
Giulia Gibertoni e Beppe Grillo
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Questa volta interrompo la storia infinita dei guai occorsi alla mia fida compagna di lavoro, per l’urgenza che avverto di esprimermi su un tema che mi è caro e penso rivesta un’importanza enorme.
Credo di essere uno dei più approfonditi conoscitori al mondo di Beppe Grillo: in anni ormai lontanissimi non perdevo mai i suoi spettacoli dal vivo, poi cominciai a seguire quotidianamente il suo blog a pochi giorni dalla relativa nascita, abitudine che conservo tuttora (e ‘seguire’ significa leggere i nuovi post in evidenza, uno o due al giorno, ma anche molti dei cosiddetti ‘minipost’ che appaiono sulla colonna di destra della pagina principale).
A questo, poi, si aggiunga che seguo abitualmente anche i dibattiti su Facebook, e i numerosi articoli sul Movimento, su varie posizioni, pubblicati quasi sempre nelle pagine internet del ‘Fatto quotidiano’.
Tengo a sottolineare, per neutralizzare subito eventuali riserve, che la mia panoramica non esclude l’ascolto di voci del dissenso, come quella di Giovanni Favia (che è il capostipite degli epurati) su Facebook e, sempre nello stesso ambiente di discussione, quella di un gruppo intitolato addirittura ‘Il cancro è dentro al M5S’.
Con tali referenze credo che, per esclusivo spirito di servizio, le mie opinioni, ma anche impressioni soggettive e sentimenti, debbano essere manifestate e mi aspetto che vengano prese in seria considerazione da chi ha a cuore la verità e il bene del nostro Paese (ma non solo), più del proprio attaccamento a questa o quella fazione o visione politica.
Fatta una premessa di questo genere, il mio senso di disorientamento e inadeguatezza, rispetto al compito di una sintesi significativa sul ribollire di tanti eventi recenti e passati, è quasi schiacciante, ma non mi tiro indietro, con la speranza di giungere a un buon risultato magari per approssimazioni successive, cioé tornandoci sopra nei commenti o in un eventuale seguito di questo articolo.
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Dopo il voto alle elezioni regionali in Emilia-Romagna e in Calabria, le dinamiche interne al Movimento, sempre piuttosto travagliate, hanno conosciuto una particolare e drammatica accelerazione, culminata (finora) nell’espulsione dei due parlamentari Massimo Artini e Paola Pinna e, immediatamente dopo, nella costituzione di un gruppo di cinque deputati (Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Roberto Fico, Carla Ruocco e Carlo Sibilia) chiamati ad affiancare Beppe Grillo nei suoi compiti ufficiali di coordinamento e garanzia, e cioé, aggiungo io senza alcuna remora, di guida e controllo.
Sempre negli stessi giorni, il blog ha pubblicato un articolo estremamente critico nei confronti di Federico Pizzarotti, il sindaco pentastellato di Parma da tempo in bilico sull’orlo della scomunica, per le sue politiche dettate da autonomia di giudizio e rifiuto di sudditanza rispetto al duo Grillo-Casaleggio e a quell’entità impalpabile, a loro collegata, chiamata ‘lo staff’; lo stesso Pizzarotti che sta organizzando per il 7 dicembre un incontro sulle buone pratiche di amministrazione comunale, interpretato da molti come un direttorio dei dissidenti.
L’ultima doppia espulsione è stata particolarmente clamorosa, perché non preceduta, come richiederebbe lo statuto, dalla discussione e mozione fra i parlamentari, ma messa subito in votazione ‘on-line’ fra gli attivisti certificati (fra cui sono anch’io, che ho votato ‘no’), che l’hanno ratificata con oltre i due terzi dei votanti, spinti dall’appello unilaterale di Beppe, comparso sul blog: i due venivano incolpati di non privarsi, come tutti gli altri, della quota concordata di remunerazione. Se fosse stato concesso il sacrosanto diritto alla difesa, Massimo Artini e Paola Pinna avrebbero potuto dimostrare, come poi hanno fatto in altre sedi, l’infondatezza dell’accusa, ma che il loro rifiuto era limitato al tipo di rendicontazione, effettuato su proprie pagine internet anziché su quella ufficiale del blog, come peraltro avviene per un’altra ventina di parlamentari attualmente nell’occhio del ciclone.
