologica, e, di conseguenza, anche gli sconosciuti abitanti di quella casa.
E così l’estate scorsa, quando, oltre la deviazione ad angolo retto lungo la provinciale, avevo notato che l’anziano della famiglia se ne stava spesso a prendere un po’ d’aria seduto vicino al portone d’ingresso, cominciai a fargli un cenno di saluto col braccio, nel passargli davanti, ricambiato con molta discrezione fin dalla prima volta.
Divenne una consuetudine, quel mio gesto sempre più naturale ed espansivo, accompagnato da un sincero sorriso, anch’esso ricambiato, e poi, col tempo, da un “buongiorno!” esclamato con decisione.
I primi freddi autunnali interruppero quella piacevole abitudine: la panchina sul bordo della strada provinciale ormai era stabilmente vuota.
La settimana scorsa, però, stavo già superando distrattamente quell’angolo poi quella panchina, quando mi sono sentito chiamare:
“Signore!” ho sentito una voce dalla finestra a pian terreno.
Mi sono girato e ho riconosciuto il mio anziano amico dell’ormai lontana estate.
“Buongiorno!” gli grido con felice sorpresa.
“Senta, scusi” mi fa, “la vedo spesso passare di corsa di qua. Dato che anche a mio figlio piace correre, ma non vi siete mai incontrati, le volevo chiedere se le fa piacere fare un tratto insieme a lui, visto che si sta mettendo la tuta proprio ora.”
“Ma certo, ben volentieri. Corro un po’ avanti e indietro qui intorno, così non prendo freddo, poi, appena lo vedo, mi ci affianco.”
“Va bene, grazie sa, mi scusi.”
“Ma di che, si figuri, arrivederla!”
Pochi minuti dopo lo vedo uscire di casa. Indossa una tuta di un curioso color viola chiaro; non ha, come è consuetudine, i comodi pantacalze che tanto agevolano il movimento delle gambe, ma in compenso porta due inequivocabili segni distintivi di chi è abituato a correre d’inverno all’aria aperta: i guanti, neri, e una nera cuffia di lana, simile ad una grande papalina.
Gli vado incontro sorridendo. Mi sembra un po’ schivo, ma mi guarda con un viso che ispira fiducia, un viso che mi verrebbe da dire lombardo, alla Roberto Maroni (…se non conoscessimo, di quest’ultimo, i trascorsi e l’ideologia politica).
Ci diamo la mano:
“Piacere, Francesco.”
“Saverio” fa lui.
“Andiamo di qua, va bene? Ascolta, ci diamo del tu che facciamo prima.”
“Certo.” Mi guarda con un mezzo sorriso, poi aggiunge: “Se vado troppo piano, soprattutto all’inizio, allunga pure, non ti costringo a starmi accanto.”
“Non ti preoccupare, vado piano anch’io. Non c’eravamo mai incontrati, strano.”
“E’ strano, ma io non ho regole con gli orari; quando il lavoro, la famiglia e i passatempi me lo permettono, metto la tuta e vado.”
Mi accorgo di un suo principio di balbuzie, che sembra affiorare di tanto in tanto; poi gli dico:
“Eh, da queste parti è sempre un piacere correre: campagna armoniosa, stradine poco battute, case ecologiche…”
Mi guarda un po’ incuriosito, ma tace.
“Io forse sono un po’ più regolare, almeno come orari: le prime ore del pomeriggio sono la mia mattina, visto che lavoro col taxi fino a notte e poi dormo fino oltre mezzogiorno.”
“Ah, fai il tassista. E non hai problemi con la famiglia, con quegli orari?”
“Sono singolo. Il lavoro, ma mai troppe ore, a volte un po’ di sport, la gestione della casa e della vita quotidiana, e tante ore al computer.”
“Ah anche tu…” mi fa, scuotendo la testa, mentre abbiamo assunto e condividiamo un piacevole tranquillo passo di trotto non sostenuto.
“Sì, mi piace scrivere sul mio blog e tenere i contatti con tanti amici e i loro blog, e poi cercare le informazioni che alla tv non si trovano. Anche tu sei un blogger ?”
