La Cavalloneide – canto terzo

cavallona3.
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Dopo un paio di giorni, come abitualmente succede, mi avvertono che il nuovo radiatore è pronto per scendere in campo, in sostituzione di quello infortunato.
E, come d’abitudine, effettuo la mia doppia traversata, notturna e pomeridiana, per consegnare e riprendere la Cavalla.
Agosto è cominciato ma, insolitamente in un tale periodo dell’anno, mi preoccupa più il rischio della pioggia durante la solitaria passeggiata notturna che la calura del pomeriggio.

Sembra sicuro di sè, il signor M.; tuttavia vuole farmi controllare il pezzo sostituito.
“Vede questa macchia colorata? E’ nella parte di dietro, e finché non l’avevamo smontato poteva restare il dubbio, ma adesso siam sicuri.”
Non è la prima volta che mi mostra il corpo del reato, con un’ostentata ricerca della trasparenza che, a ben pensarci, dovrebbe lasciare più dubbi di quelli che ha intenzione di togliere.
“Invece, per il rumore, ho fatto quasi venti chilometri, sono andato anche su per la Croara; niente.”
“Sembra impossibile, quando deve farlo non lo fa… Pazienza, ne riparliamo più avanti.”
Poi entriamo nel piccolo ufficio, e mi illustra la fattura, con quel suo modo premuroso e chiaro che dicevo. Per togliere il radiatore bisogna smontare un sacco di pezzi; un tempo non era così.
Mi libero di un altro malloppo di biglietti da venti, e di qualcuno da cinquanta; saluto, poi riavvio la mia compagna di strada su per la rampa, all’uscita della quale trovo un angolo per sostare, a effettuare i preliminari delle mie giornate lavorative: barrare la cartella di lavoro, accendere gli apparati elettronici, nascondere la piccola borsa a tracolla e sistemare il barattolone con la mia parca ma gustosa cena vegana.
E si riparte, non del tutto tranquillizzati per la minaccia ancora incombente del rumore, e continuando inoltre a ignorare (come mi è stato indicato) quello stupido, chiassoso e inutile avvertimento sul livello dell’olio che compare di tanto in tanto.

La sera, sulle dieci, ho in programma una breve interruzione per vedere un’amica, a cui ho promesso un passaggio in cambio di un paio di libri in prestito che mi ha promesso.
Durante il percorso, il racconto dei miei guai termina con il dettaglio dell’evidenza rassicurante sul retro del radiatore, a cui reagisce con un’espressione fra l’assente e il perplesso; poi è lei a raccontarmi i suoi, quando d’improvviso mi fa: “Francesco ti senti bene?”
“Maledizione. Maledizione!” stento a trovare altre parole. “Guarda” e le indico il cruscotto, dove campeggia, in giallo, una scritta elettronica: “Attenzione! Aggiungere liquido refrigeratore”.
Non riesco a mascherare quello che sto provando, che si potrebbe definire un senso di desolante, avvilita prostrazione.

E’ con tono di voce neutro, piatto, che l’indomani mattina, ottenuta dall’impiegata la linea telefonica con il signor M., gli racconto l’accaduto e fisso un nuovo appuntamento per il lunedì successivo, l’ultimo prima di Ferragosto, con traversata notturna prevista nella notte domenicale, quella sempre più densa di cupo mistero e austeri interrogativi di tutta la settimana.
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(continua)
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Immagine da: memic.net/sfondi/animali/cavallo-bianco/

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8 risposte a La Cavalloneide – canto terzo

  1. lucarinaldoni ha detto:

    Con la mia inesausta vocazione per il pensiero divergente sono rimasto colpito dai tag [è un po’ come, guardando la Gioconda di Leonardo (l’artista, ovviamente, non l’omonimo deludente frustrante sito), farsi catturare dall’avvallamento poco dietro il collo di Monna Lisa e percepire in esso oscuri inquietanti significati] in cui vanno insieme prostrazione e liquido refrigerante, emozioni e meccanica, res cogitans e res extensa, creatura e pleroma, metafisica e fisica.