Dunque, senza scendere qui nel giudizio sulle qualità e buone intenzioni dei due, è stata punita in realtà la loro insofferenza e mancanza di sottomissione alle direttive e agli strumenti di comunicazione del duo di comando.
Per evitare i giornalisti, lo stesso giorno in cui era in corso quell’improvvisa votazione ‘on-line’, zio Beppe si è rifugiato nella sua villa in Toscana, dove però è stato raggiunto in serata, quando i risultati erano stati diffusi, da una delegazione di parlamentari e attivisti, fra cui lo stesso Artini, spinti fin lì da un comprensibile sacro furore e bisogno disperato di chiarimento.
Hanno ottenuto, dopo lunghe insistenze, un colloquio sul pianerottolo della villa; di lì a non molto, sul ‘Fatto’, veniva pubblicato un articolo in cui traspariva la drammaticità di tale incontro (leggi qui).
E veniamo a me.
Da parte mia, avevo cercato di fronteggiare da persona matura la delusione dei risultati elettorali nella mia regione, e la relativa tentazione di veder esaurita per sempre la carica propulsiva di un grande sogno e di un progetto politico innovativo (e in qualche misura salvifico) a livello planetario: mi ripetevo che non bisogna mai spaventarsi delle dinamiche della realtà, e che la quantità di forze di rinnovamento positivo, scatenate e rese operative nel giro di pochi anni dall’iniziativa visionaria di un solo uomo, non si potevano esaurire così rapidamente, ma avrebbero trovato nuove strade per imporsi, anche e principalmente fuori dal Movimento.
Il mio privato contrasto alla demoralizzazione ha dovuto poi accompagnare gli approfondimenti su quell’articolo contro Pizzarotti, che si è saputo vecchio di un anno, e firmato da quel Walter Ganapini, da una parte co-fondatore di Legambiente ed ex-presidente di Greenpeace Italia, ma poi anche condannato a risarcire un danno erariale di nove milioni di euro.
E infine, il senso di una vera e propria ‘cupio dissolvi’, quasi un voler uccidere la propria creatura, che avesse colpito zio Beppe mi è apparso nella giornata delle due espulsioni, fino alla lettura di quel drammatico incontro, in cui non ho potuto fare a meno di immaginarlo colpito, traumaticamente, dalla disperata e appassionata richiesta di giustizia di alcuni dei suoi giovani seguaci.
L’indomani sono rimasto sbalordito dai tempi di reattività di quell’uomo, dopo una sola notte (che ho immaginato di grande conflitto interiore), nell’indire immediatamente un nuovo voto ‘on-line’, quello per ratificare il direttorio dei cinque. Sbalordito e molto, molto sollevato, nell’intuire tale scelta come un ritorno alla ragione e un auspicabile, tangibile punto di ripartenza, vista anche la qualità dei parlamentari scelti, che sono sì suoi fedelissimi, ma pure riconoscibili come personalità di assoluta eccellenza emerse dal Movimento nella sua breve storia.
Ho notato con curiosità anche un articolo di Marco Travaglio (vedi qui), pubblicato pochissimi giorni prima e rimesso in evidenza sul ‘Fatto on-line’ il giorno stesso, che suggeriva proprio una soluzione di quel genere, e mi sono chiesto se in quella notte di travaglio (con la ‘t’ minuscola) magari non ci sia stato un colloquio telefonico fra i due vecchi amici, e che dunque un’altra della menti più lucide del nostro panorama non abbia messo lo zampino su quest’ultima evoluzione.