“No, frequento alcuni forum di materie scientifiche.”
Mi guarda un po’ titubante, poi sembra trovare fiducia e aggiunge: “E poi mi piace fare esperimenti.”
Non fa in tempo a finire la frase che siamo sorpresi entrambi alle spalle da un improvviso forte suono di una trombetta da stadio, e contemporaneamente superati da un mezzo che procede ad una velocità supersonica e che sembra voglia divertirsi a sfiorarci.
Trattengo un attimo il respiro, poi, quando mi riprendo dallo spavento, vedo che si tratta di un go-kart, ma stranamente silenzioso: fa un rumore sordo, come di una bicicletta da corsa lanciata lungo un rettilineo in discesa.
“Quando ti becco ti riempio di legnate!” urla Saverio all’indirizzo del giovane spericolato, poi si rivolge a me:
“E’ mio figlio, mio figlio degenere. Ma è colpa mia, l’ho costruito io quel motore.”
“Complimenti. E’ impressionantemente silenzioso, scommetto che è del tutto eco-compatibile.”
“Deuterio”, fa lui, “l’isotopo dell’idrogeno. Hai mai sentito parlare di fusione fredda?”
“Ma certo, ero ragazzo all’epoca di Fleischmann e Pons, e mi entusiasmò da morire il loro annuncio. Poi son sempre stato convinto che i loro esperimenti, e quelli del nostro Giuliano Preparata, siano stati ostacolati per ragioni di business e di potere.”
Mentre dico quelle parole, vedo una luce intensa brillare nei suoi occhi, quasi un’emozione irrefrenabile, come se avessi colpito e affondato una corazzata a battaglia navale.
Poi rifletto un attimo: “Ma davvero quel motore è un’applicazione di quel tipo di energia?” dico con autentico crescente stupore.
Mi guarda, mentre corriamo affiancati lungo il margine della provinciale, poco prima di tornare ad immergerci nelle stradine di campagna; mi guarda alcuni secondi, poi, semplicemente, mi dice:
“Sì.” E tace, alcuni lunghi momenti.
“Anche a me, sai” aggiunge poi, “ha sempre affascinato quella frontiera, quel campo di possibili applicazioni, e mi sono sentito sfidato, sì, proprio sfidato. Ho studiato giorno e notte, ho seguito le varie sperimentazioni, che sono diverse in vari piccoli laboratori sparsi nel mondo, e poi ho provato a seguire la strada dei giapponesi, di Yoshiaki Arata e delle sue celle a gas deuterio.
Per due anni ho cercato di riprodurre, variare, migliorare, meccanizzare le sue intuizioni e i suoi indiscutibili successi. E alla fine ce l’ho fatta, e mi sembra che l’oggetto che ci ha superati poco fa sia molto più eloquente delle mie parole.”
Quasi mi sento mancare il fiato, e di certo non a causa di quel nostro tranquillo incedere di corsa.
E più ci penso e più mi sento come schiacciato da quanto ho visto e sentito nel giro di pochi minuti.
E’ come un’angoscia: non trovo le parole, ma ho l’impressione che Saverio capisca quello che si agita nella mia mente e nel mio cuore.
Gli rivolgo lo sguardo, lui ricambia serio e attento, e sembra davvero aver capito ciò che non riesco a tradurre in parole.
Poi, infine, sono io a balbettare:
“Ed ora… cosa pensi di fare?”
“Non lo so, Francesco, finora ho cercato di parlarne il meno possibile, sia nei forum che nella vita reale, e ho detto a quel degenere di mio figlio di tenere la cosa per sè, di non farne cenno con nessuno, e anche di limitare le sue corse pazze con il go-kart. Tu sei la prima persona con cui ne parlo così apertamente, ma sento che posso fidarmi, e anzi che posso confrontarmi con te sul da farsi. Sul da farsi, ora.”
“Già. Ora…”
L’itinerario, superato uno spiazzo con alcune piccole casette a un solo piano, devìa verso il sentiero nella boscaglia che costeggia, alla nostra destra, i campi da golf.