    Tutto questo è necessario e possibile nella misura in cui la protagonista è una màchina con sorprendenti sviluppi antropomorfi, umanoidi, persino umanistici. Già, perché si temeva che l’uomo del 2000 sarebbe diventato simile a una macchina e invece, ma porcalòca, avviene spessissimo il contrario.

    Io ricordo ancora il mio notebook (quello su cui, nottetempo, in tormentate sfide a Civilization, invadevo la Cina con l’esercito del Liechtenstein) dato per morto da uno sbrigativo addetto Toshiba o Tomedra, non rammento bene, e miracolosamente rinato da solo per poi spegnersi serenamente e per davvero un anno dopo (e in un anno la Cina può anche capitolare).

    Intanto le peripezie meccanico-sanitarie della Cavallona ricordano certi film horror in cui, ad apparente scampato pericolo, la famigliola si rilassa, la nonna prepara il pasticcio di rognone, la figlia più piccola va di sopra con i libri di scuola, la più grande va di sopra col boyfriend già in evidente turgore, mamma e papà si guardano il filmino delle nozze quando un’orda di zombie sfonda la porta, un plotoncino di marzianini scende dal camino e il papà inizia una mostruoss metamorfosi in tifoso della Reggiana.

    Cosa ci attende ancora?

    • Franz ha detto:

      Non pensavo proprio che l’attenzione dei miei quattro lettori si spingesse fino alla disamina dei tag, che probabilmente, della Gioconda sono l’equivalente non del collo ma del fondoschiena. 🙂 Ne terrò conto fin dalla prossima puntata!
      Peccato che il tuo portatile non abbia resistito ulteriormente all’usura di un progresso distruttivo: sarebbe stato un bel segno di decrescita vissuta.
      Quanto agli sviluppi del racconto, c’è ancora parecchia trippa per gatti, per usare un eufemismo (peraltro ingeneroso nei confronti del selezionato pubblico).

      Saludos.

  2. trudy1970 ha detto:

    Finalmente!!! Il 3° epilogo…E’ meglio di una telenovela televisiva!! Che dopo un po’ mi annoia invece questa mi akkiappa sempre di piu’.

    Ed eccoti le mie fantasie e le mie interpretazioni …”povera bestiola”. Ma ti rendi conto lo stress a cui l’hai sottoposta?? Farle fare avanti e indietro dall’ospedale meccanico a casa, portarla e ripigliarla di continuo?? Lasciando là da sola, spaventata, senza sapere cosa le sarebbe successo il giorno dopo!! Al buio, al freddo in strada, lei abituata a starsene di notte al calduccio nel tuo garage accogliente. Vuoi mettere??
    E quel continuo rovistargli dentro….mi sembra di sentirla: …“ahi ahi!! Che male! Basta per favore: non sopporto più tutta questa tortura, smettetela di devastarmi dentro con quei ferri terribili e in tutto questo , si chiedeva – sarà la fine di questi dolori o sarà la mia fine?? Pensa che dilemma si viveva da sola!!
    E quei chirurghi “poco” esperti hanno anche il coraggio di mostrarti il pezzo tolto al posto di quello nuovo. Ma andiamo è come se ti mostrassero il tuo fegato non più funzionante al posto di quello nuovo. E ti senti pure dire -Selis vedrà ora andrà tutto bene. Quale metafora!!
    Questi dottoroni da “esperti”, ti hanno mostrato i loro trofei sostituiti per giustificarsi del tempo, dell’energia e del denaro speso: tolti a te e a lei… E tu –diciamo- che ci hai creduto del tutto o quasi. Ma lei no non l’ha bevuta fino al punto che, quando doveva farvi sentire il suo “infido rumore” non l’ha fatto. Ancora fatiche, ancora pretese ovunque la portassi fosse la Croara, o Monte Donato o San Luca poco importava ti ha risposto pikke finkè non le è parso a lei. Gelosia?? Attenzione?? Non credo proprio!! Ti conosce troppo bene, conosce ogni tuo più intimo segreto, prevede prima di te le tue intenzioni sincere leali ma a volte ingenue. Direi che con lei hai peccato di ingenuità, se me lo permetti. Ed anche di attenzione gliene dai tanta la lavi, la lustri, ogni tanto l’addobbi per la Co.ta.Bo non proprio no non è questo che ti rimprovera…
    Ci stava pure tutto il tuo cambio e risistemazione di tutte le tue cose da un’auto all’altra se volevi pur lavorare e non stare senza far niente tutto il giorno e la notte. Ciao Franz rimanendo in ansia per il 4° epilogo. Ti abbraccio di cuore.