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Il precipitare di questa situazione ha inasprito il dibattito, a qualsiasi livello di attivismo, fra chi si professa fedele seguace, e spesso ahimè bieco tifoso da stadio, e chi invece solleva dubbi o aperte critiche. Insomma si è svolta (anzi si sta svolgendo) una sorta di psicodramma, a livello pubblico ma anche sicuramente nel vissuto di tante persone, per lo più di età giovanile, che in questi ultimi anni hanno sposato la causa a Cinque Stelle spesso con grande generosità di impegno volontario.
Psicodramma che è stato un po’ anche mio, benché, come accennavo, mediato un po’ da quella saggezza, legata anche alla mia età non più giovanile, che induce a osservare anche gli eventi più stridenti con calma e distacco, e a cercare di collocarli in una prospettiva di più ampio respiro.
E’ stato così che ho potuto rivisitare la storia di questo progetto politico, giungendo ad alcune acquisizioni che arricchiscono, modificandole in parte, le mie idee precedenti. Vediamole insieme.
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1) Il Movimento 5 Stelle è contro il sistema, di cui denuncia i catastrofici danni e l’ipocrisia, ma non è rivoluzionario: cerca infatti di cambiarlo dal suo interno, con gli strumenti previsti dalla Costituzione, tutt’al più con atti non violenti di disobbedienza civile. Questo approccio è lo stesso, ad esempio, di Giulietto Chiesa, fatte le debite proporzioni sia di curriculum che di notorietà e influenza politica. Continuo a credere fermamente in questa scelta, che pure, a livello mondiale, è paragonabile al conflitto fra Davide e Golia.
Un giornalista e ‘video-maker’ del tutto indipendente, Salvo Mandarà, che seguo e sostengo da tempo, ha recentemente e improvvisamente abbandonato questa posizione, e la sua stretta vicinanza al movimento di Grillo, sposando la causa di una diffusa disobbedienza fiscale mirata a fare implodere il sistema, per ricostruirlo poi in maniera pulita; ritiene ora del tutto inutile l’opposizione parlamentare e ha accolto con entusiasmo il dato di astensioni dal voto.
Penso invece che qualsiasi forma rivoluzionaria non faccia altro che aprire le porte alle più odiose spinte verso una restaurazione violenta e un regime autoritario privo di visione etica (cioè di interesse esclusivo per l’uomo); mi sembra che un esempio da tenere bene in mente sia stato rappresentato dal cosiddetto ‘Movimento dei forconi’ che, facendo leva sul disagio diffuso, nascondeva ideologie della peggiore destra storica.
2) Il Movimento 5 Stelle propone un’idea di futuro possibile in un mondo devastato dalle conseguenze del capitalismo liberista; l’attenzione ai temi ambientali è preponderante. Considera superato il dualismo fra sinistra e destra, proponendo di fatto un nuovo modello sociale in cui solidarietà e senso della comunità sappiano far fronte agli egoismi e all’avidità di potere.
Credo che, se ci sarà un futuro, non potrà che essere questo.
3) Il Movimento propugna altresì un modello di democrazia popolare partecipata, resa possibile anche e soprattutto dalla diffusione di internet; combatte il principio di delega decisionale a propri rappresentanti.
Questo, a mio parere, è un punto molto debole e critico, smentito dalla struttura stessa: senza la leadership e il controllo di Beppe Grillo, staremmo qui a parlare di niente.
Da parte mia non ho soluzioni alla crisi del modello democratico, ben descritta da un’altra mente molto lucida del panorama italiano (Massimo Fini, vedi qui e qui) e oggetto anche di un’interessante trattazione, non ancora conclusa, in questo forum (vedi qui).
Penso però che il pur fragile e originale equilibrio che si è generato fra un verticismo di stampo fondamentalmente orientato al bene comune, come riconosco in Beppe Grillo, e il rispetto della volontà espressa in rete dalla ‘sua’ popolazione, possa quanto meno traghettare l’attuale disastrata società verso un mondo migliore.
Aver poi costituito ora un comitato di cinque persone, animate da simile slancio etico e visione della realtà, mi sembra possa stemperare virtuosamente l’eccesso di verticismo, ma su questo tornerò sopra anche nel prossimo punto.