Dopo alcuni minuti di un silenzio molto intenso, sono ancora io a parlare.
“Sto cercando di superare lo stupore e di ragionare” dico con un sorriso; lui afferra al volo il senso delle mie parole.
Poi finalmente: “Credo che si pongano due tipi di problemi,” dico: “intanto la tua incolumità nei confronti di interessi mondiali giganteschi per una persona senza scudi protettivi di nessun genere.” Lui fa di sì con la testa.
“E poi quello di come diavolo diffondere un’invenzione così rivoluzionaria a fin di bene, con l’obiettivo della salvezza dell’ambiente e non piuttosto di un’ennesima nuova spinta in quel maledetto modello di consumi che sta ormai minacciando la specie umana.”
“Hai centrato i problemi; hai capito che cos’è che ora mi tiene sveglio quasi tutte le notti. E meno male che posso sfogarmi ogni tanto correndo” dice, balbettando un po’, il mio geniale interlocutore.
Ancora qualche attimo di silenzio, poi guarda l’orologio e mi fa:
“Scusami, ma devo fare dietro-front, non ho molto tempo, oggi.”
“Come vuoi, ma avrei molto piacere di riprendere il discorso con te.”
“Anch’io. Ascolta, il mio indirizzo email è facile da ricordare” e me lo comunica; “scrivimi e poi ci mettiamo d’accordo per un’altra sgambata, e per confrontarci su queste cose.”
“Sì, grazie Saverio, e grazie per la fiducia in me.” Lo guardo con un misto di simpatia e sacro rispetto, e gli allungo la mano.
“Grazie a te, Francesco, ciao.”
Ed inverte la rotta.
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Sento ancora mancarmi il fiato, eppure non sto correndo forte.
Un po’ più in là, sulla mia destra, un giovane, vestito sportivamente ma con grande ricercatezza, simula più volte con la mazza di colpire la pallina.
Infine si concentra e sferra il colpo. La pallina si impenna e vola oltre il laghetto.
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Immagine da: http://www.lookfordiagnosis.com/mesh_info.php?term=Deuterio&lang=5
Sei diventato ancora meglio di come ti ricordavo,
questo lo eleggo il mio racconto di Natale 2010
mi ha fatto sperare,…..che fosse possibile!!
Un abbraccio
ex Pulsatilla
Certo, bisogna “diventare sempre meglio”, o almeno provarci… 🙂
La tua firma ‘ex Pulsatilla’ testimonia un’evoluzione anche per te, e se davvero anche tu “sei ancora meglio”, ora il tuo successo (di critica e di pubblico) deve essere davvero straordinario!!!
Abbracciatona.
In questa notte fredda di dicembre, scopro un nuovo volto di Franz.
E’ lo stesso che ci ha raccontato storie fantastiche, a puntate, che hanno tenuto sulla corda i suoi lettori per settimane.
Ora lo scopro anche scrittore di psico-fantascienza.
C’è anche un pizzico di piccante spionaggio industriale, sorretto da una latente protesta , da insensibilità, per investimenti e promozione per la ricerca di fonti energetiche alternative ai combustibili fossili.
Tutto e molto attuale il racconto che il podista narrante racchiude in una sfera che scinde un raggio di luce in tanti colori e sfumature.
Solo per lettori attenti .
Ciao T.
Ti ringrazio molto, mio lettore davvero attento!
Nel rileggere il brano ho un po’ il timore di aver dato per acquisite due o tre premesse di carattere scientifico che, sia pur molto semplici, forse non sono scontate per tutti come penso per te.
Alludo ad alcune caratteristiche della fusione fredda che ne farebbero davvero una tecnica rivoluzionaria: la riproducibilità su scala familiare, l’inesauribilità della fonte (la cosiddetta ‘acqua pesante’) e l’assenza pressoché totale di impatti ambientali.
Senza queste premesse, e magari rifacendosi ai più che collaudati ma ben diversi motori ad idrogeno, la reazione di indugiato stupore dell’io narrante non è comprensibile.