    • Franz ha detto:

      Innanzi tutto, carissima Trudy, grazie per la premessa: mi fa molto piacere che il lungo racconto continui a tenerti avvinta.
      Quanto alla bestiaccia, sei molto tenera nei suoi confronti, visto il suo caratterino non sempre domo.
      Però sfondi una porta aperta, perché in effetti anch’io le voglio bene e quasi mi viene da sommare, ai disagi che mi ha procurato, quelli vissuti da lei stessa.
      A ripensarci, è triste rivederla abbandonata in fondo a quella rampa in attesa, ancora una volta, dell’arrivo di quei medici e chirurghi un po’ pasticcioni, e poi spudorati nell’esibire le sue interiora come trofei di caccia.
      Ma mi rincuora il tuo pensiero quando dici che sicuramente l’equina nutre riconoscenza per le cure che da ormai cinque anni le offro costantemente.

      Quanto alla tua citazione relativa all’operazione di spostamento di tutto l’armamentario su un’altra vettura, sembra quasi che tu sia riuscita prodigiosamente a leggere le prossime puntate della Cavalloneide… Non sarà che qualcuno ti ha già raccontato l’intera vicenda? 🙂

      Un saluto e un abbraccio a te.

  3. amanda ha detto:

    Vabbè desiderio di attenzioni ma sta Cavallona!

  4. Sari ha detto:

    Questo è un autentico giallo e già vedo la Cavallona in clinica, con la flebo nella pompa d’iniezione e tu al suo capezzale che chiedi, ansioso, al signor M.: mi dica dottore, si salverà? Lui scuote la testa pensieroso e preoccupato e il silenzio cala, denso e gelido come nebbia invernale nella stanza… pardon, nell’officina.
    Ma d’improvviso, dalla Cavallona s’alza un alto nitrito-risata e risulta chiaro a tutti che i suoi disturbi erano solo una richiesta di attenzione o forse un attacco di gelosia. Tu non sai se darle un colpetto sulla carrozzeria per punirla delle pene (anche pecuniarie) passate o abbracciarla e farle il solletico dentro al cruscotto… ma vince il sollievo e le proponi di fare pace portandola in cima alla Croara, là dove un tempo i giovani si trovavano per il panino al prosciutto da Panza e, se si era fortunati, per un bacio dato di nascosto. La Cavallona sorride e parte contenta, il programma le piace e finalmente ti avrà tutto e solo per sè. Il motore canta, tu sei finalmente sereno e si torna a casa.
    Ma…

    • Franz ha detto:

      In effetti mi viene da chiedermi, cara Sari, se un’automobile, sia pure dalle sembianze equine, possa accusare disturbi psicosomatici.
      A dir la verità tale rischio l’ha sofferto (e forse ne ha accusato le conseguenze) il suo autista, perchè la Cavalloneide, a questo punto del racconto, è tutt’altro che agli sgoccioli, come pure l’incontinenza e i disturbi vari della Cavalla.

      E il prosieguo sarà molto meno poetico del dolce finale fiabesco che hai prospettato con tanta fantasia!

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