4) Il dissenso interno è stato (inutilmente) represso con ostracismi, campagne denigratorie e periodiche espulsioni.
Credo che questo autoritarismo dittatoriale sia il peggior connotato in assoluto del Movimento; né mi sembra che l’avallo del voto fra gli attivisti alle epurazioni, pilotato con campagne d’opinione unidirezionali, stemperi l’effetto brutale e controproducente di tali pratiche.
A cominciare da Giovanni Favia fino al caso Pizzarotti, si è perso un patrimonio di pensiero ed energie che sarebbero invece linfa vitale.
I dissidenti mossi da valori inconciliabili con quelli alla base del progetto politico andrebbero ascoltati, controllati e persuasi; solo in caso estremo, e a fronte di vere trasgressioni alle regole, espulsi.
Mi sono convinto che queste modalità sbrigative siano dettate da Gianroberto Casaleggio.
Zio Beppe, cosciente dei suoi limiti in campo organizzativo, decise di ‘sposare’ il dirigente di un’azienda di informatica e comunicazione, per dare una voce robusta e strutturata al suo pensiero di rinnovamento politico: così nacquero il blog, i grandi eventi sul territorio, i gruppi locali (‘meetup’) e infine il Movimento 5 Stelle. Il problema è che Casaleggio non mi sembra affatto animato da uguale o paragonabile passione civile, e che abbia riversato sull’organizzazione politica una struttura di controllo di stampo aziendale, per non dire militare.
Grillo, che ritengo una persona dotata di eccezionale intuizione, curiosità e capacità visionaria quasi profetica, non è nuovo a errori di questo genere: pure nel caso del professor Stefano Montanari, che qualcuno ricorderà, si lasciò per esempio suggestionare da una causa (quella del sofisticato microscopio elettronico utile a scoprire le magagne dell’indutria alimentare) che poi si rivelò sbagliata.
Anche la gestione dei gruppi sul territorio è stata fin qui dettata dalle stesse logiche sbrigative di controllo, con esiti spesso e volentieri aberranti (come nella vicenda dei due ‘meetup’ nel mio comune di San Lazzaro di Savena), che hanno diffuso malcontento e istanze distruttive.
La costituzione del gruppo dei cinque giovani saggi, con splendide figure come Di Maio e Di Battista, non potrà che riportare alla ragionevolezza la complessa guida e controllo del Movimento. Davvero un grande sollievo, e la possibilità di ripartire con nuovi germi di positività che si sovrappongano, anche nell’opinione pubblica, a mugugni, rancori e porcherie di vario genere.
5) Dopo l’esplosivo risultato alle ultime elezioni politiche, i consensi sono andati via via calando.
Ho ripensato in questi ultimi giorni al primo schiaffo che si sentì dare l’elettorato, soprattutto quello meno informato e che aveva scommesso sul vento di novità della campagna elettorale urlata e travolgente di zio Beppe, nel famoso colloquio in diretta-video fra Pierluigi Bersani da una parte, Vito Crimi e Roberta Lombardi dall’altra. E da quella posizione di ‘no’ così intransigente a qualsiasi forma di collaborazione di governo.
E mi sono convinto che, secondo la miglior definizione dell’arte della politica, l’atteggiamento giusto sarebbe stato di mercanteggiare un compromesso il più vantaggioso possibile nei confronti del proprio programma elettorale. L’arma di far cadere il governo avrebbe in seguito permesso di controllare e contenere le spinte alla corruzione di quell’apparato marcio di potere che è il Partito Democratico, che invece uscì poi trionfante dagli accordi con un resuscitato Silvio Berlusconi. Paghiamo tutti le conseguenze di quella grave scelta.
L’opposizione parlamentare è stata condotta, in questo anno e mezzo abbondante, con passione e assiduità eroiche, e anche con qualche risultato importante (il nome Violante vi ricorda qualcosa?), ma il sistema ha avuto buon gioco, tramite i mezzi di informazione schifosamente corrotti e asserviti, a generare disinteresse, dissenso e disprezzo nei loro confronti.
