Dal Medio Adriatico all’Idice – Terzo giorno 

(da Terme di Carignano a Tavullia)

Un luogo di grande armonia e serenità, il ‘Bed and breakfast Madonna degli Angeli’.
Mi è stato facile fare amicizia con il proprietario, che mi ha trattato con garbo e si è interessato al mio viaggio.
E all’ora di cena mi ha offerto diversi pomodori appena colti dall’orto, con olio e sale per condirli. Il pane l’avevo, chè se no mi avrebbe preparato anche una bruschetta.
Questa mattina, dopo l’abbondante colazione, ha voluto verificare sul mio tablet l’itinerario indicato da Google per la lunga tappa odierna, dandogli poi il suo imprimatur: “Sì, questo è il giro più panoramico, in quota, poi per forza bisogna passare per la zona industriale.”

Come in passato, la maggior parte degli incontri avviene con gli albergatori; …ma non solo, come vedremo nel seguito del racconto.

Prima di salutarci mi chiede il nome del mio blog, e da parte mia gli domando se è presente su Facebook.
Poi varco il cancello, alle nove e dieci.

Mi attendono alcune ore assolutamente spettacolari, nella strada dapprima in lieve discesa, poi nel saliscendi di quella specie di cresta su due versanti, che mi era stata annunciata. Raramente ho scattato fotografie con tanta frequenza, alternativamente con il tablet (da allegare a questo diario) e con la macchinetta digitale (da scaricare e pubblicare poi a fine viaggio).

Vediamone subito alcune:

Un piccolo paese dal nome buffo, Santa Maria Arzilla (quasi un ossimoro, visto che è un aggettivo da vecchiette…),

fa da breve intermezzo con un tratto ancor più spettacolare, in cui sono i girasoli a far da protagonisti…

Mi sembra di non aver mai osservato tanti campi di girasole come quest’anno e mi si affaccia una strana ipotesi, forse solo un sogno.
Che la cosa, cioè, sia da correlarsi con la cattiva luce che si è diffusa di recente (e giustamente) sull’olio di palma, che tanti produttori si stanno affrettando a sostituire con quello di girasole.
Le colture, si sa, sono condizionate dai mercati; certo, se davvero fosse così, sarebbe un raro esempio di come un sano movimento d’opinione possa imprimere una svolta positiva in campo ambientale.

Ma non sognare troppo, mi dico: accontentati di questa nicchia di felicità nell’osservare colori, forme e vivide luci…

Durante il tratto più aperto sui due versanti, affianco una vecchia utilitaria parcheggiata a destra, sul lato opposto al mio. I finestrini sono aperti, al volante una donna dall’atteggiamento curioso.
Ci scambiamo uno sguardo e un mezzo sorriso.
La saluto, le sorrido convinto e mi ci avvicino sicuro.
È carina, di corporatura un po’ minuta e se ne sta lì, raggomitolata sul volante, ad aspettare chissa che.
A rivelarle, invece, cosa ci faccio io qui, senza aspettare domande, sono io, come un fiume in piena.
“Sono posti meravigliosi” aggiungo, “avrò già fatto duecento fotografie!”
Mi chiede dove sono diretto oggi e si mostra in dovere di offrirmi un passaggio.
“Oh no, grazie, camminare è la mia gioia!”
Mi dice il nome del suo paese, non lontano, poi aggiunge: “Però sono francese.”
Le piazzo d’impulso qualche frase nella sua lingua, e lei, sempre in francese, dandomi del voi, mi dice che lo parlo molto bene.
Dandole del tu, e in italiano, le domando il suo nome.
“Edith”
“Oh, come la meravigliosa cantante…” banalmente, entusiasticamente ribatto.
“Io mi chiamo Francesco” e le allungo la mano. “Sai, fa molto piacere” aggiungo, “quando si cammina per delle ore, trovare qualcuno che ti saluta.”
“La gente è sempre molto diffidente” replica lei.
Poi, questa volta senza esserne richiesto, le dico del mio blog. Lei si incuriosisce e cerca subito carta e penna per annotarne il nome.
Poi ci salutiamo: “chissà, forse ci rivedremo in qualche strada…”

È ormai mezzogiorno, quasi tre ore di cammino senza soste, se non consideriamo le foto e quest’ultimo incontro.
Come domenica lungo la costa, i miei occhi, avidi di belle immagini, richiedono un po’ d’ombra, un bar, più di quanto il resto del corpo desideri l’ormai consueto spuntino fruttariano.
Dopo Santa Maria Arzilla non ho più attraversato paesi e ora un cartello indicatore segnala il prossimo a tre chilometri di distanza. Un rapido calcolo, quaranta minuti di buon passo, mi scoraggia un po’, ma non mi toglie la baldanza.
Proseguo a testa bassa sotto il sole, stemperato da qualche folata di vento, non so per quanto tempo.
So che a un certo punto entro nel paese di Ginestreto e scorgo subito l’agognata insegna.