Grazie ancora. Qui ci prepariamo ad una nevicata abbondantemente annunciata.
vabbè ogni volta arrivo lì lì per cascarci, ma poi uno chiede riservatezza e l’altro (uno come te poi) spiattella tutto sul blog……non regge
Complimenti, Amanda Christie!
Devo dire che quando scrivo mi sembra (erroneamente) evidente il confine fra realtà e fantasia, poi, quando i primi commenti mi dimostrano che non è così, cerco di svelare gli arcani nelle risposte.
Salutone.
Come ben saprai io amo i particolari e nel tuo raccontare c’è una parte piccola, così piccola da passare quasi inosservata, mi riferisco al passaggio dove scrivi “Credo che si pongano due tipi di problemi”, dico: “intanto la tua incolumità nei confronti di interessi mondiali giganteschi per una persona senza scudi protettivi di nessun genere.” esempio bellissimo di realtà dissimulata, nascosta, tra le pieghe del nostro normale vivere e tra la rappresentazione dei nostri bisogni e desideri, ciò che è e ciò che vorremmo che fosse, la cosa tremenda nella sua cruda realtà è che purtroppo è vero che di fronte alle scoperte più innovative ci troviamo e troveremmo sempre inutili, inermi ed incapaci ed impossibilitati di regalargli il giusto senso, quel tanto che basterebbe per poterlo normalmente rendere condivisibile.
Ciaooo neh!
Mi sembra che sposti il discorso su un piano generale e più filosofico, cioè il contrasto fra essere ed apparire, che a volte è fonte di sofferenza.
Comunque, tornando all’ipotesi del racconto, credo davvero che siano strettamente collegate le due schiaccianti difficoltà, riservate ad un inventore spassionato, condivise ed esplicitate dall’io narrante: incolumità contro gli interessi di potere e diffusione a fin di bene dell’invenzione.
Se ci fosse stata, intorno alla fusione fredda, l’interesse che merita, a quest’ora forse ci sarebbero molti go-kart silenziosi, in giro, e non solo.
Salutoneh.
Non posso sapere se questo incontro sia del tutto reale, o se faccia parte del tuo immaginario, stimolato, forse, dall’esistenza di quella casa, che testimonia l’attenzione verso l’ambiente dei suoi proprietari. Mi piace pensare, però, che Saverio esista davvero, e che tu possa avere con lui tanti altri incontri, per parlarcene, e renderci sempre maggiormente consapevoli che il destino di tutti noi è legato al rispetto dell’ambiente, che questo, forse è, al di là di tutto, il vero e più grave problema cui dobbiamo trovare soluzione. Sono certa, comunque, che di tutto questo continuerai a parlarci, che ci darai sempre nuovi stimoli. E se la voce sarà tua, o di Saverio, io dico: bene/detta quella voce.
Milvia
Come forse può testimoniare anche la nostra comune amica Riri, è vero, quella casa esiste; e posso aggiungere che sono veri anche i miei incontri estivi con l’anziano seduto fuori presso l’ingresso.
Il resto… sarebbe tutto molto bello; ma è comunque bello immaginare che in qualche angolo del mondo, se non proprio qui dalle mie parti, qualcuno abbia già realizzato esperimenti ed applicazioni tanto importanti per la collettività umana.
Grazie delle belle parole, Milvia; non stanchiamoci mai di fare sentire le nostre benedette voci: ce n’è un bisogno enorme.
Oltre al discorso del deuterio, che mi pare molto importante, rimane la consapevolezza che
dalle nostre parti abiti della gente veramente speciale! Ciao
Se togliamo i fighetti a vocazione aristocratica che frequentano il golf-club, il cui stile di vita è un attentato all’ambiente, anche a me sembra che in queste zone il livello medio di civiltà sia più che discreto.
E magari davvero qui si nasconde l’inventore più importante del nuovo millennio…
Ciao Riri, ho molto piacere che le tue visite continuino, nonostante l’auto-ammutinamento del tuo blog!