La rinuncia aristocratica a conquistarsi un’immagine positiva sugli schermi della tv ha fatto il resto, e penso a quanto invece potrebbero piacere i Di Maio e i Di Battista, con la loro composta e intransigente serietà, intelligenza, eleganza ed educazione sia a un pubblico di media cultura, sia al nutrito popolo votante di anziane teledipendenti, spaventate e schifate dalle urla di quell’anziano ex-comico esagitato esibito di sfuggita dai telegiornali.
E così, tramontato anche il sogno grillino, per tanti non è rimasta altra scelta che un astensionismo elettorale, più depresso che rancoroso, mentre il solo Matteo Salvini, con la strategia contraria di un presenzialismo televisivo quotidiano, e di un messaggio politico elementare e facilmente comprensibile, ha limitato i danni e guadagnato molto, anche se solo percentualmente.
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Ecco, per chi ha avuto la pazienza di seguirle fin qui, le mie considerazioni maturate in queste ultime giornate.
Evito di proposito di addentrarmi sui due temi principali del programma politico a Cinque Stelle, cioè l’uscita dall’Euro e il ‘reddito di cittadinanza’, sia perché troppo complessi per essere affrontati a questo punto, sia perché in realtà non hanno costituito per me oggetto di ripensamento: ero e sono rimasto convinto della loro bontà.
Voglio solo confidare che mi è toccato pochi giorni fa sostenere polemiche piuttosto veementi, cosa per cui non ho né predisposizione né alcun genere di piacere, con due care persone del mio non molto nutrito panorama esistenziale. Il primo era contrario ad entrambe le ipotesi, il secondo, invece, favorevole alla prima ma contrario alla seconda. L’unica cosa che accomuna queste persone è il loro abbandono molto rancoroso del sogno grillino.
Ho scritto questo post per chiunque abbia la pazienza di leggerlo, ma lo dedico a chi abbia ancora la capacità di sognare.
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L’immagine, contrassegnata da ‘Photo.GPP’, è presa da Facebook.
Siccome continuo a considerarti uno dei miei più attenti lettori e portatore di critiche garbate e costruttive quando è il caso, penso tu sappia che da qualche tempo non riesco più a guardare alla politica con la stessa passione e curiosità di un recente passato. Di solito evito di indulgere in sintomatici meccanismi di scissione e proiezione e quindi non voglio allocare tutta la causa di questo disagio fuori di me: sicuramente sono anch’io che vivo una fase, che spero transitoria ma temo definitiva, di generalizzata stanchezza e disillusione legata a mie vicende personali.
Ciò nonostante, o forse proprio per questo, leggo più che volentieri le tue articolate e documentate analisi dello scenario politico per lo più centrate sulle vicissitudini, ormai davvero amare, del Movimento 5 Stelle.
Poco meno di 2 anni fa i “grillini” erano piombati in forze in Parlamento, forti di un’infinita freschezza e buona volontà: cittadini prestati alla politica, mi piaceva chiamarli e immaginarli, in antitesi ai politici di professione o, più subdoli e sgradevoli ancora, agli imprenditori che perpetrano con la politica un lurido matrimonio d’interesse.
E siccome conosco la tua lucidità e la tua memoria, credo che tu ricordi o possa recuperare agevolmente quello che scrivevo allora, e poi man mano che le linee strategiche, se così possiamo chiamarle, del Movimento si uniformavano sempre di più a un “tanto peggio tanto meglio” che riecheggiava i sofismi di molti esuli socialisti o anarchici riguardo al regime fascista.
Ricorderai quello che scrivevo, ma a maggior ragione ricorderai quello che succedeva, mentre Grillo e Casaleggio pronosticavano, e facevano in modo ovviamente che il loro pernicioso vaticinio si traducesse in realtà, un mortale abbraccio tra l’allora PdL e il Pdmenoelle, poi realizzatosi con la rapida espropriazione di quello che restava del vecchio glorioso PCI da parte delle truppe cammellate del putto fiorentino.