Chiedo alla barista, una giovane simpatica con un bel décolleté sul seno procace, se ha bibite fuori dal frigo.
Mentre va a controllare, mi tolgo lo zaino e mi siedo finalmente a un tavolino.
“Ho solo Coca-zero e Fanta” sentenzia.
Faccio buon viso a cattivo gioco, e mi faccio versare la Fanta, mentre leggo e rispondo agli ultimi commenti arrivati su Facebook.
Quando si ha sete, anche la Fanta sembra buonissima e perde tutto il suo velenoso retrogusto di multinazionale…

Consulto poi le mappe di Google e ho un’amara sorpresa: nonostante l’impressione di procedere ad andatura sostenuta, mi mancano ancora tredici chilometri. Non sono nemmeno a metà.
In realtà (lo scoprirò solo qui in camera) uno dei miei inesorabili errori, nonostante le frequenti consultazioni dello strumento, mi aveva già fatto percorrere una variante più lunga di tre chilometri, che alla fine saranno dunque oltre ventiquattro.

Uscito dal bar, peggioro ulteriormente la situazione, passando e ripassando per il paese alla ricerca di una misteriosa Strada San Michele che non mi appare.
Eccola, finalmente, improbabile, stretta come un vicolo e, ahimè, proprio esattamente all’angolo con il bar…

In compenso, quando la imbocco, si rivela ventilata, ombreggiata, non battuta dai veicoli e in discesa. Quanto di meglio.

All’orizzonte, improvvisamente, rivedo il mare, che avevo salutato poco più di ventiquattr’ore fa.

La lunga discesa, con la citta di Pesaro lontana sullo sfondo, termina nella zona industriale, che, come mi era stato annunciato, sarà la parte più brutta dell’itinerario odierno.

La “più amata dagli italiani” sottolinea vistosamente la sua presenza, vicino alla Berloni e ad altre fabbriche del distretto delle cucine e dell’arredamento.

Larghe strisce d’asfalto sotto il sole di un pomeriggio di inizio luglio.
E il traffico che riprende a ruggire angoscioso sembra voglia ricordarmi che l’attività dell’uomo è contro l’uomo, e insegue solo falsi miti e false ricchezze.

La mia ricchezza, invece, sono alcune grosse albicocche, e le piccole prugne del bed and breakfast, che mi decido a mangiare seduto sotto un albero presso il vasto cortile di una fabbrica.

Quando riprendo il cammino, per fortuna in pochi minuti lascio l’inferno industriale per il paese di Borgo Santa Maria (questa volta senza strani aggettivi…), da dove una strada in decisa salita annuncia il paese di Tavullia a quattro chilometri.

Faccio appello alle mie energie restanti per affrontarli con decisione e sento con piacere che le gambe rispondono molto bene.

Sto per entrare nel regno di Valentino Rossi, come i primi segnali mi indicano…

e penso che sia un po’ paradossale aver scelto proprio questo luogo per fare tappa nel mio viaggio a velocità di bipede camminante…

A forza di salire, Tavullia e il suo centro infine mi compaiono laggiù un po’ più in basso.

Finalmente raggiunto il centro, devo telefonare all’affittacamere per farmi indicare e aprire il mio alloggio.

Una camera freschissima, a ridosso del castello, dove il quotidiano miracolo della doccia mi farà riprendere le energie spese in quasi otto variopinte ore di cammino.

Informazioni su Franz

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2 risposte a Dal Medio Adriatico all’Idice – Terzo giorno 

  1. Amanda ha detto:

    Mi spiace deluderti, ma, avendo frequentato la zona per motivi familiari bene 20 anni fa, (come passa il tempo, le mie nipoti più grandi erano neonate), so che l’olio di palma non c’entra proprio, la zona è votata, da sempre, alla coltivazione del girasole che illumina quelle colline che mi sono rimaste, anche per quello nel cuore

    • Franz ha detto:

      Grazie della precisazione, cara Amanda.
      A dir la verità, quando ho scritto che quest’anno sto notando una grande diffusione di campi di girasole, alludevo anche alle ‘mie’ campagne, ma si tratta probabilmente di un’impressione sbagliata.
      Non mi resta, come dicevo, di godermi lo spettacolo (che ben ricordi…) senza pormi troppi pensieri.

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