Quella profezia autoadempientesi e quei risibili tatticismi sono stati devastanti per il Movimento, neanche Niccolai faceva autogoal così mortiferi, ma anche per il Paese. Trovo tuttora aberrante, e scusami se il termine è un po’ estremo, che 8 milioni di italiani (8.6 alla Camera e 7.2 al Senato) abbiano avuto pieno diritto, tutti quanti, di sospettare che il proprio voto fosse stato buttato dalla finestra.
Come contraltare, godo personalmente a Parma di un sindaco mediaticamente approssimativo, dialetticamente debole, a volte poco scaltro, ma che da due anni e mezzo si sforza, con slti e bassi ma con inesausta perseveranza, di applicare all’amministrazione comunale i vetusti e sntiquati meccanismi del buon senso e dei piccoli passi. Avendo come indiscusso atout una conoscenza della città e un amore totale e assoluto per la stessa che nessuno può negargli. Ma, e questo certamente lo sai, in virtù di una sostanziale, a volte quasi provocatoria, indipendenza dal Casaleggio – pensiero.
Dell’esito della “Leopolda della Bassa Padana” non so ancora nulla perché non ho avuto tempo e modo di documentarmi adeguatamente. Lo farò, attraverso ovvi strumenti investigativi territoriali e non certo leggendo i giornali o guardando il Tg3 regione, e magari ne trarrò auspici per il futuro, o almeno per un post di speranza.
Certo che Pizzarotti non è Renzi, e meno male, a parte le accese fantasie di qualche giornalista a caccia di paragoni accattivanti, e quindi non sortiranno terremoti o scalate verso la politica romana (dalla quale Parma dista ben più di Firenze), ma una sana circolazione di idee operative e di sano buon senso campagnolo magari sì.
E come dicevano gli Squallor, “ho qui terminato”.
Carissimo, ricordo bene la tua disillusione a fronte dell’arroccamento intransigente dei grillini, mentre io mi lasciavo convincere, dalla campagna d’opinione interna di zio Beppe e dei suoi fedelissimi, che non invischiarsi con i rappresentanti del vecchio potere fosse stata la scelta giusta.
Ora che ho finalmente preso un po’ le distanze da quella svolta (o mancata svolta), me ne chiedo i motivi veri, e mi sembra di scorgerli nella titubanza, del duo di comando, all’idea di saper controllare una macchina politica che, cresciuta oltre le loro aspettative, avrebbe avuto, con l’accettazione di ruoli di governo, un complesso ruolo in bilico fra amministrazione attiva e opposizione alle scelte inconciliabili degli alleati, il tutto da parte di giovani inesperti e in gran parte sconosciuti a loro stessi.
Mi sembra troppo impietoso però il tuo giudizio sugli otto milioni di elettori che si sentirono presi in giro: se così fosse, il calo nelle elezioni successive sarebbe stato un crollo molto più vistoso.
Quanto al convegno di Parma, ne ho adocchiato qualche assaggio, sia in diretta che in differita, e mi sembra che il tuo giudizio di “una sana circolazione di idee operative e di sano buon senso campagnolo” ne sia stato proprio il connotato principale, che ha positivamente offuscato quello di ribellione e sfida, su cui i media hanno invece, ovviamente, insistito.
La sintesi fra il buono che c’è sia nella corrente dei fedelissimi che in quella dei critici è ardua da immaginare, ma ancora una volta mi impongo di non spaventarmi di fronte alle difficoltà e di aver fiducia nelle dinamiche della realtà, che col tempo rendono i germogli di progresso autentico e sano, dovunque risiedano, delle piante giovani e forti.
Si caro Franz poi però….ritornando a Casaleggio dall’inizio (dell’ultima fase) delle espulsioni dov’era lui?? Cosa stava facendo?? Beppe si è trovato da solo per un bel tot di tempo nelle sue scelte (non facili) attraverso la rete nei dissensi/assensi dimissioni e non dei ragazzi (per solidarietà o meno di chi era stato espulso), a dare delle risposte a quanto stava accadendo.. Che senso ha avuto l’uscita di Casaleggio di ieri?
Purtroppo le bagarre non sono ancora finite…. Ma sai qual’è la mia rabbia più grande?? E’ che si sentono forti e grandi e godono come matti gli ebetini e tutti i suoi cretini di qualunque coalizione quelli pro e quelli contro. I 5 stelle hanno avuto un buon piazzamento alle politiche perchè è stato un voto di protesta, secondo loro, sapevano quelli che sfortunatamente ci governano e decidono tutto per noi, che le proteste finiscono presto, che gli italiani stupidi e ignoranti se non vedono risultati immediati sarebbero tornati sui loro passi o peggio ancora si sarebbero astenuti dall’andare a votare come è successo alle regionali. Purtroppo ai ragazzi perchè giovani perchè inesperti perchè non corruttibili, tutti gli hanno dato poco o nulla credibilità, poi con l’inizio delle espulsioni è stata una discesa continua. Ed in ultima molti di quelli che davano il voto ai nostri amici o non sono andati alle urne o hanno dato il voto ad altri. Io finchè ci sarà Beppe e solo uno dei ragazzi in auge avranno sempre il mio consenso. I semi a forza di essere seminati daranno i loro frutti. Ancora un abbraccio questa volta con un bacio. Alla Cavalloide galoppante…
Riprendo, di questo tuo secondo commento, il tema degli incontri di Casaleggio a Roma con i parlamentari di giovedì scorso.
Il “braccio destro” di Beppe è parte integrante della storia del Movimento, nel bene e nel male, e credo che ce lo dovremo tenere ancora per un bel po’; anche a me, subito dopo essermi schierato qui sul blog in maniera molto critica nei suoi confronti, sulle prime, averlo visto nel ruolo di protagonista in quella missione ha dato un po’ fastidio; ma poi ho accolto con piacere le sue dichiarazioni di ammorbidimento nei confronti degli altri dissidenti e l’apertura verso una maggior presenza in tv. Sono tutti segni, credo, di quel ritorno alla ragionevolezza di cui parlavo, segnalato dalla costituzione del direttorio dei cinque e che a sua volta quest’ultimo potrà agevolare.
Ho letto la tua analisi che riguarda il M5S trovandola ancora, nonostante tutto, piena di ottimismo.
In passato, ho sperato molto su questo movimento che credevo innovativo e l’ho votato. Poi la deriva verso casa Pound mi ha sconfortata, così come altri piccoli segnali che chiaramente (per me) denunciavano la deriva verso una destra di cui non avremmo bisogno… oppure sì, avremmo bisogno di una destra vera, politica e non di convenienza, in opposizione a una sinistra che è svanita da tempo senza possibilità di recupero.
Sono andata a votare, come avrai letto nel mio blog e ho dato un voto non di scelta ma per esclusione. Che tristezza…
Ciao Franz, un saluto pieno di stima per la tua persona.
Cara Sari, credo che zio Beppe sia bravissimo a fare degli autogoal.
Non credo si possa assolutamente parlare di ‘deriva verso casa Pound’, ma ovviamente quel disgraziato segnale di apertura verso alcuni esponenti era meglio se lo fosse evitato; penso sia stato dettato dal suo voler mostrarsi sempre sopra le parti, non legato a convenzioni ed etichette, e soprattutto come àncora di salvezza contro le forze destabilizzanti e violente.
Immagino che fra gli “altri piccoli segnali” di deriva verso destra tu consideri l’alleanza con Nigel Farage al parlamento europeo. Qui il discorso è più complesso e opinabile: Grillo ha voluto dare molto più risalto al connotato anti-euro della sua politica anziché a quello ambientalista, che lo avrebbe portato a schierarsi con i Verdi: questi ultimi sono stati giudicati evidentemente troppo morbidi nei confronti della Troika e delle sue devastanti politiche di rigore.
A differenza di Casaleggio, che in passato fu anche candidato alle elezioni amministrative in una lista apparentata con Forza Italia, se dovessi collocare Beppe in uno dei due rami di quel dualismo che lui ritiene storicamente superato, lo metterei senza dubbio a sinistra: sia, se ben ricordo, per la sua tradizione familiare e formazione ricevuta, sia soprattutto per tutti i segnali di attenzione umana verso i più deboli, come lo slogan “nessuno deve rimanere indietro”, il suo esporsi in prima persona in Val di Susa e dovunque la popolazione sia minacciata dalle grandi opere, poi il ‘reddito di cittadinanza’ e infine il ricorrente dare voce agli appelli di soggetti o gruppi deboli e oppressi. Però ha il carattere che ha, e dopo aver fatto parlare i fatti a volte finisce per contraddirli con certi suoi atteggiamenti che vorrebbero essere forzatamente anticonvenzionali, ma in realtà sono solo dalla parte sbagliata.
Ciao cara Sari, grazie per la tua grande stima nei miei confronti, che è sempre e del tutto ricambiata.
Caro Franz, anch’io come te sono una seguace dei 5 stelle fin dal primo V-Day di settembre 2007 qui nella nostra città. E da allora ho sempre più approfondito la loro conoscenza. Ma mai come te, sei bravissimo sia per tempo che per capacità , a seguirne le sorti a 360 gradi così capillarmente e da vicino.
Non sto qui a riprendere i discorsi fatti da te in questo post, perché sono totalmente consenziente con l’analisi che fai.
Le uniche cose che ti dico sono su Casaleggio –a me non è mai piaciuto-. Anche agli inizi quando nelle piazze Beppe lo faceva salire sul palco –parlava per stereotipi, sembrava fosse estraneo alla causa che tutto gli scivolasse addosso non l’ho mai visto viscerale ed arrabbiato come Beppe, spesso era lo stesso Beppe a fare enfasi su di lui. Quindi è vero quello che tu riporti “non mi è mai sembrato affatto animato da uguale o paragonabile passione civile e che abbia riversato sull’organizzazione politica una struttura di controllo di stampo aziendale, per non dire militare”. Probabilmente avendo Casaleggio finanziato la nascita del movimento, si è sempre creduto al di sopra delle parti a dettarne lui le sorti. Non ultima l’uscita di ieri “basta con le espulsioni chi se ne vuole andare lo può fare ma chi resta….”, invece di tenere insieme i ragazzi, disorientati, demotivati. Poteva rimanersene dov’era cioè a casa sua. Beppe è sempre stata la spina dorsale dei 5 stelle ora che vuol far camminare i ragazzi da soli perché “grandi”, proprio nel suo “braccio destro” trova la peggior defezione Ed io, tra l’altro, parlando con diverse persone proprio su Casaleggioi hanno espresso i commenti più duri e negativi. Ciao Franz 😉 un abbraccio, Ti aspetto alla prossima puntata del canto n. 9 della nostra amica Cavalla Bianca!
Cara Trudy, so bene che anche la tua adesione alla causa grillina (e poi a cinque stelle) è antica e convinta, e sapere che condividi la mia lunga analisi mi evita la fatica del dibattito, per lo meno in attesa di eventuali altri commenti critici o in disaccordo.
Per quanto riguarda Casaleggio, l’opinione negativa che ho espresso è uno dei frutti dei miei ripensamenti recenti; fino ad ora avevo lasciato il giudizio in sospeso, e ti dirò che tuttora la mia convinzione non è priva di dubbi e passibile di modifiche, stante anche l’enigmaticità del suo carattere chiuso e poco incline alla manifestazione emotiva. Gli va senz’altro riconosciuto una parte importante di merito nella nascita, diffusione e capacità di consenso del Movimento, avvenute con un fenomenale crescendo fino alle elezioni politiche. Poi, però…
Comunque, tornando al discorso generale, credo che pensare positivo sugli sviluppi futuri, che è sempre un ottimo atteggiamento, sia confortato in questo caso da molte motivazioni favorevoli. Speriamo!
Ti ringrazio del contributo e, in attesa di riprendere la Cavalloneide (che purtroppo sta aspettando da molti giorni il seguito, in un punto critico della vicenda), ricambio l’abbraccio.